Profondo rosso

Voto:

Marcus Daly (David Hammings), pianista inglese che vive a Roma, si trova invischiato in una serie di omicidi, dopo che è stato testimone della brutale uccisione di una sensitiva (Macha Méril) pronta a rivelare il nome di una persona malvagia che, in passato, aveva compiuto un assassinio. Marcus, affiancato dalla giornalista Gianna (Daria Nicolodi), si lancia nelle indagini, ma presto si rende conto che è la sua stessa vita a essere in pericolo.

LA RECE

Mio personale alpha e omega. Tuttavia, anche ad uno sguardo meno entusiasta, a questa pellicola va riconosciuta la grande seminalità, l'impatto culturale e, in definitiva, la sua natura profondamente perturbante e malsana. Horror assoluto.

Alcune volte non si riesce ad essere obiettivi, altre volte non lo si vuole proprio. Profondo rosso è il mio personalissimo film di paura, la cui visione mi fu sottoposta ad un’età assolutamente inappropriata generando una cascata di eventi che arrivano fino a queste recensioni, cioè alla passione per il cinema di genere: identificazione con l'aggressore? Teoria dell'abusato-abusatore? Profondo rosso è lo stato dell’arte della mia inquietudine, l’unico film che, per quanto amato, ho osato rivedere poche volte e mai senza la compagnia di qualcuno, ben più divertito dalle mie reazioni scomposte che atterrito dal film stesso, ai suoi occhi pieno di grossolanità e difetti a partire dal sangue color smalto, splendidamente reso dalla fotografia di Luigi Kuveiller; imperfezioni che io, invece, ho sempre trovato perfette nella loro acutezza grafica e nel loro essere unheimliche, perturbanti. Dopo lo stand-by storico de le Cinque giornate (1973), Argento voleva dare un quarto figlio alla sua Trilogia degli Animali (l'Uccello dalle piume di cristallo, 1970; il Gatto a nove code, 1971; 4 mosche di velluto grigio, 1971). A dire il vero, e nonostante il supposto working title la Tigre dai denti a sciabola , Profondo Rosso non nacque per completare la trilogia degli animali e farne, quindi, una quadrilogia. Il primo script del film, titolato da Argento Chipsiomega, e completo a metà del 1974, cercava di espandere uno spunto scartato per 4 mosche di velluto grigio, ovvero una medium che avverte psichicamente la presenza dell’omicida, e il regista s'inventò di sana pianta il titolo la Tigre dai denti a sciabola per depistare i curiosi. Incisivo nello sviluppo di quello script fu l'intervento dello sceneggiatore di Fellini Bernardino Zapponi che suggerì di rendere più "fisico" il killer, quindi più brutale, agendo in modo più traumatico ma anche più comprensibile dal pubblico: benché nessuno (mi auguro) si sia mai distrutto i denti contro il marmo, è molto facile comprendere la traumaticità di un urto del genere. Ma la storia del film non finisce di stupire per i suoi retroscena che ci vengono resi noti da quelli di Nocturno: lo scheletro del soggetto, infatti, risalirebbe ad un'idea di Fabio Piccioni, creativo di penna per tante sceneggiature, soggetti e fumetti. Piccioni, nel '74, aveva scritto un soggetto dal titolo "Il Grido del capricorno" che avrebbe dovuto essere utilizzato per una storia a fumetti nella collana Oltretomba, poi, in effetti venduto a Salvatore Argento, padre di Dario; oltretutto, lo stesso Piccioni riutilizzò quello stesso soggetto per l'ultimo film girato da Riccardo Freda ( Muder Obsession, 1980) un soggetto che sottolineava una psicopatologia transgenerazionale, ovvero una psicopatia che dal genitore si rifletteva in qualche modo nella vita dei figli. Profondo rosso esordirà al cinema nel marzo 1975 e diverrà non solo il film sintesi degli stilemi del regista romano (meno i giochi di luce in debito con Bava) ma il manifesto compiuto di un intero genere. Con Profondo rosso, Argento raggiunge l’apice dei suoi manierismi estetizzanti e li fa raggiungere all’omicida, occhio onniscente, la cui furia s’innesca non solo tramite una sinistra nenia ma anche attraverso tutta una serie di oggetti, riflessi feticistici del trauma psicologico infantile, ripresi chirurgicamente tramite la Snorkel, una telecamera snodabile simile ad un endoscopio, che inaugurerà un taglio di ripresa che