Exhuma - la Tomba del Diavolo

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Voto:

La sciamana Lee Hwa-rim (Kim Go-eun), l’esperto di feng shui Kim Sang-deok (Choi Min-sik) e i loro rispettivi assistenti vengono ingaggiati per riesumare il defunto alloggiato in una sepoltura che da subito risulta sospetta nonché maledetta. Il lavoro del gruppo dovrebbe servire a placare gli spiriti inquieti che tormentano una ricca famiglia coreano-americana. Ciò che pare già complesso sulle prime, si risolve in un’indagine su traumi storici irrisolti e sul confronto con un’antica entità demoniaca.


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LA RECE

Cinema di livello, di narrativa e sentimenti d’impronta marcatamente orientale ma piace proprio perché così. Impegnativo per durata e per modi, pur ricco di visioni che rimandano ad una certa iconografia artistica dell’est. Il k-horror si conferma settore alquanto interessante ma questo non è l’horror adatto per la serata disimpegnata.

Finalmente un horror orientale, per l’esattezza un k-horror, che non cerca di imitare lo stile delle produzioni occidentali ma si attesta sul folklore di laggiù, il quale, sarà pure un stereotipo esterofilo, ma ha un fascino tutto speciale. Almeno su di me. In un panorama cinematografico globale sempre più omologato, Exhuma rappresenta un esempio virtuoso di come il cinema di genere possa funzionare come veicolo di analisi culturale senza perdere la sua efficacia spettacolare sia circa alcune visioni davvero magnifiche, quali il fuoco animato o il serpente con la testa di donna, si circa i coreografici rituali di esorcismo. E, fra parentesi, si riconosce in essi il valore antropologico-archetipico: l'idea di accalappiare gli spiriti maligni nei maiali ha una lunga storia ed è stata presente in molte culture; in Matteo 8:28-34, sto parlando del Vangelo, Gesù scaccia i demoni da due uomini posseduti e li porta a possedere un branco di maiali che, poi, si gettano in mare. Ad ogni modo, il regista fa un po’ tutto: al soggetto e alla sceneggiatura propone quella che solo ad un primo livello è una ghost-story, la quale, tuttavia, si estende indietro e avanti per analizzare ansie del passato e attuali, con una profondità narrativa - e una durata impegnativa! - che richiamano lavori quali Goksung - La presenza del diavolo (2016). I piani, quindi, sono due, quello familiare - non solo la famiglia vessata dagli spiriti ma anche la “famiglia” dei protagonisti - e quello nazionale; un piano, quest’ultimo, ovviamente meno partecipato al di fuori del territorio coreano, dato che fa riferimento ai rapporti fra quella Nazione e il Giappone durante l'occupazione coloniale (1910-1945), con l’idea che le radici malefiche che avvelenano la terra abbiano, quindi, specifiche connotazioni storiche. A questo proposito, se Exhuma pecca in qualcosa, è, forse, proprio la didascalicità di questa allegoria storica che, in parte, soffoca gli spunti soprannaturali e mystery che a un certo punto si fanno davvero intriganti (esumazione della grande bara) e che richiamano i meccanismi della ricerca e del disvelamento orrorifico (Autopsy, 2016). Tuttavia, il regista Jang non sembra poi tanto interessato a terrorizzare il pubblico, quanto a sollecitare una riflessione su ciò che continua a infestare la vita delle persone, che sia un fattore metaforico o altro. La cornice drammatica (più che orrorifica) della narrazione poggia su un duo attoriale di buon livello: Choi Min-sik, veterano del cinema coreano già consacrato dalla feroce intensità di Oldboy (2003), si trova, qui, a fare coppia con Kim Go-eun in un equilibrio scenico e narrativo, maschile e femminile, per il quale le diverse modalità di approccio all'occulto - quella istintiva e viscerale di lei, quella più meditata e dolorosa di lui - si fondono in una danza rappresentativa che ricorda la complementarità dello yin-yang. È proprio in questa dialettica tra esperienze generazionali e metodologie esoteriche che Exhuma trova la sua forza drammatica più convincente, trasformando quello che poteva essere un semplice buddy movie paranormale in un'indagine sui diversi modi di abitare e interpretare il soprannaturale nella società coreana contemporanea che, dietro ad una facciata di grattacieli e luci, vede agire fantasmi, antichi samurai, giovani streghe e posseduti. Per me è pollice in su ma si tratta di un film che richiede impegno; provate a mettervi alla prova.

TRIVIA

Choi Min-sik (1962) dixit: “I fantasmi occidentali sono malvagi, mentre quelli coreani cercano pace. Questo fa parte della nostra cultura.” (IMDb.com)

⟡ Per la realizzazione del film, sono stati studiati veri rituali di esorcismo e pratiche sciamaniche per poterli efficacemente riportare nel film. La protagonista Kim Go-eun, nei panni della sciamana, ha riferito di essere stata un po' preoccupata all’idea di essere posseduta o di altre cose soprannaturali che avrebbe potuto sperimentare, proprio perché il rito eseguito era genuino nella procedura. Sciamani di supporto alla produzione la rincuorarono circa il fatto che nulla di male le sarebbe accaduto.

⟡ Lo spirito maligno, bramoso di fegato umano caldo, apre il corpo della vittima dal lato sinistro di quest’ultima, quando il fegato, però, si trova sulla destra.

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Titolo originale

Pamyo

Regista:

Kim Ji-woon

Durata, fotografia

134', colore

Paese:

Corea del Sud

Anno

2024

Scritto da Exxagon nel settembre 2025+ TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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