Orozco the Embalmer

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Voto:

Film documentaristico.

LA RECE

Passo ulteriore della shockumentaristica: qui si rifiuta qulsiasi artificio o messa in scena e si presenta la morte nella sua cruda realtà. Prodotto idoneo ad un numero molto ristretto di spettatori.

Piccola vita e grandi opere del self-made-embalmer Orozco, ometto che ha dato una sistemata a circa 50.000 mila cadaveri prima di interrarli per poi finire lui, six feet under, a causa di un’ernia causata dal tirare su e giù i morti, e, ria sorte, non guadagnandosi nemmeno un’imbalsamazione né una tomba. Il giapponese Tsurisaki, prima regista hard, poi fotografo tanatofilo, mescola la shokumentaristica più rivoltante e un certo lirismo obitoriale in aria di Stan Brakhage (the Act of seeing with one's own eyes, 1971) e ci presenta la vita gramissima di una delle città più fetenti della Colombia, con il carico da cento relativo al fatto che tutto il documentario ruota intorno all’attività di Froilan Orozco, imbalsamatore che di lavoro ne ha parecchio a El Cartucho dove vive, luogo ameno in cui l’omicidio è fattaccio comune e ispezionato sul marciapiede da un pubblico di minori ormai assuefatto ai rigagnoli di sangue sull’asfalto. Tsurisaki, forse per sfizio un po’ suo, non ci risparmia nulla delle procedure legate al trattamento dei morti, dal recupero in strada, all’eviscerazione e cucitura in una stanza che pare lo sgabuzzino nel quale la buon’anima di mio nonno teneva gli strumenti dell’orto. Caveat seriosissimo: questa pellicola mostra cose, e con dovizia di particolari, che potrebbero davvero causare malessere in buona parte dei comuni spettatori, ivi compreso il cadavere di un neonato che viene preparato per la piccola bara bianca. Chi, comprensibilmente, non si volesse cimentare nella visione, mancherebbe di vedere (ma si può vivere senza): il grezzo riprendere del regista coerente con gli ambienti delle favelas; la disperata esistenza di chi si trova a nascere in luoghi dove il peggiore detta la legge del brutto e dello sbagliato; la svelta cura degli imbalsamatori che danno quel minimo di decoro alla morte; la passiva e pacifica sorte dei cadaveri sventrati e ricompattati anche con pallottoloni di giornali e, infine, una metaforica eclissi perfino troppo didascalica nel dire quel che vuole dire. Personalmente, più che i cadaveri, che sono quello che sono in ogni parte del mondo, colpisce la testimonianza di una realtà sociale devastante – quella delle strade di El Cartucho dove la vita umana ha scarso valore – senza offrire facili risposte o consolazioni; in questo senso, il lavoro di Tsurisaki si avvicina a quello di Wiseman nei suoi documentari istituzionali come Titicut Follies (1967), ma spingendosi ancora oltre nella sua implacabile rappresentazione dell'abiezione in cui sono i vivi, in qualche modo, ad essere già morti pur non essendolo ancora. Lunghetto, grezzo, inadatto a buonissima parte degli spettatori e non vedibile più di una volta; tuttavia, ad Orozco the embalmer un certo terminale lirismo lo si riconosce, fosse solo per quel salto in una dimensione antropologica da incubo che ci regala, stando, noi, con i piedi al caldo. Bello nella sua ineffabile bruttezza.

TRIVIA

Kiyotaka Tsurisaki (1966) dixit: “Credo che la mia espressività artistica sia una cosa preziosa in questo mondo. Ma il conservatorismo globale ci sta purgando. Se nelle mie opere vedete qualcosa che va oltre i cadaveri, dovreste sentirvi privilegiati per la lotta che state conducendo per la libertà di espressione” (filmbizarro.com).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Orozco el embalsamador

Regista:

Kiyotaka Tsurisaki

Durata, fotografia

91', colore

Paese:

Giappone

Anno

2001

Scritto da Exxagon nell'anno 2018; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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