la Tortura delle vergini
-
Voto:
Austria del '700. Albino (Reggie Nalder), con la scusa della caccia alle streghe, stupra e manda a morte sommariamente alcune poverette. Il conte Cumberland (Herbert Lom) e l'assistente Christian (Udo Kier) controllano l'operato di Albino che, adesso, se la prende con Vanessa (Olivera Vuco) della quale Christian è innamorato. Eliminato Albino, Cumberland si rivela non meno crudele e Christian gli si schiera contro.
LA RECE
Exploitation tedesco che tentò di replicare il successo de Il Grande Inquisitore ma senza il carisma di Vincent Price e con una gran voglia di scioccare la platea con scene di tortura da roughie sexploitation. Fortunatamente, non tutto si riduce alla violenza e al titillamento sessuale. Storia e attori reggono. Meno violento di supporto, nondimeno violento.
Truce film tedesco, diretto da un austriaco, che tentò di capitalizzare sul successo de il Grande inquisitore (1968) ma che non ne supera le qualità per tre essenziali motivi. Prima di tutto, qui manca Vincent Price a metterci la faccia, e la mancanza di un attore di livello si avverte; per compensare, si usano due cattivi al posto di uno ma, come insegnava la vecchia pubblicità di un detersivo, lo scambio non è mai auspicabile. Albino aggancia più per il volto realmente ustionato dell’attore Nalder che per la recitazione un po' sopra le righe; meglio il Conte Cumberland interpretato con vigore da Lom, di certo un antagonista più sfaccettato rispetto al primo. Questi personaggi rappresentano due volti del potere: Albino il più violento, mentre Cumberland il più rispettabile ma i due personaggi sono così diversi che si rischia di perdere questo lato sinergico del potere. Secondo punto a sfavore, la Tortura delle vergini mette da parte qualsiasi riflessione sulla permeabilità al male nel momento in cui separa nettamente fra personaggi negativi e un protagonista positivo interpretato da un giovanissimo Udo Kier dall'occhio di ghiaccio, alla quinta apparizione su schermo ma al primo film che riscosse davvero successo; qui è un po' gessoso ma vale la pena vedere uno dei pochi ruoli in cui Kier non sia un cattivo. Si perde anche la riflessione sulla corruzione del potere costituito, elemento che contraddistingueva la pellicola del ’68: nel film di Armstrong, il male procede da una corruzione personale e non sociale; l'ignorante superstizione del popolino faceva il resto. Terzo motivo, l’eccessiva centralità delle scene di tortura e sadismo. Se già ne il Grande inquisitore s’infiltrava l'exploitation, ne la Tortura delle vergini: il compiacimento per le sequenze di tortura su giovani donne seminude è massimo, e tali scene sono inserite qua e là con un montaggio un po' affrettato; è presente anche una scena di sesso inserita in maniera così secca che pare che qualcuno abbia “cambiato canale”. La violenza sulle donne accusate di stregoneria ha il gusto dei roughies della seconda metà degli anni '60 ma con quella cattiveria in più degli anni '70. Ad ogni modo, la Tortura delle vergini non è un film che può essere giudicato solo all'ombra del consimile del ‘68 nonostante il suo desiderio di cavalcarne l'onda porti necessariamente al confronto. Preso per quello che è, il film è di sicuro intrattenimento a patto di avere dimestichezza con l'exploitation. Alcuni elementi tradiscono la natura bis dell'operazione: uno score musicale il più delle volte non azzeccato, grandi primi piani dei volti dei protagonisti stile fotoromanzo, e alcuni gustosissimi fotogrammi disegnati che stanno a rappresentare il dolore di un occhio perforato. La storia, però, è interessante, il finale non conciliante e gli attori di mestiere. Il regista Armstrong, di buona mano, girerà solo un altro horror (Screamtime, 1983) e poi sparirà dalle scene relegando la propria attività in ambito teatrale. Cult per le scene di violenza e per la furia con cui la censura ci si è gettata sopra. Da vedersi in double-bill con le Streghe nere (1973).
TRIVIA
Michael Armstrong (1944) dixit: “Ho voluto mettere la platea in condizione, per un momento, di vedere davvero, una dietro l’altra, queste cose orribili, brutali, crude che le persone possono fare ad altre persone in nome di Dio” (YouTube).
⟡ Alcuni cinema, che al tempo proiettarono il film, distribuirono anche dei sacchetti per il vomito agli spettatori. Su questi sacchetti campeggiava la scritta: "Questo sacchetto per il vomito e il prezzo di un'entrata vi daranno la possibilità di vedere il primo film con rating V per la violenza. È garantito che vi scombussolerà lo stomaco”.
⟡ Il finale originale aveva un tono fortemente soprannaturale: i morti risorgevano e spingevano Christian nell'abisso. Tuttavia, il secondo alla regia, che odiava quel finale, chiese che i negativi venissero distrutti. Gli unici resti di quelle riprese sono alcune fotografie che possono essere viste come extra nel DVD.
⟡ La vita dell'attore Reggie Nalder, al secolo Alfred Reginald Natzick, è un vero mistero al punto che nessuno sa indicare con certezza la sua data di nascita: si va dal 1911 al 1922. Non è certo neanche il modo in cui l'uomo si sia procurato l'ustione al viso che, comunque, ha portato fortuna alla sua carriera da villain. L'attore ha dato almeno tre versioni diverse dell'accaduto. Nalder è morto il 19 novembre 1991 a Santa Monica (Califonia) per un cancro alle ossa.
⟡ Le storia del burattinaio accusato di magia, riportata nel film, è l'unica di cui si possa confermare l'autenticità. La storia originale, però, è diversa, senza moglie da stuprare per il giudice, ad esempio, ma non meno curiosa e inquietante. Intorno al 1650, il dentista Jean Briochè divenne parecchio famoso a Parigi e provincia per la sua bravura a manovrare le marionette. Con il suo spettacolo, egli girò tutta la Francia riscuotendo successo, quindi decise di andare in Svizzera a far conoscere la propria arte. Recatosi a Soleure, Jean diede rappresentazione di fronte a una vasta folla che rimase attonita, non avendo mai visto un burattino. Fra il pubblico iniziò a serpeggiare l'idea che Briochè fosse un mago e che quelle piccole creature loquaci fossero dei folletti demoniaci ai suoi ordini. Il pover’uomo fu portato in catene davanti ai giudici che lo condannarono ad essere arso vivo con tutto il suo bagaglio. Quando la sentenza stava per essere eseguita, fortunosamente arrivò a Soleure un certo Dumont, capitano delle guardie svizzere al servizio del Re di Francia, che riconobbe Briochè come l'uomo che l'aveva divertito con le sue marionette quando risiedeva a Parigi. Dumont chiese ai giudici di rinviare di un giorno l'esecuzione, tempo che gli permise di spiegare che nell'arte di Briochè non c'entrava nulla la magia. Il povero dentista con la passione delle marionette venne rilasciato e scappò a Parigi, giurando di non tentare mai più di far ridere gli Svizzeri. Di questa storia tristemente vera ne potete trovare notizia nelle “Lettere di Saint-André sulla magia: Dizionario d'aneddoti svizzeri”.
Titolo originale
Hexen Bis Aufs Blut Gequält
Regista:
Michael Armstrong, Adrian Hoven (non accreditato)
Durata, fotografia
1970', colore
Paese:
Germania
1970
Scritto da Exxagon nell'anno 2012 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
