It comes at night

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Voto:

Il mondo è alle prese con una pandemia devastante. La famiglia di Paul (Joel Edgerton), ben asserragliata nel proprio cottage, ospiterà la famiglia di Will (Christopher Abbott) ma, in questo modo, il Male entra in casa. Secondo lungometraggio di Shults che dimostra un non comune controllo del mezzo di ripresa ma sceglie una storia ormai inflazionata, quella del contagio, e si gioca la carta della descrizione delle dinamiche psicosociali dei sopravvissuti, inaridendo il lato spettacolare della faccenda. Nel capanno, tutto rimanda a Cabin fever (2002) o la Cosa (1982), tantopiù che il protagonista se ne va in giro con la barba tipo Kurt Russell nel film di Carpenter. A fine visione rimane ben poco, anche perché l’orrore viene costruito con simboli ormai ricorsivi come i dipinti di Bosh o le porte rosse. Già, più che un contagio pare una possessione. Del contagio, insomma, non viene detto praticamente nulla e, per un film centrato su una pandemia, sembra un po’ un limite. Scritta questa breve recensione circa una settimana dopo aver visto il film, già non mi ricordavo più nulla di esso. Problema neurologico mio? Problema di It comes at night? Facciamo concorso di colpa. Peraltro, difficile categorizzarlo: io forzo la direzione verso il mumblecore per sottolineare il fatto che l'orrore è soprattutto psicologico e nasce dal confronto fra protagonisti ma accetto critiche verso la scelta. Sapere, però, che l’idea del film è venuta a Shults dopo la morte del padre e per elaborare quel lutto, forse può dare diverse e migliori chiavi di lettura. Ad ogni modo, dello stesso regista, meglio il drammatico Krisha (2015).


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Titolo originale

Id.

Regista:

Trey Edward Shults

Durata, fotografia

91', colore

Paese:

USA

Anno

2017

Scritto da Exxagon nell'anno 2021; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0