Final Destination: Bloodlines

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Voto:

Inaspettatamente, arrivati senza troppe speranze all’ennesimo capitolo di un franchise nato nel lontano 2000 con Final Destination, qui ci si diverte eccome. Il tentativo, non dissimile a quanto fatto da David Gordon Green con Halloween (2018), è rivitalizzare la saga stratificando la narrativa con l'iniezione di mitologia retroattiva. E poi c’è questa giovane protagonista, Kaitlyn Santa Juana, che, con certa luce e in certe angolature, pare James Eral Jones quando era Thulsa Doom, il che aggiunge una bizzarra quota perturbante. Ad ogni modo, si parte dagli anni Sessanta del secolo scorso. Iris (Brec Bassinger) viene portata dal fidanzato sulla torre Sky View il giorno dell’inaugurazione della stessa. Una serie di piccoli fattori concatenati porta al crollo della torre e alla morte di un sacco di persone. Anzi, no. Si tratta di una visione che consente ad Iris di salvare la vita a tutti, mandando a monte i piani della Morte, cosa che quest’ultima non gradisce affatto, anche perché la obbliga a recuperare negli anni le vite di tutti coloro che sarebbero dovuti morire, ivi compresi coloro che sono nati da quelle persone e che mai avrebbero dovuto nascere, fra i quali la nipote Stefani Reyes (Kaitlyn S. Juana). Venticinque anni dopo il capostipite e quattordici dall'ultimo capitolo (Final Destination 5, 2011), il duo registico Lipovsky e Stein ricontestualizza: non più giovani in fuga da un incidente collettivo - l'aereo del primo film, l'autostrada del secondo, le montagne russe, la gara automobilistica, il crollo del ponte nel quinto - ma la narrativa di una dimensione genealogica, la linea di sangue, trasformando la serialità delle morti in un pattern ereditario, genetico. Certo, rimane la struttura meta-slasher con la Morte come killer ontologico capace di autocorreggersi usando, questa la genialità della saga, gli oggetti della quotidianità come armi di esecuzione capitale. Insomma, il franchise riflette su di sé, con il sequel che diviene letteralmente discendete del precedente film, e con la Morte vittima pure essa della propria obbligata natura esecutiva. Pur apprezzando il tentativo di dar maggior spessore emotivo alla storia tramite l’incontro scontro fra genitori e figli, fra madri assenti ed altre che hanno fatto figli con amanti - quote rosa rispettate -, l’efficacia di Final Destination: Bloodlines, così come poi è sempre stato per il franchise, è relativo gioco macabro delle morti orchestrate in modo elaborato, fra attesa di eventi che sembra stiano per compiersi ma non avvengono, ad altri che procurano jump scares in quanto non attesi. Epigono forse non indispensabile ma decisamente ben realizzato, con l’incidente alla torre spettacoloso e le altri morti molto creative nonché decisamente splatter; gli impressionabili guardino responsabilmente. Film perfetto per una prima serata popcorn e, nel novero dei sequel della serie, il migliore, da inserire nel mazzo subito dopo il primo film.


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Fast rating

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Titolo originale

Id.

Regista:

Zach Lipovsky, Adam B. Stein

Durata, fotografia

110', colore

Paese:

USA, Canada

Anno

2025

Scritto da Exxagon nell'ottobre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0