lo Spirito dell’Alveare
Voto:
Villaggio castigliano, 1940, un anno dopo la fine della guerra civile spagnola. In una fattoria isolata vive la famiglia composta da Fernando (Fernando Fernán Gómez), apicoltore e poeta perso nei suoi pensieri, Teresa (Teresa Gimpera), moglie malinconica che scrive lettere a un amore forse perduto in guerra, e le loro due figlie: Isabel (Isabel Telleria) e la piccola Ana di sei anni (Ana Torrent). Un giorno, il cinema itinerante arriva in paese portando con sé il Frankenstein (1931) di James Whale. Per Ana, quella proiezione diventa un'esperienza traumatica e affascinante insieme.
LA RECE
Tutto nei film è falso, come dice Isabel ad Ana, ma negli occhi della piccola c’è una verità che rarissimamente capita di vedere non solo nei film ma, spesso, anche nella vita. Ana Torrent, non volendolo, ci regala una delle migliori performance infantili della storia del cinema. Film che merita il mito che lo circonda.
Film d’esordio di un poco prolifico, ma dotatissimo, Vìctor Erice (tre film in 50 anni); considerato da alcuni il miglior film nella storia del cinema spagnolo, e da tutti come un film se non eccelso, comunque di grande intensità; imperdibile per Ebert, Kurosawa, Schneider, la Criterion. Perché sarebbe così bello un film che, indubbiamente, è anche lento e criptico? Ci sono ragioni strettamente tecniche che potrebbero rendere rilevante la produzione di questo film, come, ad esempio, il fatto che esso contenga esattamente 1000 inquadrature in totale, composte in una geometria di 500 realizzate in interni e 500 in esterni; oppure, il fatto che Il direttore della fotografia Luis Cuadrado stava diventando cieco all'epoca delle riprese e, pur in quelle condizioni, riuscì a dipingere fotogrammi con gialli e marroni tenui immersi fra luci e ombre. Ci sono messe in quadro che potrebbero facilmente risultare come opere in una galleria d’arte; provate a catturare qualche immagine nella sequenza in cui la mamma pettina Ana che intanto parla di spiriti, e capirete cosa dico. Tre, però, sono le aree tematiche che meglio evidenziano il perché della definizione di capolavoro per lo Spirito dell’alveare: la descrizione del mondo immaginifico infantile, la piccola Ana Torrent, il coraggio di un film che obbliga lo spettatore a percepire più che a spiegare o farsi intrattenere. Partiamo dal fondo. In anni di narrazioni urlate, didascaliche, violentemente “corrette”, il lavoro di Erice resta un manifesto di resistenza alla dinamicità obbligata, all’editing da videoclip, alla narrativa a lettere cubitali. Questa pellicola, più oggi che ieri, chiede di rallentare, ascoltare, abbandonarsi, rimanere ipnotizzati da parole sussurrate come in un ASMR, piccoli gesti, sguardi che trasmettono l’invisibile che è al di sotto delle cose, e l’emozione ad essa connessa. Lo splendore di questo film è anche, e soprattutto, incarnata nella dolcezza della piccola Ana, la stessa attrice Torrent che rivedremo, ben più grande, nell'horror Tesis (1996). Scelta di casting da Oscar. Quella bimba di sei anni porta nel film il miracolo della naturalezza, di una non-recitazione, i suoi occhioni enormi, il suo sguardo curioso e la percezione dei pensieri che percorrono la sua mente prima che apra bocca, i proverbiali sguardi più loquaci di mille parole. Questo è il mezzo con il quale lo Spirito dell’Alveare pare descriverci il processo tramite i quale l’infanzia genera i propri significati, la semantica che poi diverrà la logica adulta. Ciò attraverso il processo del “mythos”, cioè del racconto magico, fantastico, che permette a qualsiasi atto del quotidiano di diventare “altro”, simbolo, magia: i funghi, i fantasmi, i mostri, il fuggitivo che diviene il Mostro di Frankenstein e, quest’ultimo, simbolo del potere stesso del cinema che ha di cambiare la percezione della realtà di una bambina che, mischiando finzione e verità, affronta l'orrore del mondo adulto (forse un abuso sessuale alla fine, ma non è chiarito) attraverso il filtro protettivo della fantasia. Il tutto, incorniciato dal dramma del periodo franchista non mostrato apertamente se non tramite il soldato braccato e, ancor più simbolicamente, dalla famiglia delle due bimbe; una famiglia emotivamente inefficiente che vive in una casa con le finestre esagonali color miele come le celle di un alveare in cui ciascuno occupa il proprio spazio senza davvero comunicare: papà Fernando si rifugia nel suo studio pieno di libri ossessionato dalla cura per le sue api, Teresa vaga per stanze vuote scrivendo lettere di sentimenti e nostalgia. Api intrappolate nelle loro celle, se non fosse per gli occhi di quella bambina. Superbo. Ma va ripetuto: lo Spirito dell'alveare è un film alla cui visione occorre abbandonarsi, così come ai suoi tempi; si tratta di una pellicola dalla lentezza liturgica ed i dialoghi ridotti al minimo, inquadrature dilatate e dettagli forse insignificanti. Forse. Per chi riuscirà a sintonizzarsi con il suo sentire, sintesi di mistero e normalità, la ricompensa sarà lauta.
TRIVIA
Víctor Erice Aras (1940) dixit: “"In realtà, non me ne sono mai andato. In questi anni ho continuato a girare. Ho prodotto cortometraggi, mediometraggi, videoinstallazioni. Non ho smesso di lavorare come regista. A meno che non si pensi che l'unica cosa che conta, quella che dà garanzia di esistenza, sono le regole dettate dal regime dell'Audiovisivo” (Fotogramas.es).
⟡ Il direttore della fotografia Luis Cuadrado stava diventando cieco all'epoca delle riprese di questo film. Un assistente scattava delle Polaroid delle scene e Cuadrado dirigeva l'illuminazione osservando queste immagini attraverso una lente d'ingrandimento. Nel 1980 Cuadrado si suicidò dopo essere diventato completamente cieco e colpito da un tumore cerebrale; aveva 46 anni.
⟡ Ana Torrent , che aveva sei anni al momento delle riprese, credeva che il mostro di Frankenstein esistesse davvero. La prima volta che vide l'attore che interpretava il mostro completamente truccato, rimase terrorizzata e, in seguito, gli chiese perché avesse ucciso la bambina (nel film Frankenstein, 1931). L'attore non seppe cosa rispondere.
⟡ Nell'intero film non c'è un'inquadratura che ritragga tutta la famiglia in un unico fotogramma: anche nella scena della cena, gli attori vengono mostrati separatamente.
⟡ I veri nomi di battesimo di attori e attrici vengono utilizzati come nomi per i personaggi principali. Questo perché Ana Torrent , che all'epoca aveva solo sei anni, era confusa dai diversi nomi usati sul set e fuori.
⟡ Ana Torrent avrebbe poi recitato in un altro capolavoro spagnolo, Cría cuervos (1976) di Carlos Saura, consolidando il suo status di icona del cinema iberico degli anni Settanta.
⟡ Nel 1998, 25 anni dopo la sua uscita, il film è stato riportato nella cittadina di Hoyuelos, dove era stato girato, con una proiezione speciale per i suoi 92 residenti.
⟡ L'edificio abbandonato accanto al pozzo era in realtà una stalla abbandonata.
Fast rating

Titolo originale
El espíritu de la colmena
Regista:
Víctor Erice
Durata, fotografia
98', colore
Paese:
Spagna
1973
Scritto da Exxagon nell'ottobre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
