Martyrs
-
Voto:
Lucie (Mylène Jampanoï) viene ritrovata seminuda e sconvolta dopo essere scomparsa per più di un anno: è riuscita a scappare da un posto nel quale veniva torturata sia fisicamente che psicologicamente. Lucie finisce in un orfanotrofio in cui crea un forte legame d'amicizia con Anna (Morjana Alaoui). Quindici anni dopo, Lucie pensa di aver trovato i suoi aguzzini ai quali va a fare visita armata di fucile. Spera, uccidendoli, di potersi liberare da una visione che la tormenta: una ragazza distrutta dalle torture che Lucie aveva abbandonato nel posto in cui era stata segregata da piccola.
LA RECE
Film di comprovato effetto ma, a mio parere, avrebbe potuto ottenere il medesimo risultato, e anche meglio, se avesse evitato il torture porn che poi, guarda caso, si gioca sempre a danno di belle giovani. Scaltrezza più che arte. Peccato. Ma a buona parte degli appassionati è piaciuto e non poco.
Dispiace che un regista come Laugier, che ha dimostrato una certa raffinatezza con Saint Ange (2004), si sia fatto in qualche modo trascinare nel vortice del torture porn alla ricerca del "sensazionale" quando, comunque, aveva in mano un soggetto come quello di Martyrs che garantiva la realizzazione di un horror di qualità, senza la necessità di affondare gli artigli nelle carni di un settore di pubblico che, da quel di Hostel (2005), ha trovato nel gorn (gore + porn) il genere d’elezione. Martyrs poteva essere, e preso a settori lo è, un validissimo horror imbastardito con suggestioni anni '70, con il rape & revenge, con la ghost story e il thriller a matrice mistico-settaria: perdipiù, c'è tutto un sotteso omosessuale non sgradevole trattato con rispetto e non attraverso una lente exploitation. La storia, in effetti, offre persino troppi spunti e si sarebbero potute eliminare alcune cose rendendo più ordinata la trama e facendo di Martyrs un vero dramma orrorifico che si concludesse esattamente come si conclude il film, con l'annichilimento della speranza per questa e l'altra vita. Che poi, diciamocelo, questo finale è il grande valore aggiunto che fa gridare al genio per questo film. Evidentemente, in un'epoca dove la quantità pare meglio della qualità, deve essere sembrata cosa intelligente e necessaria spiegare in maniera iperrealistica la disumanità che porta alle considerazioni conclusive. Laugier opta per l’efferatezza senza ellissi forse perché le sottigliezze di Saint Ange non erano piaciute al pubblico decretandone l’insuccesso o, forse, perché stregato dagli eccessi visivi di Karim Hussain (Subconscious cruelty, 2000) che si guadagna un “thanks” nei credits. Martyrs funziona perfettamente nella prima metà, è ben strutturato, ricco di mistero e di non detto; la relazione fra le due ragazze è intrigante, così come è intrigante cercare di scoprire cosa possa essere accaduto alla più turbata delle due, e se le cose che vede siano allucinazioni o veri e propri fantasmi. C'è poi l'entrata nell'appartamento della famiglia martirizzata che è di fortissimo impatto (notare, senza che ci sia bisogno di mostrar torture) e tutta una sequela di domande sul chi siano quelli e perché vengano uccisi quando, magari, innocenti. Poi il film s'inchioda, il ritmo che fino a qual momento aveva fatto di Martyrs un giro sull'ottovolante s'arresta. A vantaggio di cosa? Per mostrare la solita disgraziata legata alla sedia, affamata, pestata, vilipesa. Troppo gentili coloro che hanno rintracciato un'elegante separazione di modello quasi teatrale o aristotelico (tesi, antitesi, sintesi) nei tre blocchi che compongono il film, quasi che il blocco più feroce fosse una logica progressione di ciò che veniva prima mostrato. Uno dei particolari che, tra l'altro, smaschera la natura exploitation del film è la scelta di far torturare giovani e belle donne e non, ad esempio, qualche anziano sdentato, quando, oltretutto, gli anziani torturati sono un qualcosa di non solo di più raro a livello cinematografico, ma anche di più crudo a vedersi poiché la tortura alla bella donna nel cinema è, nella stragrande maggioranza dei casi, più o meno erotizzata. Emerge, quindi, una parte lunga venti minuti assolutamente inutile al fine del film stesso. Martyrs si auto-riduce a esperimento del già detto e del già visto che può giusto far parlare di sé per pochi anni ma si estromette autonomamente dal novero degli horror la cui qualità è considerata durevole nei decenni. Laugier, lacerando i sottesi misticheggianti, l'idea di una setta sconosciuta che persegue la conoscenza dell'Aldilà e anche un’interessante rilettura dell’agiografia, trasforma i sotterranei di Martyrs in null'altro se non una replica degli scantinati dell'Elite Hunting Club di Hostel, solo un po' più puliti. Martyrs turba? Sì. Intrattiene? Sì. Resta? Per poco tempo e, principalmente, grazie alla scena finale. Una frangia di entusiasti ha voluto rintracciare a tutti i costi nell'opera estrema un senso artistico elevato, così come di fronte al delirio mistico di molti martiri c'è chi ha voluto coglierne il tocco divino. Per me, invece, siamo di fronte al tipico caso del ragazzo che ha le capacità ma non si è applicato abbastanza, scegliendo di sfangare il semestre copiando da un compagno di banco, oltretutto meno brillante di lui. Quindi, a mio avviso, lontano dal capolavoro ma, comunque sia, ben realizzato e con la capacità di muovere alla discussione. Non è da tutti.
TRIVIA
Pascal Laugier (1971) dixit: “Martyrs gioca con molti archetipi presi in prestito da diversi sottogeneri dell'horror, come il Rape & Revenge, le ghost story e il monster movie […] Non credo che l'horror debba essere limitato da alcuno standard, da alcun conformismo dei tempi, come spesso accade. È il genere più libero che conosco ed è per questo che lo amo così tanto. […] So che alcune persone erano sorprese dal film e altre erano molto arrabbiate, lo odiavano. Sono stato persino accusato da una minoranza di essere fascista e sessista, il che, secondo me, è una sciocchezza assoluta” (comingsoon.net).
⟡ Nessun dato, per ora.
Titolo originale
Id.
Regista:
Pascal Laugier
Durata, fotografia
97', colore
Paese:
Canada, Francia
2008
Scritto da Exxagon nell'anno 2012; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
