Una vergine per l'inquisitore
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Un prete, allarmato per il comportamento di una povera vecchia fedele, fa pressioni sulla nobile del luogo affinché venga convocato l’inquisitore Boblig von Edelstadt (Vladimír Šmeral), uomo iniquo e meschino che, dietro ad una fervente fede, mira ad arricchirsi con i beni confiscati agli inquisiti.
LA RECE
Cecoslovacco del 1970 basato su fatti storici reali che unisce la tradizione del cinema d'essai europeo con elementi del dramma giudiziario, lontano dall'exploitation tipico dei film di tortura nonostante il titolo fuorviante. Vávra costruisce una metafora anti-comunista sui meccanismi del potere e della delazione. Da riscoprire.
Dal romanzo di Vaclav Kaplický, “Kladivo na čarodějnice” (il martello delle streghe), un film ormai dimenticato e, almeno da noi, fiaccato da un titolo di distribuzione che travisa completamente la drammaticità del racconto, cercando di allettare il pubblico rapito dai fattori exploitation di pellicole quali la Tortura delle vergini (1970) o le Streghe nere (1973). Il lavoro del ceco Vávra si distingue non poco dal taglio che altri cineasti di altre nazioni diedero all’argomento stregonesco, benché la pellicola si apra con una raffinata sfilata di donne discinte. Vávra, considerato il padre della cinematografia ceca e protagonista della New Wave cecoslovacca, sembra rifarsi allo stile di pellicole di molto precedenti, con primi piani eloquenti che ricordano, ad esempio, Giovanna d’Arco del 1948 ma anche del '35. Tuttavia, una certa staticità di ripresa viene compensata da una ricca sceneggiatura che permette sia di evitare cadute di tono, sia di far emergere il racconto come metafora delle obliquità e delle ipocrisie del potere e di come esso renda impotente, per interesse individuale (fosse anche quello di salvarsi la vita), ogni individuo, anche il meglio intenzionato. A differenza di consimili, una Vergine per l’inquisitore non è l’occasione per mettere alla berlina lascivie e ipocrisie cattoliche, piuttosto per rimarcare gli abusi del potere e della politica e, come atteso, dato l’anno e il luogo d’origine, il film risulta una critica contro le metodiche comuniste che liquidavano gli oppositori e incentivavano la delazione; non a caso, il film sparì velocemente dai cinema e dalla tv ceca per riapparire solo nel 1989; anche qui, probabilmente non casualmente, non ha guadagnato grossa diffusione. Al centro dell’azione e al vertice della performance recitativa, il viscido inquisitore Boblig che recupera un reale personaggio storico, Heinrich Franz Boblig, il quale, fra il 1678 e il 1692, presso il castello della nobile famiglia Zierotin di Velké Losiny, istruì un terribile processo alle streghe nell'ambito della ricattolicizzazione di Boemia e Moravia. Bravo, però, anche Elo Romancik nei panni del sant'uomo che si vede accusare dall'amata portata alla pazzia dalla tortura. A proposito di quest’ultimo fattore, qui abbiamo scene di tortura non eccessivamente cruente per chi avesse dimestichezza con pellicole exploitation; pur essendo distante da i mezzucci del cinema roughie a basso costo, Kladivo na carodejnice, che rimane d’impianto art house, concede qualche ammiccamento al pubblico maschile ma mai in modo disturbante o grossolano. Finale, coerentemente, senza speranza. Film meritevole di recupero.
TRIVIA
Otakar Vavra (1911-2011) dixit: “Il cinema non è solo arte ma parte della cultura, e una parte molto importante dell'arte. Quindi, dobbiamo sapere come fare cinema come fenomeno culturale, non solo per divertirci o per fare soldi” (radio.cz)
⟡ Nessun dato, per ora.
Titolo originale
Kladivo na carodejnice
Regista:
Otakar Vávra
Durata, fotografia
103', b/n
Paese:
Cecoslovacchia
1969
Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0