si potrebbe dire iper-realista; l’armamentario del killer, il suo abbigliamento, le sue aberrazioni, divengono un tutt'uno quintessenziale. Profondo rosso rappresenta anche la prima incursione di Argento nella dimensione paranormale poi ampiamente visitata da Suspiria (1977) in avanti, che qui viene introdotta non troppo marcatamente dalla figura della sensitiva Helga e dalla storia della “Villa del Bambino Urlante” che Argento crea dal nulla arrivando persino a immaginare lo pseudbiblion: “Fantasmi di oggi e leggende nere dell’età moderna” scritto da tale Amanda Righetti (Giuliana Calandra). Il film, che la prima stesura prevedeva della durata di tre ore, alleggerito da diverse scene - ahinoi, perdute - si struttura come una surreale progressione d’inquietudine e violenza, il vortice in locandina, immersa in un ambiente urbano la cui algida schematicità viene esaltata dalla scelta di angoli di ripresa che richiamano la scenografia teatrale o la ricostruzione di squarci pittorici (Hopper, Munch). Come per altri lavori del giallo italiano, qui meglio che altrove, il protagonista si trova a interagire con personaggi tutti potenzialmente colpevoli o perché connessi ai crimini o per loro sinistri tratti. Essenziali, per il successo della pellicola, alcuni elementi rimasti iconici e divenuti patrimonio della cultura popolare. La nenia infantile scritta da Gaslini e il tema portante realizzato dai Goblin al loro esordio con il regista, benché un Dario Argento in sconsiderata trance creativa avesse inizialmente pensato d’ingaggiare i Pink Floyd o i Deep Purple, ai quali, comunque, viene ispirato il titolo del film. Entrambi i pezzi musicali, quand'anche il secondo di maggiore successo commerciale, paiono incastrarsi perfettamente con il materiale narrativo, così come con i dissonanti pezzi jazz; il tema portante dei Goblin è indiscutibilmente uno dei più azzeccati per un horror, ispirato alle sonorità di quello de l’Esorcista (1972) e ispiratore del main theme di Halloween (1978). Non meno iconica l’idea del pupazzo, inizialmente da molti avversata, ma poi rivelatasi seminale oltre ogni dire e indagata da tanti recensori per comprenderne il senso, ovvero la verosimiglianza di uno stratagemma del genere in una scena di omicidio. In ciò, la vera cifra di Argento che riesce a sospendere il verosimile con predilezione per il simbolo e la suggestione, disinteressandosi di una stretta coerenza per un film pensato come un lungo incubo. Pregato da più parti affinché desistesse dal girare la scena con il pupazzo ghignante, Argento, grazie al cielo, si impuntò e fece realizzare da Carlo Rambaldi un burattino che si muovesse a scatti; il risultato fu ed è tuttora profondamente perturbante, seguito dal brutale omicidio di Giordani (Glauco Mauri) i cui denti vengono frantumati contro il bordo di marmo del camino prima di ricevere una stilettata nel collo. Decisamente buona la prova attoriale, cosa non scontatissima in un prodotto argentiano. La parte del protagonista ad Hemmings, all’inizio in forse perché presentatosi appesantito al provino, è l’ideale tributo a Blow-up (1966) di Antonioni il cui tema del particolare visto ma sfuggente si era fatto leitmotiv nella poetica argentiana fin dagli esordi e che qui, mostrato subliminalmente al pubblico, nasconde l’identità del colpevole. La Nicolodi è equivoca, maliziosa e interessante come mai sarà negli altri film che la vedranno interprete. La performance di Gabriele Lavia nei panni del fragile Carlo è sentita ma, nello stile dell’attore d’impostazione teatrale, affettata. Nei panni della bizzarra madre di Carlo, Clara Calamai (1909-1998) che, triste dirlo per una grande professionista che ha passato l’esistenza a recitare, arriva al ruolo della vita con quest’ultimo film. Profondo rosso, ricordato ancor oggi insieme a la Casa dalle finestre che ridono (1976) come la vetta dell’horror italico non ancora violata a distanza di decenni, riuscì, dunque, nell'impresa di creare un’ingegnosa alchimia di stile visivo, atmosfera malsana, silenzi ominosi e musiche di rarissimo pregio. Voto di pancia ma non troppo distante dalla qualità oggettiva di un must indiscutibile.

