la Dama Rossa uccide sette volte
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Voto:
Sulla casata tedesca dei Wildenbrück grava una pesante maledizione: ogni cent’anni appare lo spettro della Dama Rossa che uccide sette persone. I cento anni sono passati e fra le due sorelline Kathy (Barbara Bouchet) ed Eveline non corre buon sangue. Anni dopo, iniziano ad avvenire strani omicidi compiuti da una misteriosa dama che colpisce e scappa via ridendo malignamente.
LA RECE
Giallo italiano ma in ambiente da Krimi. Qualche ingranaggio non gira ma l'atmosfera generale, fra modernismi pop e gotico, e una cifra di malignità sottolineata dalla sinistra risata della Dama Rossa, fanno della pellicola di Miraglia, almeno a mio parere, uno dei migliori spaghetti giallos in circolazione, di certo nella top ten.
Cult personale ma apprezzato da moltissimi. Secondo elemento dell’ambo vincente di Miraglia a tentare una gradevolissima sintesi di gotico, giallo argentiano e décor mediato dal Bava di Sei donne per l’assassino (1964). Fabio Pittorru passa da Evelyn (la Notte che Evelyn uscì dalla tomba, 1971) ad Eveline con riproposizione nel cast di Marina Malfatti e un whodunnit proiettato in Baviera con una trama che ingarbuglia gustosamente elementi di mistero magico, omicidi efferati, sadismo psicopatico, glamour vintage e un tocco di sesso. Visto anni or sono, rimasi impressionato dalla maligna risata della Dama Rossa che, discostandosi dagli stilemi argentiani che volevano il nero come regola, scappa dopo gli omicidi vestendo cappa e mantello fiammeggianti. Rivisto di recente, quella sinistra risata continua ad essere un inquietante ghigno, così come inquietante è l’azzeccato score musicale di Bruno Nicolai. L’incipit del film, particolarmente sinistro in perfetto equilibrio fra il gotico e le nuove suggestioni del giallo, vede le due piccole Ketty ed Eveline che litigano per poi essere (assurdamente) placate dal nonno con la storia orrorifica della maledizione che grava sul casato, mentre sui tre incombe lo spaventoso quadro della Dama Rossa. Tutti gli elementi dello psycho-thriller sono presenti e il tridente attoriale d’attacco, che garantisce l’aggancio al sexy-giallo, è di notevole caratura: Barbara Bouchet, la suddetta Malfatti e Sybil Danning. Ugo Pagliai come contraltare virile. La Bouchet se la passò pure male per la scena che la vide allagata come Margheriti aveva mostrato in Contronatura (1969): “Durante le riprese fui ricoverata in ospedale. Stavamo girando in un sotterraneo per il finale del film, quando hanno inondato la scena, già piena di topi. Mi impaurii al punto che mi venne una forte tachicardia. Non sapevo nuotare e tutti quei topi mi inorridivano” (Iachetti, 2017). Qualche ingranaggio non gira, oppure sì se si cerca exploitation: nudi e stupro davvero gratuiti rispetto allo svolgimento dei fatti. Anche un certo sfilacciamento nello scorrere dei fatti con una lieve delusione per la soluzione del delitto, del tutto razionale, quando la prima parte del film aveva ben costruito un impianto da fiaba gotica. Il poco prolifico Miraglia, spesosi anni come assistente alla regia, dimostrò una più che discreta maturità con il mezzo ma il mondo del cinema, sfortunatamente, non lo premiò con ulteriori occasioni e la vita non si dimostrò maggiormente generosa: Emilio “Paolo” Pompilio Miraglia morirà nel 1982, a 58 anni. Voto che riflette il mio personale entusiasmo.
TRIVIA
⟡ Gli abiti di moda mostrati nel film erano quelli di Mila Schön.
Regista:
Emilio Paolo Miraglia
Durata, fotografia
98', colore
Paese:
RFT, Italia
1972
Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
