il Giustiziere sfida la polizia

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Voto:

Il commissario Scaporelli (Paul Naschy) indaga sul caso del killer della libellula che uccide drogati e prostitute e lascia sui cadaveri una libellula di plastica. Lo aiuta anche la fidanzata Silvana (Erika Blanc).

LA RECE

La distribuzione italiana lo vende come poliziottesco ma si tratta di un gialletto iberico di gusto argentiano. Potabile ma siamo comunque sulla seconda linea.

Giallo iberico d'ispirazione argentiana girato in quel di Milano ma con confezione un po' povera, per cui della capitale economica d'Italia non viene mostrato che il minimo da pro loco: Duomo, galleria Vittorio Emanuele e Navigli. Paul Naschy, al secolo Jacinto Molina Álvarez, scrive la sceneggiatura e si ritaglia il ruolo del protagonista, un poliziotto duro e tabagista che negli interrogatori ha lo sberlone facile, la camicia aperta con collana d'oro al collo e che, si badi, mentre è in vasca da bagno si fa lavare la schiena dalla compagna fumando un sigaro. Veri maschi di un tempo. Al centro della storia, un killer moralista che elimina prostitute e tossicomani lasciando sui cadaveri (tipo Sette orchidee macchiate di rosso, 1972) una libellula che nel film si dice riprodotta con la massima fedeltà quando, invece, è un insettone di plastica fatto malissimo. L'argentino León Klimovsky Dulfano, regista di tanti western e qualche vampiresco (l'Ultimo vampiro, 1973; l'Orgia notturna dei vampiri, 1974) gira con discreto mestiere attenendosi alle regole del genere: killer di nero vestito e guantato, una certa crudezza negli omicidi (a colpi d’accetta), il movente psicopatologico e, omaggio al cinema di casa nostra, l'azione si svolge in Italia anche se molto girato fu realizzato in stage iberici. La distribuzione italiana, come suo solito, sbaglia e appioppa un titolo che fa pensare a un poliziottesco quando di poliziottesco c'è solo la rappresentazione di un certo ambiente criminale. Il Giustiziere sfida la polizia, invece, è un gialletto con tutti i crismi che ricicla qualche musica di Cipriani da Reazione a catena (1971) e, se pur riuscito nel complesso, mostra a più riprese le sue leggerezze: le solite feroci zoomate sulle facce tipiche del cinema bis spagnolo e la mancanza di idee originali. Peccato che gli omicidi siano quasi tutti realizzati off-screen e che la furia del killer venga espressa ellitticamente con schizzi di sangue sul muro; però, qua e là, una mano mozzata e una testa decollata. Come vuole il paradigma argentiano, tutto si risolve recuperando un particolare sfuggente e sfuggito. Qui, però, la cosa è davvero forzata e l'identità del killer non è affatto incisiva ma quasi casuale; alla base, i soliti traumi e controtraumi psicologici. La nostra Ericona Blanc, al secolo Enrica Bianchi Colombatto, fa una bella figura ma si mostra poco; qualche nudo coraggioso non avrebbe guastato. Film secondario per importanza all’interno del suo genere.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Una Libélula para cada muerto

Regista:

León Klimovsky

Durata, fotografia

85', colore

Paese:

Spagna

Anno

1973

Scritto da Exxagon nell'anno 2015 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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