TRIVIA

La scelta della Nicolodi per il ruolo di Gianna fu combattuta; ce lo racconta l'organizzatore di produzione Angelo Jacono: “Io non conoscevo la Nicolodi, conoscevo la sua agente, Paola Petri, la moglie del regista Elio Petri, che me l’aveva tanto raccomandata. La vidi in fotografia, pensavo fosse adatta al ruolo. Il nostro connubio (con Argento) era grandioso ma lui me la rifiutò. […] Ogni tanto la riproponevo ma per tre volte me la rifiutò, disse che l’aveva vista al cinema e non gli piaceva. […] Una mattina mi disse: “Angelo, l’ho trovata, falle il contratto!” Mi disse il nome ma io non la conoscevo perché lavorava prevalentemente in teatro [Manuela Kustermann]. […] Presi tempo e dissi a Dario: “Ahó, ma chi mi hai portato? Non c’entra niente con la protagonista del film. Io te la faccio arrivare quella che dico io, prima la devi vedere, poi, se non la scegli, faccio il contratto a Manuela Kustermann”. Appena si incontrarono, dopo appena venti minuti, Daria uscì dalla stanza di Dario ed entrò nella mia, entusiasta: “Mi ha preso e mi ha anche invitato a casa sua”. In mezz'ora erano diventati marito e moglie” (Iachetti, 2017).

⟡ Per il ruolo del protagonista, Argento avrebbe voluto Lino Capolicchio ma l’attore, ai tempi, aveva appena avuto un incidente automobilistico e non poteva recitare.

⟡ Il vapore che rivela una scritta seguente all’omicidio nella vasca da bagno è una citazione di la Signora scompare (1938) di Hitchcock.

⟡ La scena del congresso di parapsicologia fu girata presso il teatro Carignano di Torino, luogo in cui Clara Calamai, trentenne, aveva recitato nel film Addio, giovinezza! (1940). La Calamai, peraltro, fu la prima attrice italiana a mostrare il seno in un film (la Cena delle beffe, 1941).

⟡ L’omicidio della medium avviene nella piazza CLN di Torino mentre Marcus e Carlo si trovano presso la Fontana del Po. Fra i portici di piazza CLN, Argento pretese di costruire una caffetteria come quella visibile nel quadro “Nighthawks” di Edward Hopper. Oltretutto, l’omicidio della medium riprende in qualche modo l’estetica de “l’Urlo” di Munch.

⟡ La Villa del Bambino Urlante era Villa Scott, ora proprietà di un privato ma, al tempo, abitato dalle Pie Suore della Redenzione che ospitavano ragazze in difficoltà; alle religiose e alle giovani fu offerta una vacanza di un mese a Rimini per avere la villa libera ai fini delle riprese.

La sceneggiatura di Chipsiomega è tutto sommato simile a quallo che si vede nel film, tranne per il fatto che Argento, nella prima stesura aveva inteso descrivere la città come putrida, un orrore urbano estensione del disagio dei soggetti protagonisti. Questo venne eliminato per il film va riemerse in qualche modo per Inferno (1980) in cui si narra che la dimora delle Madri la si riconosce per il fetore che emana.

Nei credits finali, la Madre di Carlo è indicata solo come, appunto, Madre di Carlo, quindi non avrebbe nome. In realtà, nelle carte depositate al cimitero un nome lo troviamo: Marta.

