Leprechaun
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Voto:
Il Leprechaun (Warwick Davis), sorta di folletto avidissimo della tradizione irlandese, viene risvegliato dal suo sonno magico, dopo che la bella Tory (Jennifer Aniston) e suo padre vanno a vivere nella casa in cui il leprechaun era prigioniero. La creatura leggendaria vuole il proprio oro e, per esso, è pronto a uccidere.
LA RECE
Il folletto irlandese avido e dispettoso fa nascere qui un franchise di tenore parecchio bassino. Sensato vedere il primo capitolo; seguiti solo per completisti.
Primo film prodotto dalla Trimark, una sorta di distillato andato a male di pellicole anni ’80 tipo Ghoulies (1984) o Critters (1986) che, volendo scimmiottare i Gremlins (1984) di Joe Dante, univano alla bene e meglio l’horror e la commedia con una netta preponderanza del secondo fattore. È per questa sua natura ambiguamente horror, e per la sua scarsa notorietà, che Leprechaun e seguiti trovano spazio nella videoteca del cinefilo appassionato di film ai limiti; nella fattispecie, si tratta dei limiti della decenza. Con un body count di quattro unità e un protagonista assai poco orrorifico, questa pellicola scritta e diretta da Mark Jones è, più che altro, una buffoneria che tenta di replicare, a basso budget, il modello gremlinsiano ma anche quello freddykruegeriano con un villain malignamente simpatico. Così, si dà il via a una serie di gag horror dal fiacco mordente sottolineate da battute ciniche come ci si aspetterebbe, appunto, da un emulo di Freddy Krueger; il risultato finale è, prevedibilmente, ben distante dal modello. Il bravo Warwick Davis, da godersi piuttosto nel fantasy Willow (1988), veste con convinzione i panni del folletto irlandese avido e fissato per le scarpe. Manca intorno a lui, però, una produzione convincente, una storia non banale e una manciata di attori validi. La Aniston, qui al suo esordio prima di Friends (1994-2004), non è malaccio ma, almeno ai tempi, era più un bel visino che una brava attrice. Come sarà per i successivi sette sequel, tutto il film si può vagamente godere solo nell’attesa, spesso disattesa, che il Leprechaun escogiti modi bizzarri per eliminare le vittime, esattamente come sarà per Wishmaster - il signore dei desideri (1997). Lo evitino coloro che amano l’horror intelligente e, forse, in definitiva, coloro che amano l’horror tout court. Con troppi seguiti.
L'entusiasmo dell'attore Davis nei panni del Leprecauno salva Leprechaun 2 (1994) e lo rende potabile; si gioca la carta del nudo non integrale con seni decisamente pregevoli offerti in riprese generosamente lunghe, benché le mammelle in vista non siano quelle di Shevonne Durkin ma di una controfigura ben più dotata. Ci sta, anche perché la scena prosegue con un giovane che crede di affondare il proprio viso fra le tette di Bridget e, invece, finisce per mettere la faccia fra le lame di un tagliaerba. Il resto ci sta meno, e il film floppa al botteghino.
Quindi, Leprechaun 3 (1995) finisce direct-to-video, percorso distributivo in effetti appropriato per pellicole di questo tenore. Il film è un piccolo prodotto da domenica pomeriggio e sciopero dei mezzi con qualche invenzione visiva azzeccata, nata come trovata punitiva della folkloristica creatura irlandese che quando deve uccidere il malcapitato di turno lo fa nella maniera più originale possibile.
Leprechaun 4 - nello spazio (1996) nasce, almeno nelle intenzioni, come commedia demenziale che sbeffeggi Apollo 13 (1995). Questa volta, si raschia il fondo del barile piazzando una creatura della vecchia tradizione irlandese in un'ambientazione fantascientifica parecchio poveristica; il Leprecauno, nello spazio, c'entra come i cavoli a merenda. Linee di dialogo di grande raffinatezza ("il bastone va accarezzato") si accompagnano a personaggi quali il dottore Mitterhand, assonanza con il presidente francese François Mitterrand ma richiamo al dottor Stranamore di kubrickiana memoria, metà uomo e metà macchina, avvolto in Domopak; o, ancora, scenografie arricchite da scolopendre in formalina che fanno molto laboratorio biologico stile Alien (1979) dei poveri. Siamo davvero nello spazio, senza ossigeno.
Qualche ricerca statistica in ambito produttivo deve aver rilevato che la saga del Leprechaun aveva il suo maggior seguito fra gli afroamericani se, per Leprechaun 5 (2000), si scelse d’imbastardirla con la blaxploitation. La commistione fra un folletto irlandese e i gangsta-rapper poteva dare vita a un’incommensurabile boiata, mentre, con tutti i limiti del caso, si riesce ad ottenere un B-movie che scorre liscio più per quanto riguarda il plot crime che quello orrorifico. Il film dosa bene dramma da ghetto e comicità tipicamente afro.
