Punto di non ritorno
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Voto:
L’astronave Event Horizon, in orbita intorno a Nettuno e progettata per superare la velocità della luce, sparisce nello spazio nel 2047 per poi riapparire 35 anni dopo. Al recupero viene mandato il capitano Miller (Laurence Fishburne), la sua ciurma e William Weir (Sam Neill), l'ingegnere che aveva progettato la nave. Il gruppo troverà l’astronave deserta ma presto verrà turbato da strane allucinazioni.
LA RECE
Suggestioni lovecraftiane da orrore cosmico e mood da gothic-sci-fi. Poteva essere un fantahorror di grande caratura se la produzione avesse avuto maggior coraggio ma le ragioni commerciali prevalsero. Merita il recupero.
Uno dei film più interessanti di Anderson, sicuramente migliore di quanto fu Mortal kombat (1995) il cui successo convinse la Paramount a finanziare l’oscuro soggetto fantahorror scritto da Philip Eisner, il quale era stato colpito da poco da una tragedia familiare, cosa che sicuramente ha inciso sul mood del suo lavoro. Per cogliere l’opportunità di girare Punto di non ritorno, Anderson rinunciò alla regia di X-Men (2000), X-Files - il film (1998) e Alien - la clonazione (1997) finendo, tuttavia, per vedere la sua creazione di 130 minuti tagliata di una buona mezz’ora poiché le rappresentazioni infernali ispirate ai quadri di Hieronymus Bosch non erano piaciute né ai produttori, né all’MPAA che aveva rifilato il rating NC-17 alla prima versione sottopostagli. Benché nel 2012 fosse stato annunciato il rilascio di un director’s cut del film, lo stesso Anderson dovette capitolare nel 2017, riferendo che la maggior parte dei tagli erano ormai irreperibili. La perdita del materiale video più forte è un brutto colpo per un film la cui particolarità nel panorama sci-fi riguarda proprio l’idea di ibridare suggestioni provenienti da Hellraiser (1987) e Solaris (1971) con ambientazioni e dinamiche della fantascienza più classica, arrivando a influenzare, forse, il successivo Sfera (1998) e, sicuramente, l’acclamato Interstellar (2014), almeno nella parte della spiegazione del viaggio nello spazio-tempo illustrato piegando un foglio. Ovviamente, qualche assurdità va accettata per amore delle didascalie necessarie al pubblico lento: il team di astronauti si presenta e fa briefing dopo milioni di chilometri e non sulla Terra prima della missione! L’idea di una nave spaziale che infranga le leggi della relatività e finisca una zona dello spazio-tempo, o altra dimensione, dominata da un Male infernale è, però, suggestiva e ben svolta da un cast di tutto rispetto che vede un Laurence Fishburne convintissimo a un passo dall’epicità di Morpheus alla guida della Nabucodonosor di Matrix (1999). La realizzazione altalenante, le gratuite e consuete esplosioni e un digitale che oggi sembra un po’ vecchiotto non tolgono dignità a un esperimento cinematografico che avrebbe avuto bisogno di più tempo e più coraggio puntando a un target capace di sopportare visioni intense. Di davvero interessante, si coglie lo spunto lovecraftiano, per cui l'esposizione a dimensioni alternative che trascendono la comprensione umana porta inevitabilmente alla follia, nonché un'atmosfera che definirei "gotico fantascientifico", cioé una fusione tra tecnologia futuristica e tematiche soprannaturali che riflettono l'ansietà postmoderna verso un progresso tecnologico che sfugge al controllo umano. La distribuzione italiana, ad ogni modo, dà il colpo di grazia e titola Punto di non ritorno, condizione della fisiologia maschile relativa al momento in cui non è più possibile trattenere l’eiaculazione, mentre Event horizon, orizzonte degli eventi, è, in astrofisica, la zona nei pressi di un buco nero superata la quale non è più possibile sfuggire all' enorme attrazione gravitazionale del buco stesso; avranno pensato che, trattandosi comunque di buchi, non avrebbe poi fatto troppa differenza. Film curioso, abortito nelle sue intenzioni e, forse, graficamente violento per gli spettatori più sensibili, in attesa di un rimontaggio con gli scampoli di pellicola se mai potranno essere recuperati.
TRIVIA
⟡ Nella sequenza iniziale del sogno nella Event Horizon, in un libro svolazzante si può vedere una foto del regista col suo nome.
⟡ La Event Horizon è stata modellata pensando alla cattedrale di Notre Dame; l’interno, in effetti, è pieno di parti a forma di croce e la sua forma complessiva è quella di una croce. Il modello della Event Horizon include un X-Wing preso da Guerre stellari come parte di un’antenna. Il modello è visibile nella porzione più bassa della Event Horizon durante il primo flyby fatto dalla nave di soccorso.
⟡ Quando il dottor Weir, nella sequenza iniziale, apre gli scuri, il suono udibile è un campionamento del rumore delle porte che si aprono nel videogioco Doom.
⟡ Il corridoio rotante chiamato Tritacarne fu disegnato in modo che ricreasse i cerchi dell’Inferno secondo la rappresentazione dantesca. La rotazione del corridoio, tuttavia, aveva un effetto di disorientamento, sia sugli attori che sui cameramen, tale da far perdere l’equilibrio. Si dovette procedere a riprese con cinepresa fissa.
⟡ La tuta spaziale indossata dagli attori pesava 30 chili e fu soprannominata Doris da Laurence Fishburne. La struttura della tuta impediva di sedersi ma, al contempo, per il peso, generava gravi mal di schiena agli attori, quindi si procedette a costruire dei ganci a parete ai quali appendersi per riposarsi fra le riprese.
Titolo originale
Event Horizon
Regista:
Paul W. S. Anderson
Durata, fotografia
95', colore
Paese:
UK, USA
1997
Scritto da Exxagon nell'anno 2006 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
