l'Angelo sterminatore
Voto:
Edmundo Nobile (Enrique Rambal) e sua moglie Lucia (Lucy Gallardo) organizzano un'elegante cena per la alta borghesia messicana nella loro sontuosa residenza, al fine di godere di conversazioni raffinate e vacue, nonché di brindisi cerimoniosi. Tuttavia, quando giunge il momento di congedarsi, accade l'inspiegabile: nessuno degli ospiti riesce a varcare la soglia del salotto. Non esistono barriere fisiche, né costrizioni; semplicemente, la volontà di uscire sembra dissolversi tramite le scuse più diverse, e ciò che nasce con lieve imbarazzo, ovvero la permanenza “forzata” in salotto, si trasforma in una convivenza da incubo.

LA RECE
L'impotenza della borghesia moderna, o forse di tutti noi, intrappolati dalle e nelle proprie convenzioni e convinzioni. Buñuel orchestra magistralmente la parabola degenerativa di un gruppo incapace di compiere il gesto più semplice, svelando come sotto il velo della civilizzazione si nasconda sempre l'antica bestia. L’eventuale punta di noia è perfetta proiezione della noia dei protagonisti.
Film di enorme incisività e potenza, benché non amato dal suo stesso autore il quale, per realizzarlo, dovette operare con un budget minimale che limitò sia l'acquisto di materiale di arredamento, sia lo sviluppo delle sequenze che si sarebbero volute anche più estreme, ad esempio mettendo in scena atti di cannibalismo. Come spesso accade nell'arte, i vincoli si trasformano in virtù creative, e quello che doveva essere un compromesso al ribasso si rivela, invece, una scelta stilistica di rara efficacia: la nudità degli ambienti, l'essenzialità delle scenografie, la claustrofobia degli spazi ristretti contribuiscono a creare quell'atmosfera di oppressione che permea ogni fotogramma. L'influenza del film, che tratta in sostanza dell'intrappolamento esistenziale della modernità borghese, è massiccia e la possiamo vedere riflessa in film come Cul-de-sac (1966) o Carnage (2011) di Polanski ma anche, in qualche modo, in pellicole all'apparenza ben distanti, quali Funny Games (1997) di Haneke. Persino Lars von Trier, con il suo Dogville, sembra aver assorbito la lezione buñueliana sulla rappresentazione dell'ipocrisia borghese attraverso la riduzione scenografica all'osso. Il contained thriller contemporaneo - da The Invitation (2015) a Ready or Notem> (2019) - deve molto a questa intuizione fondamentale: che la vera claustrofobia non nasce dai muri, ma dalle convenzioni sociali che ci imprigionano. Buñuel arretra dalla rappresentazione surrealista più spinta (un Cane andaluso, 1929), pur ritagliandosi alcuni momenti di simbolismi e sinistre bizzarrie, e dà un anticipo di ciò che si vedrà anche ne il Fascino discreto della borghesia (1972) circa il meccanismo narrativo di un gruppo di persone riunite che non riescono a realizzare "qualcosa", qui concludere la serata e uscire dalla stanza, là cenare insieme. Questa evoluzione stilistica rivela la maturità di un artista che nel suo surrealismo giovanile esplodeva in sequenze oniriche di pura provocazione visiva e ora, invece, scopre che l'incubo può nascere dalla banalità quotidiana trasformata in trappola esistenziale; la lezione dell’assurdo quotidiano ben appresa da Lanthimos (Dogooth, 2009; the Lobster, 2015). La borghesia qui rappresentata, forse da intendere come l'umanità più in generale, è descritta nella sua impotenza circa il procedere oltre, il fare davvero qualcosa al di là di riempirsi la bocca con vacuità dialogiche e buon vino da libare dopo cin-cin benauguranti in una vita da salotto. L'ontologica mancanza di volontà del gruppo di cui ci narra Buñuel, la loro impasse nei confronti della vera libertà, la privazione delle convenzioni protettive, porta all'emersione di comportamenti primitivi: la sequenza dell'agnello sacrificale - momento di pura barbarie rituale - rappresenta il culmine di questa parabola degenerativa. Buñuel intuisce che, sotto il sottile velo della civilizzazione, si nasconde sempre l'antica bestia, pronta a risvegliarsi non appena le regole sociali vacillano; un tema che ritroveremo non di rado nel cinema horror contemporaneo, da The Descent (2005) a Midsommar (2019). Sempre in quest'ottica va letta l'irruzione degli animali nella villa, da non intendersi solo come elemento di disturbo surreale ma, piuttosto, come contrappunto selvaggio alla civilizzazione, con queste bestie - l'orso, le pecore, i polli - che