Leprechaun 6 - ritorno nel ghetto (2003) è una reprise di negritudine e magia irlandese, ma ciò che aveva funzionato nel film del 2000, ovvero una storia interessante, qui sembra mancare. Il gioco principale è sempre quello del Leprechaun, qui con un nuovo look più sinistro, che si comporta come il Wishmaster (1997) e fa di ogni magia un'occasione di sadica originalità, affiancando orrore a cinica comicità.
Leprechaun: Origins (2014) viene prodotto dai WWE Studios, il che significa inserire nel film un wrestler, Dylan Postl, e fare della pellicola un veicolo pubblicitario. Inoltre, il film dovrebbe funzionare come un reboot della serie che vede un abbandono del vecchio e malignamente simpatico Leprecauno a vantaggio di una creatura più sinistra che non proferisce parola e che, oltretutto, si mostra alla cinepresa poco e male. Di positivo per il franchise c’è che, con questo sesto sequel, il nostro eroe torna nelle sale cinematografiche dopo che, dal ’94, la saga era stata relegata al direct-to-video. Il desiderio di cambiare pagina e rilanciare il Leprecauno genera un monster-movie imbastardito con il backwood brutality in terra irlandese più che un horror-fantasy. Date le premesse, è facile prevedere che manchino tutti gli spunti comici così vividi nei precedenti film ma, qui, manca pure il sangue, a parte una o due situazioni. B-movie di notevole pochezza.
Leprechaun returns (2018) è l’ennesimo inutilissimo sequel di un interminabile franchise che tenta il secondo reboot della serie riagganciandosi direttamente al primo Leprechaun. Non si sa come, ma Steven Kostanski, coregista del valido Void, the: il vuoto (2016), si trova a dirigere le imprese del nano malefico della tradizione irlandese che brama il suo oro e, per averlo, fa a pezzi un cast collegiale di ragazze alquanto carine che appartengono alla sorority AU, guarda caso simbolo chimico dell’oro. Esteticamente più curato delle altre pellicole della serie, con qualche deciso tocco splatter e con un finale esplosivo anni ’80 fuori tempo massimo. Nei panni del Leprecauno non c’è più Warwick Davis ma tale Linden Porco, piccolo uomo di 99 cm il cui curriculum vitae finì sulla scrivania di Elena Bertagnolli coniugata con Phil Fondacaro, uno dei più noti midget del cinema. Storie di nanismo e italianità d’oltreoceano più avvincenti del film.
TRIVIA
Mark Robert Jones (1953) dixit, ricordando il tempo in cui lavorava come sceneggiatore del serial tv A-Team (1983-1987): “George Peppard era il protagonista, e il cast lo seguiva a ruota. Un giorno sono seduto nel mio ufficio e George Peppard è arrivato con il produttore e ha buttato la cartelletta con la sceneggiatura che stavamo preparando sulla mia scrivania e mi ha detto: “L'hai scritta tu questa, vero?” E io dico: “Sì”. Ho aperto la cartella e il copione era stato strappato a metà. Io ero lì seduto e c’era anche Stephen J. Cannell [produttore e co-creatore dell’A-Team] e sono rimasto a bocca aperta. Poi hanno cominciato a ridere. Era uno scherzo. Quella è stata la mia introduzione al lavoro con l'A-Team. Ho pensato di essere stato licenziato dopo la mia prima sceneggiatura” (ew.com).
⟡ Leprechaun è il primo lungometraggio diretto alle sale cinematografiche nel quale appare Jennifer Aniston. Prima di questo, l’attrice era apparsa nel film per la tv Camp Cucamonga (1990) e in diverse puntate di serial televisivi: Molloy (1990), Ferris Bueller (1990) e Quantum leap (1992).
⟡ Warwick Davis, che per anni ha vestito i panni del Leprecauno, rifiutò l’offerta di tornare ad essere il cattivo folletto in Leprechaun returns, motivando la decisione con il fatto di essere diventato padre e che la paternità gli aveva fatto cambiare punto di vista verso il cinema horror in generale. L’attore ha anche dichiarato che potrebbe tornare a recitare in un horror quando, e solo quando, suo figlio compirà 18 anni.
⟡ Dato che Leprechaun returns si riconnette direttamente al primo film della serie, la Lionsgate tentò di convincere Jennifer Aniston a recuperare il personaggio di Tory Reding interpretato nel 1994. L’attrice e la casa di produzione non giunsero ad un accordo economico, così la Lionsgate ingaggiò Heather McDonald capace di imitare la voce della Aniston.
Titolo originale
Id.
Regista:
Mark Jones
Durata, fotografia
92', colore
Paese:
USA
1992
Scritto da Exxagon nell'anno 2007; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
