Blood Feast
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Voto:
La polizia, alle prese con le indagini relative a una serie di truci omicidi ai danni di donne, brancola nel buio. L’assassino è Fuad Ramses (Mal Arnold), proprietario di una società di catering, che espianta organi per ridare vita alla dea Ishtar.
LA RECE
Visione obbligatoria per lo studente di horror, dato che qui si tratta del capostipite di un genere (o di un modo di fare horror). Per tutti gli altri, decisamente perdibile.
Le torme di appassionati del cinema splatter di ogni età potrebbero essere curiose di sapere qual sia stato il primo film di questo genere, quale la fonte primigenia dalla quale è sgorgato tanto sangue e violenza. Eccoci qua: Blood feast di Herschell Gordon Lewis, anno del Signore 1963; e dimentichiamoci per un attimo Jigoku (1960). Parecchio tempo fa, quindi, quando la gente aveva già pratica del cinema di serie-Z ma nessuna preparazione rispetto a budella sbattute sullo schermo. Ci pensò Lewis in collaborazione con David F. Friedman, un produttore di quelli pragmatici con le maniche tirate su al gomito, guarda caso amico di Kroger Babb, uno dei padri dell'exploitation, omaccione, quest’ultimo, che portava in giro per gli USA i side-show, filmatini pruriginosi travestiti da documentari moralizzanti. In pieno boom di horror targati Hammer, Lewis e Friedman decisero che il piatto da servire al pubblico dovesse essere un horror di ben altra portata che colpiva proprio là dove il gotico si limitava: il sangue. Il cinema horror, fino ad allora, sfruttava la reazione emotiva del pubblico suscitata da atmosfere tetre o da qualche mostro più o meno terrorizzante. Il sangue, per come oggi lo conosciamo, figli come siamo dello slasher e, appunto, dello splatter, non esisteva. Ecco su cosa puntarono i due furboni: lo shock inferto allo spettatore dalla visione delle conseguenze di un trauma esteso soprattutto se conseguente a violenza, il che, a propria volta, implicava la presenza di un pazzo, un sadico et similia; in aggiunta, una spolverata di sesso. Per Lewis non si trattava di una peculiare scelta artistica mirata a esprimere il mondo attraverso un'ottica pensata; lo splatter nacque come mero business: "Guardo alla produzione dei film come a un affare, e compatisco tutti coloro che guardano ad essa come una forma d'arte". Un vero duro. Manco a dirlo, Blood feast si rivelerà un successone nei drive-in di tutti gli USA con scene di panico e gente che vomitava. L'effetto voluto era proprio questo, dal momento che, in alcuni cinema, gli spettatori venivano dotati di un barf-bag con scritto: "Potreste averne bisogno mentre guardate il film!" Scandalo, pubblico in sala e soldoni. Nacque, così, quello che venne definito "gore movie" e che solo più tardi, nel 1981, verrà ribattezzato dal critico John McCarty "splatter movie". Ma cosa mostra Blood feast di così terribile? Agli occhi di un pubblico moderno, direi nulla se non una tecnica registica e recitativa da linciaggio. Blood feast è un "filmaccio di merda", come disse lo stesso regista, che fa suo l'insegnamento del théatre du grand guignol: "la loro tecnica è di ostentare le atrocità nel modo più semplice e diretto possibile, in campo medio, senza stacchi, soffermandosi su ogni inquadratura per un tempo ben più lungo del necessario" (Curti e La Selva, 2003). Poi, come tutto questo si vada a conciliare con una trama, con i dialoghi e con una regia che si possa definire tale, conta poco; non per nulla, al Golden Turkey Award del 1980, H.G. Lewis fu eletto uno dei peggiori registi di sempre. Nella fattispecie, Blood feast è un filmetto grindhouse strutturato quasi come un porno, cioè grandi momenti d’inattività che approdano in maniera cadenzata agli attesi momenti splatter. Questa alternanza di inettitudine e sangue, legata soprattutto al fatto che Blood feast è un primum cinematografico, rendono la pellicola, se non bella, almeno affascinante. Alcuni effetti gore sono davvero ben realizzati se messi a paragone con il tenore medio del film: penso alla ragazza sulla spiaggia con la testa spaccata e un'altra donna alla quale viene strappata la lingua; ok, una lingua di 30 centimetri. Accanto ai momenti splatter, si hanno inette spigolature di attori improvvisati: si notino i metodi di indagine della polizia che rasentano l'insensatezza. Nessun attore si salva dalla forca, ma incuriosisce che, forse involontariamente, la figura del serial killer si vada già qui configurando in quello che diventerà uno stereotipo, cinematograficamente e non: un extracomunitario emarginato che cerca di esportare il proprio mondo mentale (la divinità straniera) e vede nella donna, con la quale ha culturalmente scarsa confidenza, una preda prediletta. Lo stesso Lewis disse che Blood feast era paragonabile allo stile poetico di Walt Whitman: "per nulla bello, ma il primo nel suo genere". Un cult movie per il suo valore storico più che per meriti intrinseci. Già nel 1987 si operò un rifacimento con il Ristorante all’angolo ma è nel 2016 che arriva il remake ufficiale ad opera di Marcel Walz il quale, in era di torture-porn, lega sangue e violenza a scene di tortura: memorabile quella ai testicoli. Però più divertente il remake dell’87 e più necessario il sequel (Blood feast: all you can eat, 2002) girato da Lewis a 76 anni che mostra, nell’incipit, due senzatetto che si massacrano a colpi di bottiglia senza nessuna ragione plausibile e si capisce che, nonostante gli anni passati, non abbiamo sbagliato il luogo del puntello. E non passa inosservata la presenza di quell’altro pazzo di John Waters nei panni di un prete poco votato alla santità. Lewis dirigerà ancora un film, the Uh-oh Show (2009), prima di morire il 26 agosto 2016. Sei politico per un film di valore storico ma demeriti tecnici.
TRIVIA
Herschell Gordon Lewis (1926-2016) dixit: “Che sul mio epitaffio si legga: Egli vide qualcosa di diverso. E lo realizzò” (IMDb.com).
⟡ Per gli appassionati della poetica di Herschell Gordon Lewis, segnalo i suoi film principali: Two thousand maniacs! (1964), Color me blood red (1965), a Taste of blood (1967), the Gruesome twosome (1967), Something weird (1967), She-devils on wheels (1968), the Wizard of gore (1970) e the Gore gore girls (1972).
⟡ Il film fu girato a Miami in soli nove giorni e costò 24.500 dollari, aggiornati al valore del 2020 circa 208.000 dollari.
⟡ Questo è il film più vecchio inserito nella prima lista ufficiale dei 74 video nasty inglesi.
⟡ La protagonista Connie Mason è stata Playmate del giugno 1963.
⟡ Negli anni '70, il regista Lewis fu arrestato poiché praticava aborti clandestini.
⟡ Uno dei più deprecabili lavori di Lewis, e l’unico film che lui abbia disconosciuto, è il razzista Black love (1971), sorta di documentario nel quale il Nostro ci illustra le peculiarità della sessualità degli afroamericani. La regia reca la firma di L.R. Smith, pseudonimo preso da Lewis dal produttore Robert L. Smith, un uomo d’affari di Chicago che gli commissionò il film, realizzato in soli tre giorni!
Titolo originale
Id.
Regista:
Herschell Gordon Lewis
Durata, fotografia
67', colore
Paese:
USA
1963
Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
