Tre passi nel delirio
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Voto:
Metzengerstein. La viziosa Frederika (Jane Fonda) causa la morte del buon cugino Guglielmo (Peter Fonda) che di una donna così non sa che farsene. Un cavallo emerso da un arazzo porterà vendetta. William Wilson. Un malvagio militare austriaco (Alain Delon) è perseguitato dal suo doppio che, pur ucciso, porterà il primo al suicidio. Toby Dammit. Un famoso attore britannico (Terence Stamp) accetta l’ingaggio per un film da girarsi a Roma ma verrà perseguitato dal Male.
LA RECE
Horror ad episodi con tre grandi registi che, però, deludono per due terzi. Resta memorabile solo il segmento di Fellini. Pochino per un film che aspirava a molto di più.
Nei progetti, un kolossal composto da sette episodi offerti alla regia di altrettanti grandi cineasti che declinassero in arte filmica la penna di Edgar Allan Poe. La cosa si sgonfiò fino ad accontentarsi di tre grandi nomi: Orson Welles, Luis Buñuel e Federico Fellini con finale sostituzione dei primi due. Di Poe, razziato da Corman per anni a partire da i Vivi e i morti (1960), non erano rimasti che i racconti minori che i tre registoni, assolutamente non adusi agli accordi dell’horror, trattano con registro perlopiù vecchiotto e poco attento ad un pubblico già pronto a canoni più acuti. Vadim si avvale di fratello e sorella Fonda per mettere in quadro un dramma spennellato con toni rinascimentale ma con nessuna energia erotica, benché si dia molto da intendere che la bellissima Frederika sia una gran libidinosa. La fotografia di Claude Renoir convince ma l’episodio è frangigonadi e, da tutti, ritenuto vacuo, nonché il peggiore del trittico. Malle, anche lui, non si spinge molto oltre il carisma degli interpreti (Delon ma anche Brigitte Bardot) e racconta una storia di doppelgänger di strepitosa prevedibilità e toni barocchi che fanno rimpiangere Corman. Tre passi nel delirio, quindi, finisce per essere solo il Toby Dammit di Fellini che, pur con prolissità, si rifà piacevolmente al proprio ben noto immaginario abitato da personaggi bizzarri, per poi assestare un colpo visivo con la bambina e la sua palla di origine baviana (Operazione paura, 1966). Di Poe c’è poco, però Fellini fa anche un certo discorso sul mondo dello spettacolo che ha il suo drammatico fascino: una Dolce vita in chiave funerea che arriva anche a schernire Clint Eastwood che qualcuno cercò di far partecipare a le Streghe (1967) promettendogli una Ferrari. Portmanteau sfortunatamente perdibile dato che il calibro dei registi che avrebbe fatto sperare altro. Insomma, più curioso che riuscito.
TRIVIA
⟡ Per il ruolo di Toby Dammit furono presi in considerazione Marlon Brando e Richard Burton ma la parte andò a Peter O'Toole che, però, poi mollò il set.
⟡ Quando Toby Dammit arriva all’aeroporto di Roma, un prete, padre Spagna, presenta all’attore i due registi del film da realizzare, i fratelli Manetti (Maurizio ed Ernestino). Roma avrà successivamente due veri fratelli Manetti nel ruolo di registi di cinema di genere, Marco e Antonio.
⟡ Ai tempi, Roger Vadim era marito di Jane Fonda. I due si sposarono nel 1965, ebbero una figlia (Vanessa Vadim) e divorziarono nel 1973.
⟡ Durante le riprese di questo film, Peter Fonda era anche impegnato nella scrittura della sceneggiatura di Easy rider (1969). Terry Southern, che aveva lavorato con Vadim per Barbarella (1968), visitò il set sito a Roscoff (UK) e aiutò Fonda per lo script, guadagnandosi il titolo di cosceneggiatore.
Regista:
Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini
Durata, fotografia
121', colore
Paese:
Italia, Francia
1967
Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
