Feast III: the Happy Finish
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Voto:
I superstiti del secondo capitolo cercano di sfuggire dalla cittadina assediata dai mostri. Incontreranno tre strane persone: l'Eroe, il Profeta e il karateka Jean Claude Segal. L'avventura si rivelerà, come al solito, un bagno di sangue.
LA RECE
Sequel fortemente sbilanciato verso lo splatter e le trivialità, il che non vuol dire che sia tempo perso vederlo, tuttavia occorre conoscere il genere...
Feast III, ancor più del precedente capitolo, preme sulla demenzialità irriverente trasformando il racconto in qualcosa di assolutamente fuori dall'ordinario e quindi, ad amare l’approccio, in qualcosa di potenzialmente interessante. In questo film che conclude la trilogia inaugurata da Feast (2005) non si va per il sottile ed è ovvio che il pubblico al quale è diretto il film è lo stesso che può avere apprezzato eccessi splatter-demenziali come Bad taste (1987) ma aggiornati alla volgarità e al sesso ostentato che negli anni '80 non erano ancora possibili. Feast III offre, nel suo tragitto: uno stupro anale con relativa e assurda fecondazione, un profeta handicappato, un nano che sproloquia in spagnolo, un protagonista con un tubo conficcato nel cranio, un "eroe" delle arti marziali che si trova senza braccia, mutanti che vomitano, donne nude e dialoghi assurdi. Il finale è talmente fuori dai canoni che va visto per crederci. Migliorano alcuni aspetti tecnici come le scenografie e l’effettistica, quindi il film ha pure un aspetto migliore di quanto visto precedentemente. Feast III rimane, tuttavia, una pellicola fortemente sbilanciata verso l'horror eccessivo e le trivialità che non può farsi apprezzare da chi ama gli horror dai toni moderati e cerebrali. Difficile, inoltre, capirci qualcosa se non si sono visti i due film precedenti.
TRIVIA
⟡ Nel film, un uomo si becca un tubo di metallo che gli trapassa la mandibola e gli esce dalla fronte; nonostante ciò, l'uomo va in giro così per tutto il tempo. Sembra assurdo ma, in effetti, è possibile sopravvivere ad un trauma del genere: tutti coloro che hanno un'infarinatura di neuropsicologia conoscono il caso di Phineas Gage (1823-1860), un operaio che fu trafitto nello stesso modo da un'asta di metallo mentre lavorava per le ferrovie statunitensi. L'uomo subì la distruzione di una vasta area del lobo frontale del cervello ma sopravvisse ben dodici anni dopo l’incidente. Ne derivò, però, una sindrome frontale caratterizzata da cambiamento radicale, e non in meglio, della personalità, tale per cui Cage divenne sboccato e vittima di repentini cambiamenti d’umore con difficoltà a seguire le regole morali e sociali.
⟡ Il vecchio barista, l'attore Clu Gulager, è il padre del regista.
Titolo originale
Id.
Regista:
John Gulager
Durata, fotografia
77', colore
Paese:
USA
2009
Scritto da Exxagon nell'anno 2012; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
