il Mostro
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Il giornalista di seconda fila Valerio Barigozzi (Johnny Dorelli) ha l'occasione della vita quando, in redazione, inizia a ricevere le lettere di un killer che gli preannuncia i suoi omicidi. La cosa farà la fortuna professionale di Valerio ma il cinismo e l'arrivismo lo renderanno quasi peggiore del mostro di cui scrive.
LA RECE
La profezia di una società in cui i lettori cercano roba "volgare, violenta, aggressiva, nevrotica, senza nessuno scrupolo esattamente come è la gente e il mondo a cui è destinata". Più pertinente con il passare del tempo, mentre continuiamo a confrontarci con molte delle stesse dinamiche sociali che esplora.
Penultimo profetico film di Zampa centrato sulle ciniche deviazioni dei mass media, scritto da quel Sergio Donati che, già nel 1972, aveva detto la sua in Sbatti il mostro in prima pagina di Bellocchio circa il modo in cui la stampa manipola e (ri)crea l'informazione. Protagonista per questo giallo inusuale, un Dorelli in formissima, scelta programmaticamente inusuale per il genere. La presenza dell’attore porta i toni del racconto a metà fra il dramma tinto d'horror e la commedia, con il Johnny nazionale che parla con frasi e prosodia che ricordano l'Abatantuono post ‘80. Dietro tanti dialoghi semiseri e caratterizzazioni bizzarre (l'industriale della Baruffi Cosmetici interpretato da Renzo Palmer), il film non cela neppure troppo la sua anima nera che profetizza una società in cui i lettori cercano roba "volgare, violenta, aggressiva, nevrotica, senza nessuno scrupolo esattamente come è la gente e il mondo a cui è destinata", manifesto programmatico chiaramente esposto dal figlio del capo del quotidiano al padre che, almeno a parole, è ancora legato a un modello di giornalismo non sensazionalistico. L’antipedagogica di Barigozzi, il cui microcosmo familiare sta per la società, dipinge un mondo di persone amorali e bramose di successo e disposte a tutto per ottenerlo. Morale impacchettata in un giallo che spazia dalla tradizione classica (Ellery Queen) a quella argentiana con tanto di primissimi piani dell'occhio del killer e soggettiva di visione dell'assassino. L’arma bianca di quest’ultimo, però, non è la lama ma il martello con sottile riferimento all’iconografia socialista. Film valido, sia dal punto di vista tecnico sia del cast; una piccola parte anche per Sydney Rome. Sarebbe rasserenante definirlo un giallo grottesco ma il Mostro è definibile, piuttosto, una tragicomica riduzione cinematografica della realtà quotidiana, simpaticamente eversivo nello sbeffeggiare lo spaghetti giallo (e chi lo guarda) in una scena che vede Barigozzi etichettare la Morte cammina con i tacchi alti (1971) come un racconto che non sta né in cielo né in terra ma gradevole per il pubblico in virtù di sbudellamenti e rantoli. Bello e cupo il finale.
TRIVIA
Luigi Zampa (1905-1991) dixit: “Ho sempre preferito gli ambienti veri perché significa trovare la vita” (cinemonitor.it).
⟡ Il figlio di Dorelli è interpretato da Enzo Santaniello, il bimbo che, all'inizio di C’era una volta il west (1968), viene ucciso da Henry Fonda, altro film sceneggiato da Sergio Donati.
⟡ Nello studio televisivo dove viene trovato morto il nonno raccontafavole, su uno schermo appare il faccione di Baccaro (la Bestia in calore, 1977).
Regista:
Luigi Zampa
Durata, fotografia
94', colore
Paese:
Italia
1977
Scritto da Exxagon nell'anno 2008; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
