Spell (Dolce Mattatoio)

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Voto:

Durante una festa patronale in un paesino della provincia italiana, compare un giovane che entrerà in contatto con alcune realtà di questa piccola mediocre comunità. Fra bigottismo e perversioni, in quel luogo ameno il macellaio fa sesso con i quarti di bue, la moglie del comunista è pazza, la figlia va a letto con suo padre e il prete regala televisori a colori.

LA RECE

Surrealismo cavalloniano che fonde Buñuel, De Sade e Bataille in una critica sociopolitica attraverso scene estreme e simbolismo erotico. Film radicale, lento, oscillante tra genialità visionaria e compiacimento radical-chic; un Amarcord lisergico che richiede spettatori disposti a mettersi alla prova.

Surreale e surrealista pellicola di Cavallone che, prendendo spunti e buñuelliani e altri da De Sade, Bataille e Lautréamont, ne fa un discorso sociopolitico di rottura sia verso il comunismo, sia verso la morale. Cavallone, il Jodorowsky-Borowczyk-Makavejev de noantri, pone in essere una storia non lineare d'impianto neorealista con protagonista un giovane che sorge dalla tomba e, come un catalizzatore, mette in luce le dinamiche malate della gente di un paesino italiano alle prese con una festa patronale che assumerà la dimensione tragica e dirompente di un'orgia dionisiaca. Il regista compone un cast del tutto particolare, sicuramente adatto a poter girare scene di nudo: c'è la moglie pazza interpretata da Paola Montenero (Ecologia del delitto, 1971; l'Altro inferno, 1980) che mangia al cesso, taglia i capezzoli, si taglia la mano e, alla fine, defeca in bocca (era polenta e cioccolato) ad un povero ragazzo mentre il marito, comunista allo sbando, guarda di nascosto. Una rielaborazione de il Fantasma della libertà (1974) di Buñuel in cui si ribaltava l'assunto della nutrizione per cui la gente defecava in gruppo e mangiava in solitudine; nel film di Cavallone, la Montenero mangerà da sola in bagno e si abbevererà dalla tazza del water. Monica Zanchi (l'Occhio dietro la parete, 1977; Emanuelle e gli ultimi cannibali, 1977; Autostop rosso sangue, 1977), nei panni di una prostituta, si troverà a gambe aperte su un tavolo da biliardo mentre un macellaio s'impegnerà per mettere la palla in buca. C'è pure Josianne Tanzilli, la ninfomane Volpina di Amarcord (1973). Andare in cerca di una trama logica sarebbe un gioco perso in partenza ma questo non vuol dire che Spell miri all'accumulo di situazioni oscene. La regia di Cavallone è equilibrata e l'attenzione anatomica che il regista presta ai corpi riesce a suggerire un erotismo spesso molto fine. Le sequenze relative alla crisi politica di Martial Boschero che piazza una foto di Lenin nel centro de "l'Origine del Mondo" di Courbet e che cassa le foto di guerra come "detersivi per la nostra coscienza" non hanno più l'impatto Sessantottino che ancora potevano avere nel '77, mentre l'ispirata profezia di una società teledipendente calza a pennello: non a caso la riffa di paese ha come premio principale una tv a colori. La poetica iconoclasta di Cavallone affonda le radici in Lautréamont, poeta francese morto a 24 anni, che scrisse "i Canti di Maldoror", ai quali Cavallone stesso si ispirerà per la sua grande opera incompiuta o, meglio, mai diffusa: Maldoror (1977). Da Bataille, teorico surrealista, il regista apprende che l'essere umano è comprensibile solo nell'eccesso, cioè attraverso il piacere, il dolore, il sesso e la morte; l'occhio si deorbita quando si avvicina all'erotismo estremo, all'osceno che non vuole vedere, ovvero a quegli elementi che portano ai margini della coscienza. Cavallone fa piazzare alla Tanzilli un occhio bovino nella vagina subito dopo che la donna ha fatto sesso con un macellaio infoiato che vede vermi nelle bistecche. Spell è un film radicale nella sua volontà sovversiva con fughe in un simbolismo a volte illuminante e in altri casi assolutamente esoterico. Un certo filo narrativo e la costanza di personaggi all'interno della scena evitano la completa deriva psicotica della pellicola ma, già così, pare di assistere ad una sorta di Amarcord lisergico non privo di limiti, non ultimi una lentezza dilagante e un gusto volutamente arty che suona sempre un po' radical-chic. Il pericolo di sopravvalutazione per un'opera tanto bizzarra esiste, soprattutto quando si accetta acriticamente l'equazione bizzarria uguale genio. Un Cavallone, comunque, pregno di significati e di volontà di comunicarli con un film, quello centrale nella sua carriera, indicato solo a coloro che vogliano mettersi alla prova. Fra la rivalutazione sempre e comunque, e Morandini che definì Cavallone "pessimo autore in senso pieno", la verità, come il più delle volte accade, sta nel mezzo.

TRIVIA

La carriera attoriale di Maria Pia Luzi, aka Jane Avril, moglie di Cavallone fino alla morte del regista nel 1997, si interruppe qui: "Io sono entrata in crisi e non ho più voluto fare cinema dopo Spell. Per una scena non prevista in copione, come talvolta accade, con Martial Boschero. Era una scena osé, per cui io mi sono lasciata convincere... oggi, tutto sommato, non mi farebbe nessun effetto ma allora aveva creato in me una reazione di rigetto. Forse, soprattutto, perché era una scena diretta non soltanto dal regista ma anche dal marito. [...] Anche Paola Montenero fece una scena piuttosto... cruenta (ride), però lei era un poco esibizionista, per cui alcune cose da una parte potevano disturbarla ma da un'altra parte meno" (Nocturno dossier 19, 2004).

⟡ Il film è stato girato a Castelnuovo di Porto, luogo in cui risiedeva Cavallone.

⟡ Quando il film venne rieditato, prese il titolo l'Uomo la donna e la bestia.

⟡ Monica Zanchi è stata ragazza del mese di Playboy nell'anno 1976.

Regista:

Alberto Cavallone

Durata, fotografia

103', colore

Paese:

Italia

Anno

1977

Scritto da Exxagon nell'anno 2009 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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