attraversano indisturbate lo spazio della cultura, rivelando l'artificiosità delle convenzioni umane. Questa invasione animalesca trasforma lo spazio domestico in una sorta di arca di Noè rovesciata, in cui non è l'uomo a salvare gli animali dal diluvio ma sono gli animali stessi a rivelare il naufragio dell'umanità. L'immagine dell'orso che vaga tra i divani di velluto diventa emblema di una natura che rivendica i suoi diritti sugli spazi dell'artificio umano (cfr. gli Uccelli, 1963; ma anche, a ben pensarci, Annientamento, 2018, di Garland). Ad ogni modo, il colpo di genio di Buñuel lo si avverte soprattutto nel finale che dà una dimensione ricorsiva all'incubo: tramite un "misterioso" meccanismo ciclico del potere, la liberazione avviene attraverso una ripetizione artefatta delle azioni compiute in precedenza, suggerendo una logica del déjà-vu come chiave di volta del labirinto psicologico che vede una fittizia liberazione seguita, subito dopo, dal ripetersi del fenomeno di intrappolamento; la chiesa come nuovo teatro della prigionia non è una scelta casuale ma, ovviamente, una denuncia sottile del ruolo delle istituzioni nel perpetuare i meccanismi di controllo. Film d’antan ma la sua lezione perdura e resta un’opera di grande modernità se pensiamo soprattutto alla società occidentale distratta dal suo stesso benessere, inebetita da formalità di pensiero rintuzzate dal sentirsi dal lato buono dell’etica e della morale, ma progressivamente inefficace nel gestire il mondo al di fuori dalle quattro mura delle proprie parole, pur forbite, pur educate, pur belle e, ovviamente, accompagnate ottimo vino.
TRIVIA
Luis Buñuel Portolés (1900-1983) dixit: “Ho sempre percepito un legame segreto ma costante tra l'atto sessuale e la morte. Ultimamente, il mio desiderio sessuale è diminuito fino a scomparire del tutto, anche nei sogni, e ne sono felice.” (IMDb.com).
⟡ Il titolo è stato preso da un amico di Luis Buñuel, José Bergamín, che stava scrivendo un'opera teatrale con quel titolo ma non l'ha mai terminata. Quando Buñuel volle dare il titolo al film, chiese all’amico se dovesse pagargli i diritti ma José rispose che non c'era nulla da pagare perché il titolo era tratto dal libro dell’Apocalisse. In effetti, la sceneggiatura originale del film riportava come titolo: "I naufraghi di Providence Street" ("Los Náufragos de la Calle Providencia").
⟡ Il direttore della fotografia del film, Gabriel Figueroa, una volta visto il montaggio finale del film, avvertì il regista del fatto che aveva notato diversi casi di ripetizione d’immagine (27 ripetizioni in tutto); Figueroa reputava che si trattasse di un errore di montaggio. Buñuel, però, gli assicurò che le ripetizioni erano una scelta creativa. Nonostante la spiegazione, Figueroa è rimasto scettico circa il fatto che la ripetizione fosse intenzionale e non un errore.
⟡ La scena in cui un orso e tre pecore appaiono durante la cena è basata su un incidente reale occorso a Buñuel durante una cena che si svolse a New York.
⟡ Un'opera basata su questo film, con musiche di Thomas Adès e libretto di Tom Cairns, è stata presentata in anteprima al Festival di Salisburgo 2016 in Austria. Ha debuttato a Londra alla Royal Opera House di Covent Garden nell'aprile 2017 ed è stato successivamente prodotto nell'ottobre 2017 al Metropolitan Opera di New York. La produzione ha fatto la storia del Metropolitan richiedendo a una delle sue star, il soprano Audrey Luna, di cantare la nota più alta mai eseguita al Met: un La sopra il Do acuto.
⟡ Di tutti i film del periodo cinematografico messicano/spagnolo di Buñuel, questo è l'unico film su cui il cineasta ha avuto il completo controllo creativo.
⟡ Anche se non li si vede mai aperti nel film, Buñuel ha insistito sul fatto che gli armadi fossero pieni di vestiti durante tutto il tempo delle riprese.
⟡ Marilyn Monroe visitò il set durante il suo ultimo viaggio in Messico, incontrando Luis Buñuel e la maggior parte del cast.
⟡ Riconosciuto universalmente come un capolavoro, l’Angelo sterminatore è incluso nella lista dei "Grandi Film" di Roger Ebert, è tra i "1001 film da vedere prima di morire", a cura di Steven Schneider, e fa parte della Criterion Collection, #459.
Fast rating
Titolo originale
El ángel exterminador
Regista:
Luis Buñuel
Durata, fotografia
90', colore
Paese:
Messico
1962
Scritto da Exxagon nel settembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0