la Morte ha fatto l'uovo

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Voto:

Mark (Jean-Louis Trintignant) ha sposato Anna (Gina Lollobrigida) ma non è felice e si sfoga con prostitute inscenando finti omicidi. Gabriella (Ewa Aulin) lo scopre e lui, già da tempo infatuato della bella bionda, accetta di complottare alle spalle della moglie quando, però, l'unica cosa alla quale mira Gabriella sono i soldi derivanti dall'azienda di galline di cui è proprietaria Anna.

LA RECE

Thriller all'italiana in salsa surrealista, pop e controculturale che, gira che ti rigira, scivola sulle solite miopie borghesi di un cinema che se non lo capisci hai torto tu. Nel tempo, comunque, non fosse che per il titolo, il film riemerge e si fa un po' cult. Ma senza esagerare.

Thriller all'italiana di particolare bizzarria stilistica che ripercorre le trame di molti gialli prodotti in quegli anni ma, qui, in un'ottica surreale impanata di nouvelle vague e marcatamente influenzata dalla pop-art. Giulio Questi, documentarista e occasionalmente attore (la Dolce vita, 1960; Signore e signori, 1965), fece parlare di sé per il suo primo lungometraggio Se sei vivo spara (1967) che richiamava elementi buñuelliani. Allo stile surrealista si rifà anche la Morte ha fatto l'uovo che, nella scena del "gioco di società", cita l'Angelo sterminatore (1962). Contemporaneamente, la cultura pop influisce sulle soluzioni cromatiche. Il problema è che il film, definito dallo stesso Questi un thriller fantamerceologico, fu un fiasco al botteghino poiché le astrusità surrealiste, la pop-cultura, la spigolosa colonna sonora d'avanguardia di Bruno Maderna innervosirono e stranirono il pubblico e parte della critica che speravano di vedere un sexy-thriller di gusto lenziano, cosa che, in parte, la Morte ha fatto l’uovo è. Il film, prodotto controculturale la cui scrittura iniziò nel 1966, attacca neanche troppo velatamente il capitale, la borghesia e le sue ipocrisie e quest’ultima cosa viene magnificata in modo autolesivo, senza volerlo, sia dall’inserimento della pubblicità occulta delle sigarette, sia dall’ingaggio, per pressioni dei produttori, della Lollo, volto popolare ma non esattamente il volto del popolo. La morte ha fatto l’uovo, con ‘sti polli allevati che saremmo noi nel cosmo consumistico, finisce, come non di rado accade col materiale intellettuale, per rendersi astratto ed ermetico levitando lassù dove quei polli che più avrebbero bisogno di capire non arriva di certo. Ergo, il prodotto che attacca la classe diventa un prodotto classista, usufruibile in modo autoreferenziale solo dagli iniziati. Oh, e dire che quel Buñuel de l'Angelo sterminatore che Questi andava citando aveva descritto bene il parlarsi alla pancia della borghesia... e anche il fatto che, pur sapendolo, è condannata ad agire come agisce! Pertciò, l'anelito autoriale s’infrange sia contro queste contraddizioni, sia sul volto un po' bolso di un Jean-Louis Trintignant e su quello di una Lollo, ormai in parabola discendente, che si aggira a disagio per il set mentre le battute migliori vanno alla svedese Aulin che, ai tempi, godeva di una certa sopravvalutazione estetica. Chiaro che se ci si sofferma sugli elementi bizzarri, non si può che rimanere affascinati da la Morte ha fatto l’uovo, e già dal titolo. Momento clou, la discussione fra i tre protagonisti rispetto alla sorte che dovrebbe toccare ad alcune galline transgeniche nate senza testa e senza ali ma con le zampe: un abominio contronatura che Jean-Louis Trintignant decide di finire a colpi di bastone. Uno dei tanti momenti strani di un film illustrato registicamente da un montaggio, a volte convulso, che si fa eccessivamente energico poiché esasperato dallo score musicale. Se del film non si può apprezzare il risultato finito, non se ne può, d’altronde, non riconoscere l’audacia. Tuttavia, se dovessi pensare a un italiano controculturale dai toni weird, preferisco consigliare ...Hanno cambiato faccia (1971).

TRIVIA

Giulio Questi racconta: "L'idea mi venne leggendo un libro sull'allevamento di polli. Il film è nato con facilità. È venuto un produttore da me e da Kim [Franco "Kim" Arcalli, sceneggiatore e montatore] e ci ha chiesto un film, dal momento che aveva un contratto con l'Euro e doveva a tutti i costi farne uno. Il copione piacque. Era un film strano per quegli anni 1966-67, a basso costo. Ci gloriavamo molto di fare del cinema kitsch. Fare un giallo con una storia di polli e prendere la Lollobrigida come protagonista, a quel tempo, era un'operazione kitsch. Erano gli anni in cui abbiamo creduto a una cultura pop. Eravamo felici di questa scoperta pop. Ci sbeffeggiavano a quel tempo, non solo i critici. Eravamo fuori dal cinema ufficiale" (Giusti, 2004).

⟡ Nessun dato, per ora.

Regista:

Giulio Questi

Durata, fotografia

87', colore

Paese:

Italia, Francia

Anno

1967

Scritto da Exxagon nell'anno 2008; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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