Attrice
Joyce Jameson: quando il talento si spegne dietro la maschera della "bionda stupida"
Joyce Beverly Kingsley nacque a Chicago, Illinois, il 26 settembre 1927. Con il nome d'arte di Joyce Jameson, questa attrice avrebbe incarnato uno dei paradossi più crudeli del sistema hollywoodiano: essere sufficientemente talentuosa da lavorare ininterrottamente per oltre trent'anni, ma mai abbastanza "libera" da sfuggire alla gabbia dorata del typecasting che la relegò, per l'intera carriera, al ruolo di "bionda stupida", di appendice decorativa, di donna oggetto per far ridere o da compatire.
L'inizio: tra talento e gabbie dorate
Cresciuta in una famiglia che si trasferì a Los Angeles quando lei era ancora adolescente, Joyce dimostrò fin da subito un'intelligenza vivace e una passione autentica per il teatro. Si laureò alla prestigiosa UCLA con un Bachelor of Arts in teatro, una credenziale che avrebbe dovuto spalancarle le porte verso ruoli impegnativi e complessi. La realtà, però, si rivelò ben diversa dalle aspettative accademiche.
Nel 1951, Joyce fece il suo debutto cinematografico in Show Boat, interpretando una ragazza del coro. Era un ruolo minuscolo, non accreditato, ma rappresentava l'ingresso in quel mondo scintillante che, nella sua testa, avrebbe riconosciuto il suo talento. L'anno dopo sposò Billy Barnes, un compositore e showman che riconobbe immediatamente le doti comiche ed imitative di Joyce. L’attrice, infatti, era bravissima a impersonare dive come Marlene Dietrich, Judy Garland, Grace Kelly e, soprattutto, Marilyn Monroe. Aveva anche sviluppato un numero comico di ventriloquismo ispirato alla memorabile sequenza di Michael Redgrave in Incubi notturni. Nel 1953 nacque Tyler Jameson Barnes, l'unico figlio della coppia, ma il matrimonio non sarebbe durato a lungo: i due divorziarono nel 1957.
L'epoca d'oro della "bionda": successo apparente e frustrazione reale
Gli anni Sessanta rappresentarono il periodo di maggiore visibilità per Joyce Jameson, ma anche quelli nei quali si cristallizzò definitivamente la sua immagine pubblica. Con i suoi capelli platino, le forme generose e un'aria innocentemente svampita, Joyce incarnava perfettamente l'archetipo della "bionda stupida" che Hollywood aveva codificato sull'esempio di Marilyn Monroe. Appariva regolarmente in show televisivi di grande richiamo, facendo da spalla comica a star del calibro di Bob Hope, Danny Thomas e Steve Allen, e il pubblico la adorava in quei ruoli di prostitute dal cuore d'oro, coriste sciocche e accompagnatrici di lusso. Un nostro personaggio del cinema simile potrebbe essere visto nell'attrice Sandra Milo (1933-2024).
Nel 1960, Billy Wilder le affidò una piccola parte in L'appartamento, film destinato a vincere l'Oscar. Joyce interpretava la donna bionda che uno dei dirigenti porta nell'appartamento del protagonista per un incontro clandestino. Era un ruolo minore ma in un film importante, e questo schema si sarebbe ripetuto per tutta la sua carriera. Nel 1962 recitò accanto a Vincent Price e Peter Lorre in I racconti del terrore, film horror di Roger Corman in cui interpretò Annabel Herringbone, una moglie insopportabile e sciocca. L'anno successivo tornò a lavorare con Price e Lorre in il Clan del terrore, in cui vestì i panni della figlia svampita dell'anziano e decrepito Boris Karloff. Nel 1966 lavorò con Elvis Presley nel musical Frankie and Johnny, ancora una volta in un ruolo secondario che sfruttava la sua immagine di bionda sexy e un po' tonta.
