la Casetta degli orrori

Voto:

Judy LaRue (Patty Mullen) muore in un incidente stradale mentre il suo avvocato e amante sta guidando. Lui si risveglia durante l'autopsia e si va a nascondere in un manicomio abbandonato. Dieci anni dopo, un gruppo di giovani, fra cui Kiki (Patty Mullen), figlia di Judy, vanno sul posto e i morti iniziano a fioccare.

LA RECE

Tanta buona volontà ma il prodotto è e resta serie Z. Se piace può essere giusto per quello. Nella pochezza generale, però, questo slasher anticipa il discorso di Scream.

Film di serie-Z, secondo lungometraggio di Friedman e primo horror per un regista che non si è mai distinto per qualità artistiche e con più fortuna in ambito televisivo. Pochi soldi, poche idee e tanta buona volontà di fare uno slasher con palesi connotazioni comiche, a partire da uno score musicale quantomeno diverso rispetto alle comuni musiche del genere horror. Personaggi scritti male e stereotipati hanno il loro apice nelle figure delle musiciste punk maggiorate e rivoluzionarie che fanno le prove nel manicomio abbandonato, cantano "El Pueblo Unido" per poi confessare di aver votato il repubblicano Ronald Reagan. La comicità di grana grossa, in alcune situazioni molto grossa, accompagna la tediosa storia d'impianto slasher che vede l'avvocato morto-vivente eliminare uno ad uno i ragazzi che gravitano intorno al manicomio. Finale a sorpresina. La recitazione è scarsa, il che significa, nella versione per il mercato italiano, un pessimo doppiaggio. Poco brillante l'idea di inframezzare le scene con inserti presi dalle vecchie pellicole in cui aveva recitato l'attore Tod Slaughter, con tutta evidenza mito personale del regista e mezzo per dilatare il tempo di una pellicola che, a fatica, raggiunge un minutaggio sufficiente. Non eccelsi gli effetti speciali ma abbastanza brutali gli omicidi che vedono amputazioni, trapanazioni, uso di seghe circolari e altre amenità dell'armamentario slasher. In largo anticipo rispetto al meta-slasher di Scream (1996), Friedman e lo sceneggiatore Rick Marx inseriscono un personaggio che parla delle regole che governano l'horror; peccato che tale intuizione, così in anticipo sui tempi, si perda in questo horror sicuramente brioso ma dall'impatto generale meno che sufficiente. Attori da dimenticare ma va segnalata Patty Mullen che esordisce e che rivedremo ancora un'ultima volta in Frankenhooker (1990) prima di un suo definitivo addio alle scene; strano che la Mullen non si sia spogliata, dato che, nel 1987, era stata Penthouse Pet dell'anno. Chi avrà più fortuna è Kristin Davis, la Charlotte York di Sex and the City, qui al debutto nella parte della saccente studentessa di psicologia. Il titolo della distribuzione italiana cerca di turlupinare il pubblico agganciandosi al filone di successo iniziato da la Casa (1982) che, in Italia, aveva partorito una serie di pellicole apocrife; il senso del limite nel rititolare un film in cui non ci sono case, a parte un manicomio, impone di parlare di casetta, diminutivo che, peraltro, offre un indizio sulla natura ironica di Doom asylum. Solo per amanti delle cose tagliate con l'accetta.

TRIVIA

⟡ Il film è stato girato, in otto giorni, all'Essex Mountain Sanatorium di Verona (New Jersey). 

⟡ Il regista, fan di Tod Slaughter al secolo Norman Carter Slaughter (1885-1956), inserisce sequenze di film nei quali l'attore inglese aveva partecipato: Sweeney Todd: the demon barber of Fleet Street (1936), the Crimes of Stephen Hawke (1936), the Face at the window (1939), It's never too late to mend (1937), Maria Marten, or the murder in the Red Barn (1935).

Titolo originale

Doom Asylum

Regista:

Richard Friedman

Durata, fotografia

78', colore

Paese:

USA

Anno

1987

Scritto da Exxagon nell'anno 2008; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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