Aftermath

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Voto:

Marta muore in un incidente stradale che consegue all'investimento di un cane. Il suo corpo, come di routine, viene sottoposto ad autopsia ma il cadavere finirà fra le mani di un anatomopatologo necrofilo (Pep Tosar) che strazierà i suoi resti mortali.

LA RECE

Pezzo di horror estremo che travalicò il limite ma che anche visto ora piazza la sua bella sberla. Non per la serata cinema in oratorio...

Nacho Cerdà, regista catalano professore presso l’Escuela de Cinema y Audiovisuales de Catalunya, prosegue con Aftermath la sua trilogia sulla morte, iniziata con the Awakening (1990) e chiu-sa da Genesis (1998). Dei tre, Aftermath è il più noto e il più eccessivo, un vero incubo per chi non è allenato all’horror underground e un discreto sgambetto anche per coloro che di pellicole horror ne hanno viste a bizzeffe. Girato in otto giorni con budget irrisorio, cadaveri finti ma in un obitorio vero, Aftermath mette in scena l'impresa di un medico che riesce a togliere dignità al corpo di una vittima, già vittima della sorte. La fotografia è chirurgica, fredda e tagliente. La telecamera non lesina in riprese di autopsie molto realistiche realizzate dagli effettisti della DDT che hanno compiuto un lavoro eccelso; l’audio è altrettanto coin-volgente. Il film è muto o, meglio, nessuno parla a parte un testo che viene letto all'inizio quasi come un caveat. Poi più nulla. Siamo lasciati alle immagini, al disgusto e al dolore, anche se non in maniera assoluta come aveva fatto Brakhage nel suo Nekromantik (1987) nel dipingere la necrofilia, e un passaggio obbligato per coloro che vogliano affrontare seriamente il cinema horror estremo. Intervistato, Cerdà ha affermato che attualmente non girerebbe più un film come Aftermath, poiché rifletteva determinati suoi punti di vista che appartenevano ad anni precedenti; non si pente di averlo girato soprattutto perché pare avergli aperto numerose porte. Alla domanda se pensasse di essere andato troppo oltre con la scena dello stupro del cadavere, Cerdà rispose: "Pensai, Gesù, forse è sbagliato, qualcuno potrebbe punirmi per quello che sto facendo [...] Volevo essere molto obiettivo a riguardo. È stato molto difficile per l'attore, il quale mi chiedeva di non fare più di un ciak per quella scena visto che aveva appena mangiato. Potete vederlo nel making-of del film, l'attore quasi quasi stava per vomitare dopo la scena dello stupro”. Folklore da produzioni underground? Può essere, tuttavia Aftermath rimane un memorabile pezzo di cinema che travalica il limite. Che gli ardimentosi si cimentino e che non manchino di vedere anche Genesis, di una bellezza visiva non comune.

TRIVIA

Nacho Cerdà (1968) dixit: “Il tema [di Aftermath] è la morte, e penso che le persone, in un modo o nell'altro, a un certo punto della loro vita si preoccupino della morte. Si rendono conto che stanno per morire, ne sono coscienti, e alcune persone possono accettarlo, altre possono non accettarlo e avere un crollo di nervi. Ho passato diversi momenti di disagio a causa di questo tema e volevo fare un film su questo, cercare di comunicarlo. Questo non è un film che condona la violenza, e non è un film splatter. Voglio che la gente ci pensi davvero. Non è neanche misogino, anche se c'è una sequenza di stupro. Penso che sia un film contro la violenza. È un film contro la manipolazione del corpo umano, tutto qui. Ma per far capire questo concetto ho dovuto mostrare una vera violenza che ha luogo” (offscreen.com).

Per convincere gli ospedalieri a cedergli l’obitorio come location, Cerdà disse loro che avrebbe girato un documentario.

The Awakening è un cortissimo di 8 minuti, di fattura un po’ grezza, che introduce il discorso della morte mostrando la sorte di un giovane studente proprio nell’misterioso momento di passaggio fra l’esistenza e la non esistenza.

Titolo originale

Id.

Regista:

Nacho Cerdà

Durata, fotografia

30', colore

Paese:

Spagna

Anno

1994

Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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