Robert Vaughn e la maschera che non si può togliere
Nel 1966, Joyce apparve in un episodio di The Man from U.N.C.L.E. intitolato "The Dippy Blonde Affair". Era un titolo che riassumeva perfettamente come Hollywood la vedesse, ma quell'episodio le regalò qualcosa di prezioso: l'inizio di una lunga relazione con Robert Vaughn, la star della serie. Vaughn, uomo colto e impegnato politicamente, riconobbe in Joyce una donna molto diversa dai personaggi che interpretava. La loro relazione durò diversi anni e, nelle sue memorie pubblicate nel 2008 con il titolo A Fortunate Life, Vaughn avrebbe ricordato Joyce con affetto, rivelando però anche i tormenti che la consumavano: soffriva di depressione e di un'insonnia cronica che la costringeva a prendere regolarmente Miltown, un sedativo, per riuscire a dormire.
Joyce era perfettamente consapevole del divario tra la sua intelligenza reale e l'immagine che il mondo dello spettacolo le aveva cucito addosso. In un'intervista rilasciata al Pittsburgh Press nel luglio del 1958, commentò con amarezza: "Tutti si aspettano di scritturarmi come la bionda stupida o vittimizzata. Dopo che mi intervistano, riesco proprio a sentirli dire: 'Ehi! È intelligente, ma cosa ce ne facciamo?'" Questa frase racchiude tutta la tragedia di Joyce Jameson: essere abbastanza brava da lavorare costantemente, ma mai abbastanza "diversa" dall'immagine precostituita per ottenere i ruoli che il suo talento avrebbe meritato. In un'altra occasione dichiarò: "In effetti ci sono due Joyce Jameson: quella reale e il personaggio che io e il mio agente chiamiamo 'La Stupida'."
Negli anni Settanta, Joyce continuò a lavorare regolarmente sia al cinema che in televisione, ma i ruoli non migliorarono mai qualitativamente. Partecipò a film cult quali Il texano dagli occhi di ghiaccio (1976) e apparve in serie televisive popolari come Ironside (1967-1975), dimostrando una versatilità che spaziava dalla commedia, al western alla fantascienza. Ma nulla di tutto ciò le permise di scrollarsi di dosso l’etichetta della bionda sciocchina.
Con il passare degli anni, Joyce iniziò a sperimentare altri tipi di difficoltà. Aumentò di peso, cosa che in un'industria ossessionata dall'aspetto fisico rappresentava un ulteriore ostacolo. La relazione con Robert Vaughn terminò nel 1969, privandola di uno dei pochi legami affettivi significativi della sua vita adulta. Da qui in avanti, Joyce divenne progressivamente più reclusa, allontanandosi dal mondo che l'aveva usata e poi messa da parte. Il suo ultimo ruolo cinematografico fu in Hardbodies nel 1984, una commedia adolescenziale che confermava, se ce ne fosse stato bisogno, che Hollywood non aveva mai avuto intenzione di offrirle qualcosa di diverso. Dopo quel film, per oltre due anni non ottenne più alcun lavoro sullo schermo.
Il 16 gennaio 1987: quando il silenzio diventa eterno
Il 16 gennaio 1987, Joyce Jameson decise di porre fine al suo tormento. Aveva 59 anni; alcune fonti riportano 54 anni, ma la data di nascita più accreditata è il 1927. Si tolse la vita con un'overdose di pillole, gli stessi farmaci che per anni avevano dovuto placare la sua mente inquieta. Non lasciò note pubbliche, nessuna spiegazione che potesse dare un senso compiuto a quel gesto finale. Il suo corpo fu cremato e le ceneri sparse in mare, come se anche nella morte Joyce volesse dissolversi, scomparire da un mondo che non aveva mai veramente capito chi fosse, nonostante un'impressionante filmografia di oltre centodieci crediti tra cinema e televisione.
Joyce Beverly Kingsley
Chicago, Illinois, USA, 26/09/1927
Burbank, California, USA, 16/01/1987
Scritto da Exxagon nell'ottobre 2025; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0