Last and First Men
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Voto:
Un messaggio arriva a noi da un nostro lontanissimo futuro: due miliardi di anni avanti con l’umanità alla sua diciottesima evoluzione. A causa dell’espansione del Sole, i nostri futuri fratelli si sono spostati a vivere su Nettuno, sul quale hanno creato una società utopistica. Scopriranno, però, che una stella vicina sta per esplodere e la supernova conseguente causerà la totale distruzione del sistema solare e dell’umanità.
LA RECE
Per alcuni noiosissimo; di certo, divisivo. Forse l'eccesso di autorialità di un regista finito tragicamente. Però fascinoso, apocalittico e minimalista.
Film art house e weird all’ennesima potenza ma anche opera di grande malinconia, a partire dal destino del suo creatore. Il compositore islandese, Jóhann Jóhannsson, quello dietro le musiche di film quali la Teoria del tutto (2014), Arrival (2016), Mandy (2018) e candidato all’Oscar per Sicario (2015), il salto sulla sedia registica l’aveva tentato qualche anno prima con il corto End of Summer (2014) e i suoi ipnotici pinguini in bianco e nero. Per Last and first men, Jóhannsson puntò un po' più in alto: la fantascienza del libro “Infinito” scritto nel 1930 dal filosofo inglese Olaf Stapledon. Il film avrebbe dovuto essere completato fra il 2017 e l’anno successivo ma il compositore regista venne trovato morto il 9 febbraio 2018 nel suo appartamento berlinese dopo aver mancato una serie di appuntamenti: Jóhannsson era morto di infarto cardiaco, a 48 anni, per un mix tossico di farmaci antiinfluenzali e cocaina. Nel 2020, il film è stato completato con il pacato commento vocale dell’attrice Tilda Swinton. Last and first men, film di difficilissima definizione (audiolibro visivo?) si guadagna, forse, un possibile double-bill con la Jetée (1962) per un bianco e nero secco, riprese statiche e racconto vocale. Il lontanissimo e fantascientifico futuro dell’umanità ci viene trasmesso da una voce che ci suggerisce di approcciarci pazientemente a ciò che ci verrà detto. Pazienza, in effetti, è la parola d’ordine che, per buona parte degli spettatori, potrebbe tradursi in una fucilata di noia. La narrazione ipnotica si accompagna allo scorrere delle riprese effettuate in 16 mm presso i giganteschi spomeniks Iugoslavi, almeno quelli sopravvissuti durante la guerra balcanica degli anni ’90, architetture in stile brutalista che Tito innalzò per celebrare la liberazione dalla stretta nazista. Difficile che non vi sia qualche connessione fra la proposta visiva e le parole di Stapledon, noto pacifista e socialista-spiritualista, ma il fascino arcano, apocalittico e minimalista di Last and first men trascende il messaggio morale che, comunque, ha il suo apice nell’idea che l’unico mezzo di salvezza per l’umanità sia la panspermia galattica, idea che riflette chiaramente il valore salvifico che il senso di comunità aveva per il filosofo britannico. Conta poco che su Nettuno, pianeta gassoso, l’uomo mai potrebbe istallarsi, né che Last and first men si configuri come il nulla assoluto rispetto a dinamicità visive; il sopracitato film del ’62, a confronto, è un rutilante action. L’eredità di Jóhannsson è l’epica di un’umanità, qui unica protagonista insieme ai monoliti moderni, che si narra attraverso gli eoni. L’autorialità di Last and first men, cioè il significante più che il significato, non fa prigionieri: divisivo sembra essere un aggettivo inventato giusto per questo film che non pare poter essere apprezzato solo un po’, ma odiato od esaltato come un coraggiosissimo esperimento filmico. Tuttora indeciso se Last and first men mi sia piaciuto o meno, mi faccio bastare due considerazioni non ininfluenti: non è tempo perso e rimane dopo la visione. Forse nel suo genere è un capolavoro, ma di che genere si tratta? Che scocciatura i voti!
TRIVIA
Jóhann Jóhannsson (1969-2018) dixit: “Queste statue sono un po' come se provenissero da un altro pianeta e lasciate lì in mezzo all’ambiente naturale. Sono cadute in una sorta di abbandono, come ricordo di un passato di cui la maggior parte delle persone non si preoccupa. Alcune sono ricoperte di graffiti, ricoperte dalla vegetazione. Sono i bellissimi fari di quella vecchia utopia sociale jugoslava” (screendaily.com).
⟡ Nessun dato, per ora.
Titolo originale
Id.
Regista:
Jóhann Jóhannsson
Durata, fotografia
70', b/n
Paese:
Islanda
2020
Scritto da Exxagon nell'anno 2012; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