⟡ Il motivo per cui Marc affronta la visita presso la Villa del Bambino Urlante in uno stato di non piena lucidità (ad esempio, rischia di cadere arrampicandosi) è connessa a una scena di raccordo poi eliminata nella quale il protagonista si fumava una canna. L’uso di cannabis rispecchiava l’abitudine di Argento di fumare marijuana, cosa apertamente ammessa dal regista che riferisce di aver fumato dai trenta ai settanta anni, per poi smettere, con suo rammarico, a causa di un’asma bronchiale. Il regista ha ammesso anche un saltuario uso di cocaina che, però, dice di aver sempre gestito con serenità senza mai cadere nella dipendenza.

⟡ Nicoletta Elmi, scream princess dell’horror italiano, ai tempi undicenne, ricorda un curioso episodio avvenuto durante una scena nella quale avrebbe dovuto indicare una direzione a David Hemmings ma usava una mano mentre Argento voleva che usasse l’altra: “La scena fu ripetuta almeno due o tre volte, per questo motivo, e quindi, alla fine, Dario, all’ennesimo stop, venne lui da me e mi disse: “Senti, allora…”, prese la mano e mi diede un morsetto, che non era un morso violento, e mi disse: “Allora, qual è la mano che ti fa male?”; “Questa!” “Bene! Questa è quella che devi usare!”. E così non sbagliai più. Adesso ci rido e non ricordo che questa cosa mi avesse traumatizzato, non mi misi a piangere, assolutamente no. Dario fece in modo che non la vivessi malamente” (Nocturno 203, 2019).

⟡ Per riuscire a realizzare la scena della lucertola, che doveva risultare morente in video in un certo modo, furono, uccise diverse lucertole.

⟡ La locandina del film s’ispira volutamente a la Donna che visse due volte (1958) di Hitchcock, e come quest’ultimo regista aveva fatto per Psyco (1960), Argento pretese che al pubblico fosse interdetta l’entrata al cinema una volta iniziato il film.

⟡ Giorgio Gaslini compare fra gli avventori del fittizio Blue Bar.

⟡ Per la terza volta, Argento usa il cognome Giordani per un personaggio. Le volte precedenti era avvenuto in il Tram (la Porta sul buio, 1973) e il Gatto da nove code (1971).

⟡ L’omicidio di Amanda Righetti ha visto l’attrice Calandra tenuta con la testa sott’acqua dal regista stesso che, però, esagerò al punto che la donna riemerse provata e spaventata.

⟡ Una delle scene scritte dal regista e poi cancellate per contenere il minutaggio prevedeva che Marc facesse visita alla salma della medium in una stanza della casa della donna. Dopo aver dedicato una preghiera ad Helga deposta sul catafalco nella camera ardente, l’uomo si sarebbe allarmato per un rumore; nascostosi in una zona buia della stanza, avrebbe sentito avvicinarsi l’omicida che veniva ad ispezionare la casa per cercare proprio Marc, l’unico testimone. Non trovando l’uomo, l’omicida si sarebbe allontanato e, solo a quel punto, Marc sarebbe uscito dall’ombra.

⟡ Circola ancora l’errata informazione secondo la quale la scena della giornalista Gianna che getta nell’immondizia la foto della donna di Marc sia un riferimento alla vita privata di Argento che, proprio in quel periodo, si fidanzava con Daria Nicolodi lasciandosi alle spalle Marilù Tolo. In realtà, quella scena non fu scritta come riferimento autobiografico: la foto ritraeva la fidanzata del direttore di produzione che era stata provinata per una particina ma non scritturata.

⟡ Nel 2007, io personalmente fui ingaggiato come consulente per la produzione di un LP che comprendesse le migliori musiche derivate da pellicole del thriller e del giallo all’italiana. Oltre ai vari pezzi da inserire dei quali si discusse con il discografico, mi impuntai perché fosse inserita la nenia infantile di Profondo rosso, scelta che forse non sarebbe stata agile per questioni di copyright. Il discografico, però, accondiscese, e così “I Suoni Del Buio” della Brioche Edizioni Musicali riporta come bonus track “School At Night (Child Version)” di Giorgio Gaslini.

Fast rating

etichetta di valutazione veloce del sito exxagon per i film giudicati i preferiti dal Exxagon stesso

Regista:

Dario Argento

Durata, fotografia

127', colore

Paese:

Italia

Anno

1975

Scritto da Exxagon nell'anno 2005 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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