le Lunghe notti della Gestapo
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Voto:
Dopo lo storico tradimento di Rudolph Hess ai danni di Hitler, il colonnello Werner von Uhland (Ezio Miani) viene obbligato dalle SS a irretire tutti i personaggi delle alte sfere che complottano alle spalle del Führer. Una casa bordello fungerà da trappola.
LA RECE
Erossvastica con velleità "alte" me che non emerge per raffinatezza, benché non ecceda con l'exploitation. Ormai comprensibilmente dimenticato.
"La notte della ragione genera i mostri / Sangue rosso anime nere, Noi SS / Carogne e canaglie senza paura, Noi SS / Donne stuprate i nostri stivali leccate, SS, SS / Apri la bocca brav'uomo, ti sparo / Ti spappolo il tuo molle cervello / Borghesi annusate il profumo della paura, paura / Piace la frusta alle vostre signore, puttane, la frusta / Biondi, sorridenti, violenti, per rapinare e spennare, Vai dai! Consumare, bucare / E tu buon Dio, sputa i denti / La notte della ragione genera i mostri / Oggi per mille anni SS". Delirante canzone interpretata da Giovanna (quella coi denti separati, i più attempati hanno capito) come tappeto musicale di questo terzo e ultimo film di Fabio De Agostini, regista poco prolifico e relativamente noto per il soggetto e la sceneggiatura di Amanti d'oltretomba (1965). La pellicola prende spunto dal tradimento di Hess per poi mettere in scena il solito gruppo di tedeschi decadenti che non pensano ad altro che al sesso. Fosse stato davvero così! Non si può dire che le Lunghe notti della Gestapo sia originale: il plot riprende la struttura di Salon Kitty (1975), quindi è la medesima cosa di Casa privata per le SS (1977) ma con l'aggiunta di una donna che fa le mosse come Charlotte Rampling ne il Portiere di notte (1974), anche se, qui, la signora non usa bretelle, piuttosto s'infila una pallina da ping-pong nella vagina. A differenza dei consimili, questo film non mostra scene di sangue e ne mostra molto poche di sadismo, concentrandosi, invece, sul sesso più o meno perverso. Nonostante le solite trovate al limite del buon gusto, il film non risulta così exploitation come la maggior parte degli erossvastica, e le scenografie, così come una certa cura nelle riprese, rendono le Lunghe notti della Gestapo almeno esteticamente gradevole. Il finale, che si conclude in modo colto scimmiottando la Notte dei lunghi coltelli, non può, in tutti i casi, far dimenticare mestissime linee di dialogo quali: "È vero che le galline quando fanno l'uovo godono?". Al di là di qualche merito, non ultimo quello di essere uno dei film meno noti del ciclo naziploitation, la pellicola risulta tediosa e ripetitiva nell’impanare tutto con il softcore senza osare niente di più forte essendo, di fatto, incapace di offrire maggiori elementi di spessore culturale. Però, il regista, la cosa, l’aveva pensata in modo un po’ diverso da quanto poi il film ha mostrato, e forse questo spiega la sua natura ibrida fra exploitation ed arty che finì per scontentare quasi tutti.
TRIVIA
Fabio De Agostini (1926) dixit: “Non avevo valutato del tutto l’effetto negativo di accostare in una storia, non il solito volgare erotismo con banali episodi di violenza. No, in Solstizio di tenebre (così lo chiamo, col suo titolo originale) c’era un esame severo delle complicità politiche della borghesia tedesca durante la guerra (rimaste sempre nell’ombra) intrecciate su un piano psicologico con le singole, individuali debolezze sessuali dei loro esponenti coinvolti nella storia. Ricordo le facce stravolte dei membri della commissione censura […] A giudicare dalle loro facce […] il film funzionava, ma nel senso che non doveva essere visto da nessuno. […] Il film raccontava una storia vera, confortata da fatti e documenti, giustificata nei singoli episodi. Ma non ci fu discussione. Quella era una conventicola da bassa Inquisizione. Qualche mese dopo, il film otteneva in appello il visto di censura con tre tagli irrisori di pochi metri. Troppo tardi. I pessimi film nazilager in circolazione avevano ormai deluso il pubblico, e quel titolo, le Lunghe notti della Gestapo, prometteva un film del genere, anche se era di-verso” (Taviani, 2014).
⟡ Paola Maiolini, nel film Bertha, non ne ha un buon ricordo: “Guarda, su quel set ho avuto un sacco di problemi […] questo regista voleva comandarmi a bacchetta non solo sul set […]. Questo De Agostini si incavolava se non mangiavo al tavolo con lui e, peggio ancora, mi entrava in camera senza bussare. […] A metà film m’ero ingrassata e lui mi disse che mi avrebbe bruciato sulla scena… Pensa tu, che folle! In più ci si mise mia madre a dirgli che ero “una sbandata”. […] Probabilmente, lui pensava che ci sarei stata, non lo so…” (Nocturno dossier 59, 2007).
Regista:
Fabio De Agostini
Durata, fotografia
90', colore
Paese:
Italia
1977
Scritto da Exxagon nell'anno 2011; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
