Dylan Dog - il Film
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Voto:
Dylan Dog (Brandon Routh), ingaggiato dalla bella Elizabeth (Anita Briem), è alle prese con un caso che coinvolge vampiri, licantropi e una croce magica che può risvegliare il demone Belial. Al suo fianco, l'assistente Marcus (Sam Huntington) che si è da poco trasformato in uno zombi.
LA RECE
Horro mediocre ma soprattutto riduzione mainstream di scarso rispetto nei confronti della fonte, l'eroe bonelliano e di Sclavi. Già solo che manca il mood malinconico del fumetto...
Conosco la materia in questione. Sono o, meglio, ero un lettore di Dylan Dog della prima ora, quando ancora si discuteva fra amici se il nome dell'indagatore dell'incubo dovesse pronunciarsi Dilan o Dailan. Iniziai ad acquistare il fumetto a partire dal numero 2 e proseguii per anni. Poi, vendetti il tutto per fare un po' di soldi e, pentito, mi misi a riacquistare la collana nelle versioni ristampate. Del valore collezionistico non m’importava nulla, mi interessavano le storie che, fino al numero 100, erano splendide. Dicono tutti così. Quindi, vendetti ancora tutto per due spiccioli, non so neanche più perché. Dopo la gustosa grossolanità di fumetti italiani come "Mostri", "Blob", "Gore Scanner" e "Splatter", l'Indagatore dell'Incubo inventato da Tiziano Sclavi portava l'orrore su un piano quasi aulico e, spesso, si trasformava in un fumetto citazionista che si rifaceva a vecchi film. Tutti aspettarono per anni una riduzione cinematografica del loro eroe: venne il tempo di Dellamorte Dellamore (1993) che non era proprio il Dylan Dog che si sperava ma c'eravamo quasi. Il corpo della Falchi quietò il dissenso. Sono anni che ho preso le distanze dal prodotto bonelliano ed è successo così, senza una ragione particolare, ma i ricordi, quelli, rimangono. Il mio lungo addio a Dylan Dog mi consente, ora, una certa serenità di giudizio nei confronti di questa riduzione operata dall'americana Platinum Studios, ma sorrido amaramente immaginando i fan del fumetto, vecchi e nuovi, inorriditi da questo Dylan Dog statunitense distante dall'originale più di quanto lo fosse quello portato nelle sale del ‘93. Non so cosa abbia spinto lo schivo Sclavi e il buon Bonelli a cedere i diritti di utilizzo del loro personaggio; i soldi, immagino, e lo rispetto. Ma immagino anche che deve essergli venuto un coccolone nel vedere il longilineo Dylan interpretato dal nerboruto ex-Superman Brandon Routh accompagnato non da Groucho, il cui utilizzo d'immagine avrebbe implicato un esborso economico ingente, ma da un petulante ragazzo zombi. Forse, invece, il coccolone sarà venuto dopo aver notato che Craven Road non si trovava più a Londra ma a New Orleans dato che, dopo l'uragano Katrina, in Louisiana puoi girare un film giovandoti di un sacco di agevolazioni fiscali. Ma la cosa più triste è che, con centinaia di storie alle quali si sarebbe potuto attingere, gli sceneggiatori Donnelly e Oppenheimer abbiano pensato di costruire un banale plot di lotta fra licantropi, vampiri e, ai margini, zombi. Una storia che inizia con l'amore proibito fra una lican e un vampiro: cioè, come dire: Twilight (2008), più Underworld (2003), più Buffy l'ammazzavampiri (1992) e pure la serie tv True Blood (2008-2014) con un tocco di mafia-movie. Le cattive compagnie, insomma. Film per ragazzini americani che del fumetto, ovviamente, non sanno nulla e, con coerenza, alla regia viene messo Kevin Munroe, quello di TMNT (2007). Speravamo, francamente, in qualcosina di meglio. Tantopiù che, anche facendo finta che Dylan Dog il film non c'entri nulla con Dylan Dog il fumetto, il lavoro di Munroe è assai scarso, il finale su tutto. Il demone Belial (e non Belaial all'inglese!), potentissimo, s'incarna e sbatacchia il protagonista a colpi di arti marziali; un demone che dà calcioni come il Naxucao. Dylan, l'uomo che sistemava le faccende con un solo colpo di revolver, adesso spara come un dannato; tanto, poi, la faccenda si risolve da sola con uno sfracello di lampi come si fosse nel finale di Highlander (1986). A questo B-movie non serve citare Sclavi e Bonelli (nel film, Borelli) come tributo, né far dire a Dylan "Giuda ballerino" o "il mio quinto senso e mezzo" per dare un senso di coerenza col fumetto. L'unico elemento vagamente originale della storia, ahimè, è quel giovane aiutante zombi (un Lupo mannaro americano a Londra, 1981) che veicola i momenti migliori del film: il centro commerciale di parti anatomiche e, qua e là, qualche battuta. Il resto è da dimenticare, prima cosa su tutte il terribile miscasting di Brandon Routh come Dylan. Chi ama l'horror saprà perdonare, soprattutto perché di boiate ne ha viste di peggio. Però, il lettore di fumetti non perdona, e non deve. Il cinefilo, semmai, rimane in attesa di un Indagatore dell'Incubo che sappia riportare su schermo almeno un centesimo delle emozioni stampate su carta. E che quell'Old Boy di Sclavi, per farsi perdonare, spedisca a casa di ogni singolo lettore una bottiglia di Bonarda; la Bonarda di una cantina di Broni, non quelle repliche piene di bisolfito che fanno altrove, Sclavi!
TRIVIA
Kevin Andrew Munroe (1972) dixit: “Il tono malinconico di Dylan Dog il fumetto è qualcosa che ho attenuato perché penso che ci siano modi migliori per intrattenere il pubblico per due ore. Ci sono stati dei dettagli che sono stati cambiati, come il fatto che guida un Maggiolino nero invece che un Maggiolino bianco, e il suo compagno non è Groucho Marx, come nel fumetto italiano. Ci sono delle ragioni, e sono tutte d’ordine legale o finanziario. Ma, per la maggior parte, ogni volta che potevo rimanere fedele al fumetto, cercavo di farlo” (collider.com).
⟡ In una fotografia nell’appartamento di Dylan Dog si vede una foto del suo assistente mascherato da Groucho Marx e in un’altra scena vediamo che l’indagatore dell’Incubo tiene al sicuro la sua pistola in una cassaforte dietro una locandina di la Guerra lampo dei fratelli Marx (1933). Questi sono i due riferimenti al vero assistente del personaggio bonelliano.
Titolo originale
Dylan Dog: Dead of Night
Regista:
Kevin Munroe
Durata, fotografia
107', colore
Paese:
USA
2010
Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
