M - il Mostro di Düsseldorf
Voto:
La città di Düsseldorf è terrorizzata dai crimini compiuti da un misterioso maniaco che violenta e uccide le bambine. La stampa genera la regola del sospetto per la quale ognuno potrebbe essere il mostro, e tutti iniziano a sospettare di tutti. La polizia fa il possibile ma non riesce ad approdare a nulla se non scatenare la rabbia della criminalità che viene vessata dalle continue retate finalizzate a trovare il maniaco. Le Organizzazioni Unite del Crimine decidono che devono trovare il mostro prima che questa situazione inizi a diventare un grave impedimento ai loro loschi affari. In ciò, si fanno aiutare dall'Organizzazione dei Mendicanti che, alla fine, riuscirà a individuare il colpevole (Peter Lorre) e a portarlo di fronte a un tribunale molto speciale.
LA RECE
Crime thriller pionieristico innestato in un dedalo urbano inquieto se non corrotto, all'incrocio fra espressionismo tedesco e l'emergente realismo psicologico, arricchito da salti di registro espressivo (dal comico al drammatico) e accorgimenti nel neonato comparto sonoro che avranno grande influenza sul cinema futuro. Lorre, abbietto serial killer, diviene poi manifesto dell'uomo vittima di sé stesso e delle proprie pulsioni.
Da molti definito uno dei primi horror, da altri un poliziesco o un thriller. M è molto di più. È, per cominciare, il punto di convergenza tra l'espressionismo tedesco morente e l'emergente realismo psicologico che avrebbe dominato il cinema europeo del dopoguerra. E' il primo film di Lang che si avvale del sonoro, mantenendo, comunque, gli accorgimenti ellittici del muto, quali la palla e il palloncino fra i fili per dare l'idea della morte della bambina. Il film riesce a saltare fra diversi registri espressivi, inframezzando sequenze decisamente comiche a momenti più seri e drammatici. Fra le scene comiche si possono ricordare l'episodio del piccolo uomo occhialuto che viene accusato da un omone di essere il maniaco, il parallelismo fra le fumosissime riunioni della polizia e quelle dei criminali, l'interrogatorio dei testimoni e alcune palesi battute comiche quali: "Non russare così, svegli i pidocchi!" detta da un mendicante a un altro. Peter Lorre calza con esattezza i panni di un uomo qualunque che tace per quasi tutto il film, e poi grida la propria disperata autodifesa: mentre per i comuni criminali delinquere è stata una libera scelta, lui è obbligato a compiere i misfatti dei quali è giustamente accusato, forzando con ciò i suoi persecutori, e noi con loro, a guardarci dentro alla ricerca di una psicopatologia che sia alla radice delle nostre scelte e che condizioni il libero arbitrio. Il suo celebre monologo finale ("Non posso farci niente!") esprime una lettura psicopatologica evoluta che vede l'individuo agire sotto un'invincibile compulsione, impossibilitato a sfuggire dai propri impulsi primordiali. Ponendo le fondamenta di molti film moderni incentrati sulla figura del serial killer che abita una società in decomposizione (cfr. Seven, 1995), Lang trasse ispirazione dalla lettura di un articolo giornalistico relativo all’omicida seriale Peter Kuerten, il cosiddetto Vampiro di Düsseldorf, trasferendo oltretutto nel film alcuni elementi del fatto di cronaca. Lang mostra la tranquilla vita del mostro contrapposta alla frenetica attività di ricerca (a vuoto) delle forze dell'ordine, la pressione dei politici sulla polizia e la funzione della stampa nel creare un clima sociale di tensione. Da notare gli accenni che si fanno alle tecniche investigative che hanno dato vita all'attuale criminal profiling. Affascinate e ben riuscita la figura di Shranker (Gustaf Gründgens), il capo dell'organizzazione dei criminali che indossa sempre guanti neri. Alcune scene vanno segnalate per la loro qualità: tecnicamente splendido il passaggio della telecamera da un esterno all'interno di una stanza tramite l'attraversamento del vetro che si nota aprirsi quando ancora non erano raffinate le tecniche di montaggio e, ovviamente, mancava il digitale; di grande pathos il marchio sulla mano e, poi, sulla giacca di Lorre; molto teatrale e drammatica l'inquadratura di Lorre seduto per terra e disperato che si difende dalle accuse. Assolutamente seminale, poi, almeno per lo spaghetti giallo, l'idea del motivetto fischiato compulsivamente dal Mostro umano prima di colpire le sue vittime, il leitmotiv del "Peer Gynt" di Grieg diventa quello che il teorico Michel Chion chiamerebbe un acousmêtre perfetto: una presenza sonora priva di corpo visibile capace, proprio per la sua natura, di influenzare la percezione e l'immaginazione del pubblico. Questa idea della musichetta che attiva la pulsione omicida non può non ricordare Profondo rosso (1975) di Argento. In sintesi, e leggendolo nella sua dimensione più semplice, M - il mostro di Düsseldorf è un film che, sfidando la convenzionale idea di film vecchio, non annoia mai e che, paradossalmente, diventa più attuale con il passare del tempo, come un buon vino avvelenato che migliora invecchiando. Must assoluto.
TRIVIA
Friedrich “Fritz” Christian Anton Lang (1890-1976) dixit: “Per cominciare, inizio con il dire che sono una persona visiva. Faccio esperienza con gli occhi e mai, o solo raramente, con le orecchie… con mio costante dispiacere” (IMDb.com).
⟡ La canzone fischiettata è di Edvard Grieg e s’intitola “Hall of the mountain king”. Veniva fischiata da Lang poiché Lorre non era capace di farlo.
⟡ Peter Lorre era ebreo e scappò dalla Germania per paura della persecuzione nazista subito dopo che il film venne distribuito. Fritz Lang, che era ebreo solo da parte di un genitore, scappò due anni dopo.
⟡ Contrariamente a quanto asserito da alcuni, Fritz Lang non cambiò il titolo da gli Assassini sono tra noi a M. per paura della reazione dei nazisti. Egli cambiò il titolo durante la produzione influenzato dalla scena in cui uno dei criminali si scrive la lettera sulla mano. Lang pensava che M. fosse un titolo più interessante.
⟡ La crudeltà di Lang nei confronti degli attori divenne, in questo film, leggendaria. Peter Lorre fu buttato giù dalle scale almeno una dozzina di volte. Si dice, inoltre, che Lang fosse così ossessionato dalla precisione che fece ripetere a Peter Lorre la scena del "processo" 27 volte, fino a quando l'attore non raggiunse quello stato di esaurimento nervoso che il regista cercava.
⟡ In Germania, i nazisti bandirono il film nel luglio 1934. ⟡ Lang scritturò diversi veri criminali per il suo film e, prima che finissero le riprese, già ven-tiquattro di essi erano tornati dietro le sbarre.
Titolo originale
M - Eine Stadt Sucht Einen Mörder
Regista:
Fritz Lang
Durata, fotografia
117', b/n
Paese:
Germania
1931
Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
