il Signor Diavolo
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Voto:
È possibile, nel secondo decennio del XXI secolo, riesumare con successo le atmosfere del Polesine tipiche dell'horror avatiano proposte efficacemente ne la Casa dalle finestre che ridono (1976) e Zeder (1983)? È possibile se, a farlo, è Pupi Avati stesso con la non trascurabile variazione della desaturazione in color correction, cosa che tanti ha infastidito (ma poi così male non è), per raccontare la storia di un paesino livido in cui alberga un Male foraggiato e custodito da Santa Madre Chiesa, con tanto di Democrazia Cristiana a fare da scudo. Il film parte sussurrato, manco fosse un Ermanno Olmi-movie, poi si apre agli orrori di paese ai quali il buon Pupi ci ha abituato, qui, però, con tocco demonologico. Per la bisogna, il regista chiama all'appello un plotoncino di volti del cinema che fu: Sonetti, Haber, Capolicchio, Fabio Ferrari de i Ragazzi della Terza C (1987-1989), Iskra Menarini che era una delle due che ballava in "Attenti al lupo" di Dalla; c'è pure Andrea Roncato pensionato dell'Ufficio Pacchi. Manca giusto la Gegia. Io, laudator temporis acti, mi invaghisco dell'infermierina un poco stronza ma tanto anni '5O interpretata da Ludovica Pedetta, ma uno più dritto di me potrebbe sudare per Ariel Serra che fa le punture. A livello attoriale, comunque, svetta Chiara Caselli. Disorientante più che inquietante, soprattutto nel finale, ma l'atmosfera malsana che tocca tutti, proprio tutti, la si respira. Non è un film memorabile solo perché non sono più quei tempi, ma Avati, a questo punto, può essere incoronato come il grande vecchio dell'horror italiano, capace di rifarsi il verso e con decoro; cosa che ad Argento, tanto per dire, non è riuscita. Peccato per quella locandina fatta davvero con i piedi.

Regista:
Pupi Avati
Durata, fotografia
86', colore
Paese:
Italia
2019
Scritto da Exxagon nell'anno 2021; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0