Ecologia del delitto

Voto:

Viene assassinata un'attempata contessa paralitica, impiccata da un “familiare" a propria volta eliminato da un misterioso killer. Queste due morti saranno le prime di una lunga serie. Parenti avidi, poveri cristi e semplici turisti cadranno come mosche gli uni sotto i colpi degli altri.

LA RECE

Film povero e nato per necessità materiali emerge come una delle più seminali pellicole in ambito horror, anche a livello internazionale. Questo per dire cosa era in grando di fare Mario Bava anche lavorando con una mano sola.

Mentre l’Italia cinematografica, dopo il successo de l’Uccello dalle piume di cristallo (1970), si infoiava produttivamente con il giallo ad impronta argentiana, Mario Bava s’inventava, come nulla fosse, il genere slasher o, per dirla meglio, coagulava in un corpus narrativo e visivo coerente una serie di suggestioni che possono essere fatte risalire anche a pellicole degli anni ’30, allo splatter di Herschell Gordon Lewis (Blood feast, 1963) ma pure a se stesso di qualche anno prima (Sei donne per l'assassino, 1964). Questo nuovo taglio a tinte fortissime dato al giallo-thriller avrà più di un imitatore all'estero, fra i quali il più noto sarà Venerdì 13 (1980) in cui Sean S. Cunningham compirà palese atto di riverenza tramite la scelta della location, il golfino indossato dalla signora Voorhees identico a quello del pescatore di questo film del ’71, nonché la scure che colpisce il volto di una vittima come il marasso visibile nel film di Bava. Derivato da "Così imparano a fare i cattivi", soggetto di Dardano Sacchetti e Franco Barberi, poi passato nelle mani di Filippo Ottoni che lo rinomina "l’Antefatto", Ecologia del delitto parte dai presupposti del giallo all'italiana ma, velocemente, ne sfilaccia tensione e mistero per dare vita a un ecosistema cinico in cui le persone sono vittime di una Reazione a catena di morte, titolo con cui il film venne rieditato e inviato nelle sale nel 1972. La carneficina si realizza poiché i protagonisti si comportano male, finendo per meritare il destino che li attende. Il titolo Ecologia del delitto sottolinea proprio questo: un ordine naturale secondo cui il Male viene annichilito dal Male, chiosato dai bambini che, a fine film, calano il sipario dicendo: "Così imparano a fare i cattivi!", a sottolineare l’acida regola di natura, frase sostituita in Reazione a catena dal meno incisivo: “Come giocano bene a fare i morti". Bava, allontanatosi dal gotico, interseca un umorismo macabro e una cinica visione della grettezza umana destrutturando il neonato giallo argentiano per dar vita a una logica dell’accumulo (ironia verso il capitalismo?) quando ancora, in Italia, lo splatter era lontano. Alcuni momenti eccellenti: il polipo che si muove sul volto del cadavere, l’occhio dell’assassino che spia i ragazzi prima di massacrarli atrocemente, l’incipit muto, la morte della coppia che fa sesso omaggiata palesemente in l'Assassino ti siede accanto (1981). Da vedere per capire, con malcelata nostalgia, quanto l’Italia, un tempo, fosse in grado di realizzare prodotti cinematografici capaci di impattare e forgiare, fosse anche inconsapevolmente, le grandi produzioni internazionali. Film oltremodo seminale e, oltretutto, il preferito dallo stesso regista fra tutti quelli da lui diretti. E dire che Bava, a quanto pare, si lanciò in questa impresa per ragioni soprattutto prosaiche: appianare uno spaventoso debito di 140 milioni di lire con il fisco. Il voto riflette la sua importanza storica. Passaggio obbligato per gli appassionati di cinema di genere.

TRIVIA

La location del film mancava di alberi; quindi, Bava utilizzò dei rami facendo passare attraverso di essi la cinepresa per dare l’idea di una più ricca vegetazione. Laura Betti (1927-2004) ricorda divertita: “Era tutto finto e dovevamo lo stesso dare l’impressione di aver paura, in mezzo al buio, agli alberi. E non c’era un cavolo! Non si riusciva ad andare avanti perché ci scappava da ridere: ogni volta che arrivavamo davanti alla macchina da presa, alé, ci veniva la ridarola e buonanotte. Ma era tutto così, tutto meraviglioso, tutto inventato” (Nocturno dossier 24, 2004).

⟡ Le ristrettezze economiche portarono il regista a coprire anche il ruolo di direttore della fotografia e ad utilizzare una carriola per le riprese che avrebbero dovuto essere realizzate con un dolly. 

⟡ Dario Argento amava così tanto questo film che convinse un suo amico proiezionista a rubarne una coppia che doveva essere proiettata in un cinema che, a quel punto, ripiegò programmando in sala il Rosso segno della follia (1970). 

⟡ Bava si pentì di aver realizzato la scena in cui un insetto vivo viene trafitto da uno spillo. 

⟡ Quando il grande attore Christopher Lee vide il film per la prima volta, rimase così disgustato per la violenza che abbandonò la sala cinematografica in segno di protesta. 

⟡ Un gimmick usato nei cinema statunitensi che proiettavano Reazione a catena riguardava la Final Warning Station: una volta acquistato il biglietto alla cassa, prima di entrare in sala, si veniva avvertiti faccia a faccia da un impiegato del cinema che il film che si stava per vedere sarebbe stato “l’ultimo film scioccante che si sarebbe scelto di vedere nel corso della vita”. 

⟡ Nel 2005, il magazine Total Film elesse Reazione a catena uno dei 50 horror più importanti di tutti i tempi. 

⟡ Uno dei motivi che portarono alla realizzazione del film fu il desiderio di Bava di lavorare ancora con Laura Betti con la quale si era trovato divinamente durante le riprese de il Rosso segno della follia. 

⟡ La ragazza che viene arpionata a letto col suo boy è un’esordiente Paola Montenero (Spell - dolce mattatoio, 1977; l’Altro inferno, 1981). 

⟡ Nel film non è accreditato, ma Roberto Rossellini, col quale Bava aveva in precedenza lavorato, pare abbia girato diverse scene con la seconda unità di riprese. 

⟡ Il film, colpito dalla censura Britannica, finì nell’elenco dei video nasty. 

⟡ Al Festival di Avoriaz del 1971 l’effettista Carlo Rambaldi vinse il premio per i migliori effetti visivi e, per la stessa categoria, ricevette una menzione speciale allo Stiges Festival tenutosi nello stesso anno. 

⟡ Claudio Camaso, Simone nel film, era fratello di Gian Maria Volontè, infatti era noto pure come Claudio Volontè; recitò anche in Contronatura (1969) di Margheriti e in diversi spaghetti western. Il 26 luglio 1977, Claudio uccise involontariamente l’elettricista Vincenzo Mazza accorso a sedare una lite sorta tra lui e la moglie Verena Baer. L’attore scappò per poi consegnarsi agli inquirenti dieci giorni dopo. Claudio Camaso si suiciderà in carcere, impiccandosi, il 16 settembre 1977.

Regista:

Mario Bava

Durata, fotografia

90', colore

Paese:

Italia

Anno

1971

Scritto da Exxagon nell'anno 2007; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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