Saint Ange
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Voto:
Anna (Virginie Ledoyen) giunge a Saint Ange, un orfanotrofio ormai cadente, con il compito di fare pulizie. In quel tetro maniero si trovano solo altre tre donne: la malata di mente Judith (Lou Doillon), la domestica Ilinka (Dorina Lazar) e Francard (Catriona MacColl) algida suora che gestisce il tutto. Ad Anna, triste e nervosa perché incinta, viene consigliato di stare attenta ai "bambini che fanno paura".
LA RECE
Raffinato film con donne e di donne o, meglio, di lati della femminilità. Intrigante per chi ne sa di psicodinamica; non è, però, molto sensato fare un film che implichi competenze psicologiche di livello così elevato. Possono bastare l'atmosfera e quei due o tre momenti di paura? Il pubblico ha detto di no.
Primo lungometraggio del regista Laugier precedentemente impegnato come attore nell'interessante il Patto dei lupi (2001). Nonostante la poca esperienza dietro la macchina da presa, Laugier dimostra di saper sfruttare spazi e luci, coadiuvato dalla notevole fotografia di Pablo Rosso. Là dove il regista pecca, rifacendosi a tipici stilemi horror (inquadrature a campo corto, suoni, cose che spuntano dagli angoli), si compensa con le atmosfere desolate dell'orfanotrofio che, in una certa misura, ricordano il manicomio di Session 9 (2001) e, nella sporadicità delle presenze umane, richiama the Others (2001). Bellissima e brava Virginie Ledoyen nei panni di una giovane traumatizzata da un passato di violenze che si presta anche a una scena di nudo di grande raffinatezza. Inquietante Lou Doillon che trasmette con il viso tutta la follia e la solitudine del collegio. Da citare la presenza di Catriona MacColl, volto noto dell'horror italiano (Paura nella città dei morti viventi 1980; ... E tu vivrai nel terrore - l'Aldilà; 1981; Quella villa accanto al cimitero, 1981) qui nella parte di una suora di ghiaccio. Le quattro protagoniste rappresentano non solo differenti età della donna ma, soprattutto, diversi archetipi femminili: Judith è la virginale alienata che, in quanto tale, è più vicina al mondo dell'occulto e al dialogo con le entità paranormali; suor Francard è la donna che ha rinunciato alla sessualità e la sua "sterilità" si riflette nella rigidità del suo essere; Ilinka è la donna fallica, virile, incline al bere; Anna, poi, è la donna femmina per eccellenza, l'unica che, fra le quattro, può partorire e che, a causa dell'origine della sua gravidanza, è anche "donna vittima". La rilettura psicologica non si ferma qui: Anna fruga e distrugge parti dell'orfanotrofio che, psicanaliticamente, in quanto casa, rappresenta la madre/utero, parallelamente al figlio che lei porta in grembo il quale la distrugge dall'interno. Altre specifiche in calce. Saint Ange è un buon film, ricco di un'atmosfera inquietante con alcuni momenti di paura ben riusciti. Il finale, di una certa visionarietà, alza il punteggio weird. Il film, però, paga pegno per le sue libidini psico-intellettuali e sembra non decollare mai, assorto col naso francese all'insù nei suoi compiacimenti formali che qua e là ricordano Fulci e Argento. D'altro canto, non è che la linearità e l'esplicitazione dei contenuti e del senso siano obblighi di legge per un film. Il pubblico, ad ogni modo, non ha premiato nel tempo tanta ricerca di raffinatezza.
TRIVIA
⟡ Segue una delucidazione sulla trama e sul senso del film per chi avesse trovato arcano lo svolgimento. Non leggano oltre coloro che non lo abbiano ancora visto. Saint Ange ha una trama che corre su due binari: ciò che effettivamente accadeva in quel collegio e le vicissitudini che hanno portato alla gravidanza della protagonista, nonché il suo vissuto circa essa. Anna è stata probabilmente stuprata da più uomini mentre faceva la domestica nel precedente lavoro: questo lo si desume dall'incubo in cui si vedono un tot di uomini nudi e dalle ferite che ha sulla schiena. La gravidanza deriva da quell'episodio e, come ovvio, non è vissuta con serenità. Nel collegio, durante la guerra, i bambini più malati o con handicap venivano messi in un'ala speciale; alcuni di quelli venivano mandati nei sotterranei nei quali si compivano esperimenti, fra i quali una specie di idroterapia, motivo per cui l'acqua nei bagni dei bambini normali ogni tanto spariva. Queste sperimentazioni avevano mutato il colore dell'iride di alcuni alcuni bambini; l'immagine finale ci mostra Judith con un occhio azzurro e uno marrone. Lei, perciò, era una di quei bambini, oltre al fatto di aver riconosciuto la sua bambola nell'ala nascosta. Il disagio psicologico che vive Anna per la gravidanza si trasforma in una psicosi per cui il feto, vissuto come minaccia (è incarnazione di un trauma), viene proiettato all'esterno come oggetto persecutore. Siccome il desiderio di morte nei confronti di un figlio procura una distonia psicologica, la ragazza lo nega reattivamente sviluppando un comportamento opposto: un'ossessiva voglia di svelare l'orrore e salvare i bambini. Ma Anna è carnefice (uccide i gattini, come detto da Helenka, e odia il proprio figlio) e, in risonanza con il passato scomodo di Saint Ange, finisce per abortire in un crollo psicotico in cui è l'oggetto persecutorio a obbligarla al parto prematuro. Nell'aldilà psicotico (notare che solo Judith la vede alla fine) la figura della madre assassina e della madre amorevole coesistono in una scena in cui si mostra l'allattamento e i bambini che la circondano.
Titolo originale
Id.
Regista:
Pascal Laugier
Durata, fotografia
98', colore
Paese:
Francia
2004
Scritto da Exxagon nell'anno 2007 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
