Oscar insanguinato
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Alle idi di marzo, un critico teatrale è chiamato ad occuparsi di uno stabile decrepito che possiede a Londra ma verrà attirato in quel luogo per essere ucciso. L'omicida è Edward Lionheart (Vincent Price), un attore shakespeariano creduto morto. Lionheart vive in un teatro abbandonato e medita, e mette in pratica, una tremenda vendetta nei confronti dei critici che non gli hanno attribuito il giusto valore e il dovuto premio. Edwina (Diana Rigg), figlia di Lionheart, è una delle prime sospettate mentre gli omicidi si susseguono in modo da ricalcare i drammi scritti dal Bardo d’Inghilterra.
LA RECE
Senza sacrificare il piacere viscerale dello spettacolo, questo horror nel quale Price dà il destro e il sinitro, offre notevoli riflessioni meta-critiche. Must.
Una delle più brillanti escursioni nel territorio della black comedy horror degli anni '70 con un'opera che "eleva il sottogenere della vendetta dell'artista incompreso a una vertiginosa meditazione metateatrale sulla critica come forma di parassitismo culturale" (Kim Newman); una brillante riflessione sulla natura cannibalistica della critica attraverso la messa in scena del cannibalismo stesso. La sequenza in cui il critico Morley (Robert Morley) viene costretto a divorare i suoi amati barboncini - ricreando la scena di "Tito Andronico" - rappresenta l'apice di questo approccio. La critica, suggerisce il film, si nutre parassitariamente dell'arte che pretende di giudicare e Lionheart restituisce questo processo con crudele ed ironica simmetria poetica. Questo film di Hickox, infatti, si inserisce in quella fertile tradizione britannica del gotico ironico nel quale l'orrore si fonde con una vena di humour nero tipicamente british. Vincent Price offre, con la sua interpretazione di Edward Lionheart, lo zenit della sua personale e riconoscibilissima cifra attoriale, indossando in pieno l'archetipo dell'attore gotico che lui stesso ha contribuito a cristallizzare nel cinema horror. L'uso del corpus shakespeariano rispecchia una tragedia del Bardo: dalla decapitazione ispirata al Cimbelino, all'accoltellamento multiplo evocativo del Giulio Cesare, fino all'annegamento in una botte di vino che richiama Riccardo III; in più, Lionheart recita il lamento per Cordelia alla figlia. Questa stratificazione di riferimenti insieme alle varie uccisioni creative e piene di black-humor generano un notevole carnevale grandguignolesco che si declina in set elaborati - dai teatri abbandonati ai centri estetici, dalle cucine industriali alle dimore vittoriane decadenti - a creare una Londra città palcoscenico reale e fantasmagorica. Psicologicamente curioso il personaggio di Edwina, figlia e complice di Lionheart, la cui relazione con il padre evoca marcate suggestioni edipiche (o di Cpmplesso di Elettra, per usare una terminologia Junghana però mai accolta da Freud) che si fa strumento della compensazione narcisistica del padre. La performance di Rigg, che mescola devozione filiale e ambiguità sessuale, crea un controcanto perfetto all'esagerazione barocca di Price. Rispetto all'antecedente diretto, l'Abominevole Dr. Phibes (1971), Oscar Insanguinato abbandona le atmosfere art déco e il surrealismo stilizzato per abbracciare un'estetica più sporca e viscerale, con scene di sangue di livello più marcato a segnare anche la transizione del cinema britannico verso l'estetica più gore che caratterizzerà gli anni '70"; occhi strappati, decapitazioni, elettrocuzioni vengono, però, sempre filtrate attraverso la lente dell'ironia e della teatralità. In un'epoca in cui il cinema horror iniziava a esplorare tematiche più nichilistiche e disturbanti, Oscar insanguinato conserva un'eleganza formale e una profondità intellettuale che lo rendono, paradossalmente, tanto sanguinoso quanto raffinato. La sua influenza, o per lo meno la sua narrativa, oltretutto, è rintracciabile in opere successive come Seven (1995) di David Fincher, oltre, ovviamente, ai revenge movies in generale. Imperdibile.
TRIVIA
⟡ Il nascondiglio di Lionheart era il teatro Putney Hippodrome costruito nel 1906 e operativo per 40 anni prima di essere chiuso e usato come location per questo film. Il teatro, dismesso, venne noleggiato per 127 dollari a settimana (750 aggiornati al 2020) e se ne bruciò anche una parte per la scena finale. Nel 1975, il teatro fu demolito e, in loco, fu costruito un condominio.
⟡ Price considerava questo film il suo preferito fra quelli nei quali aveva recitato; anche Diana Rigg pensava la medesima cosa circa la propria performance.
⟡ Durante la produzione, Price s’innamorò dell’australiana Coral Browne e la liaison fu incentivata da Diana Rigg che, sul set, si accorse della simpatia fra i due. Nel 1974, Price e la Browne si sposarono; era la terza moglie dell’attore. I due saranno separati solo dalla morte di lei, avvenuta nel 1991 per cancro alla mammella. La Brown, di questo matrimonio, dirà: “Sposai Vincent Price quando già entrambi avevamo una certa età [lei 61 anni, lui 63]. Ciò avvenne principalmente perché, pur essendo Vincent a volte umorale e spaventoso, la solitudine è ancor più spaventosa. Senza un marito, anche un’attrice non è che venga invitata fuori molto spesso”.
⟡ Il film fu girato tutto in esterna; nessuna scena venne realizzata in un teatro di posa.
⟡ Il nome Edwina deriva da quello di Edwina Booth, figlia dell’attore Edwin Booth (1833-1839) considerato il più grande interprete shakespeariano di tutti i tempi, peraltro fratello di John Wilkes Booth, colui che uccise Abraham Lincoln.
⟡ La tomba di Lionheart è, in effetti, un monumento esistente al Kensal Green Cemetery di Londra. Esso appartiene alla famiglia Sievier e si compone della statua di un uomo seduto che poggia una mano sulla testa di una donna inginocchiata in adorazione e l’altra mano su una bibbia aperta su un passaggio del Vangelo di Luca. Il monumento fu alterato per le necessità filmiche con maschere plastificate in modo che il volto dell’uomo divenisse quello di Price, quello della donna dell’attrice Rigg e la bibbia diventasse uno scritto di Shakespeare.
Titolo originale
Theatre Of Blood
Regista:
Douglas Hickox
Durata, fotografia
104', colore
Paese:
UK
1973
Scritto da Exxagon nell'anno 2008; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
