Subconscious cruelty

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Voto:

Il film si compone di quattro episodi. Ovarian eyeball; una riflessione delirante sul concetto di nascita. Human larvae: un fratello morboso accudisce la sorella incinta e, quando arriva il tempo del parto, uccide il neonato e la donna. Rebirth: un baccanale fra l'uomo e Madre Terra. Right brain/martyrdom: un uomo si masturba e viene poi proiettato in una dimensione nella quale, nei panni di Cristo, viene martirizzato da donne più che eccitate.

LA RECE

Rara intensità visionaria che si colloca nell'alveo del cinema estremo. Hussain costruisce un universo visivo che dialoga con Cronenberg, Buñuel ed altri esegeti dell'eccesso spingendo l'estetica horror verso territori ancora più estremi e psicologicamente destabilizzanti. Forse che la vera crudeltà subconscia risieda nella nostra capacità di consumare violenza esteticizzata come intrattenimento?

Sei anni e mezzo di lavoro a causa della perdita del negativo per motivi legali, 100.000 dollari spesi e un "banned" conquistato in terra patria. Il direttore della fotografia Karim Hussain (Hobo with a shotgun), qui al suo primo lungometraggio, dice la propria sulla differenza fra emisfero sinistro del cervello, l'emisfero razionale, e quello destro legato all'immaginazione e alla fantasia (un leitmotiv neuropsicologico, questo, non così categorico nella realtà dei fatti), non trascurando la connaturata violenza dell'essere umano. Occorre dare atto che gli effetti speciali sono davvero ben curati, così come lo è la regia e, non sorprendentemente, la fotografia. Il risultato finale, però, suona parecchio forzato con quelle atmosfere che vogliono essere a tutti i costi arty, parallelamente ad un incontenibile livello exploitation. Qualche novizio del cinema bizzarro che dovesse incappare in questa pellicola potrebbe pensare di aver trovato il non plus ultra dell'ultragore e della violenza su schermo. Innegabile che Hussain ci sia andato giù molto pesante con le immagini e che il suo "parto forzato" eclissi, per efferatezza e disgusto, la consimile scena di Antropophagus (1980). C'è anche dell'altro: cannibalismo, blasfemia, sesso esplicito, pissing. Eppure è tutta roba che arriva con un ritardo di 20 o 30 anni in ambito di produzioni estreme. Hussain rielabora il cinema controculturale, lo mescola con tocchi bunuelliani (altra roba già fatta) e si fa interprete delle lezioni di Cronenberg e Lynch. Subconscious cruelty non è un prodotto malfatto ma è, in qualche modo, inutile perché non aggiunge nulla di realmente nuovo e si gioca tutto sull'aggressività delle immagini, sulla bizzarria e sul sesso anche un po' facilone: un uomo, che non conosce i Kleenex, si masturba davanti a un film porno e poi lancia lo sperma contro lo schermo. Ok. D'altra parte, uomini e donne nudi, sporchi di fango, che si scopano il morbido e caldo terriccio di Madre Natura con l'aria di aver recuperato il loro equilibrio cosmico fanno comune hippy. Hussain accatasta immagini già viste e "nuove" aberranti trovate per accalappiarsi la fetta degli spettatori più scalmanati: sodomizzare Cristo con un bastone, come si può vedere nel film, suona come una trovata troppo facile per far parlare di sé, e Hussain, indubbiamente, c'è riuscito. Hussain sembra suggerire, con sottile ironia postmoderna, e questo è il vero plus dell'operazione, che la vera crudeltà subconscia risieda nella nostra capacità di consumare violenza esteticizzata come intrattenimento. La cura tecnico-realizzativa fa di Subconscious cruelty un prodotto per il quale è facile parteggiare, anche perché ci sono altre pellicole di questo tenore molto più becere e raffazzonate; quindi, l'appassionato di cose estreme, e solo quel tipo di spettatore, ci butti un occhio. Nel salotto buono potrà dire di aver visto uno dei film visivamente più violenti, senza che, come succede spesso, si tratti di un'affermazione esagerata.

TRIVIA

Karim Hussain (1974) dixit: "Subconscious cruelty è qualcosa che mi ha traumatizzato da quando avevo 15 anni. Ho lavorato a una versione in Super-8 di Subconscious cruelty per molti anni. Ho iniziato in un posto molto brutto chiamato Ottawa, una città molto conservatrice del Canada dove sono cresciuto. Facevo lavoretti di fortuna da quando avevo circa 7 anni e mi sono comprato una Super-8 con la quale giravo film. La versione in Super-8 aveva richiesto alcuni anni. Poi sono venuto a Montreal dove ho incontrato Mitch Davis [...] Alla fine abbiamo avuto accesso a dei soldi per fare un film, il che è stato strano, perché era come uno starno patto suicida. Era l'inizio degli anni '90, un periodo intenso per molte persone. C'era molta oscurità intorno, e buttarsi nella produzione del film era un modo per inglobare tutti quei demoni e intrappolarli in una prigione di celluloide. Quindi era davvero una ragione per sopravvivere, per vivere, per vedere il giorno dopo" (offscreen.com).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Id.

Regista:

Karim Hussain

Durata, fotografia

92', colore

Paese:

Canada

Anno

2000

Scritto da Exxagon nell'anno 2005 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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