the Mortuary collection
Voto:
Alla casa mortuaria Raven’s End, gestita dal sepolcrale Montgomery Dark (Clancy Brown), si presenta la bella e giovane Sam (Caitlin Custer) rispondendo alla richiesta di un’assistente. Montgomery introduce la caustica Sam alle durezze di un peculiare lavoro raccontandole tre storie, la quarta verrà raccontata dalla ragazza. Un’affascinante ladra alle prese con qualcosa che si nasconde nell’armadietto a specchio sopra il lavello del bagno. Un bel giovane universitario patirà una brutta sorpresa dopo l’avventura di una notte. Un marito cerca di porre fine alle sofferenze della consorte catatonica. La storia di raccordo, relativa alla fuga di un killer dal manicomio, chiarirà il fatale incontro tra Montgomery e Sam.
LA RECE
Finalmente un portmanteau horror perfettamente equilibrato in tutti i suoi episodi, ivi compresa la wraparound story. Voto che, si badi, premia il film all'interno del suo specifico genere del quale va a porsi al livello più alto.
Voto: 10. Al netto della viscosa nostalgia che rende refrattari a ridimensionare le emozioni filmiche provate nell’infanzia con Creepshow (1982) e, ancor prima, con i diversi e affascinanti portmanteau della Amicus a partire da le Cinque chiavi del terrore (1965), the Mortuary collection emerge come il miglior film horror antologico che, ad oggi, mi sia mai capitato di vedere, detto da un amante di questo specifico genere che, di questo genere s’è visto quasi tutto, ivi comprese le serie tv dai flebili toni sinistri (Ai confini della realtà, 1959-1964) gli omnibus dai palesi toni splatter (i Racconti della cripta, 1989-1996) e i moderni exploit (Scary stories to tell in the dark, 2019) ai quali il lavoro di Ryan Spin appartiene. Se il leitmotiv relativo a questo genere di pellicole è “qualità discontinua”, in riferimento a segmenti eccellenti ed altri modesti, con the Mortuary collection si perviene ad un piacevole ed elevato equilibrio di ogni racconto e alla proposta di diversi temi (monster-movie, slasher, splatter, ghost story, weird) impacchettati dalla migliore wraparound story possibile, dipinta in una scenografia gotica di grande fascino. Non solo la storia di raccordo trova un suo gustoso modo circolare di esprimersi con indizi buttati lì ad inizio film e dimenticati dallo spettatore (il quotidiano) ma essa si incastra anche armonicamente con i racconti narrati in vista di un gran finale. Se il primo racconto della ladra alle prese con “la curiosità che uccise il gatto” può sembrare banale (e il film stesso autoironicamente lo sottolinea), già con il racconto dell’universitario Jake siamo a livelli altissimi, tali che quest’unica storia avrebbe meritato un lungometraggio per l’intelligente spunto di invertire i ruoli maschio-femmina. Di più non ha senso dire ma l’episodio offre molto di più che un certo contrappunto morale. Disperato, poi, il racconto di un marito amorevole che si trova a dover procedere con un’eutanasia che va davvero per il peggio. L’atmosfera dello stabile in cui avviene il dramma è dominata da toni verdi, subacquei, a metà strada, anche per la presenza della bizzarra condomina, fra Polanski e Jeunet e Caro. Per il terminale episodio, diretta premessa della wraparound story, Ryan Spindell, anche alla scrittura, sviluppa il suo corto the Babysitter murders (2015) che, senza eccedere in visioni splatter richiamabili facilmente dal tema, è di una crudeltà non comune suggerita nella conclusione a forno aperto. Se i portmanteau horror erano mai stati carenti in qualche comparto, Spindell riesce nell’impresa storica di creare un omnibus che contiene davvero tutto, ironia fumettistica compresa, in una qualità narrativa ed estetica inappuntabile, interpretando alla perfezione la lezione del film da seconda serata, ivi compreso l’inserimento di un ospite perfetto, Montgomery Dark interpretato da chi fu villain in Highlander (1986), un po’ Tall Man e un po’ zio Creepy. Piacerà anche ai non avvezzi al genere che, però, si devono preparare a qualche colpo basso perché, pur ironicamente, il film ha del sangue e della cattiveria da somministrare. Non si tratta di una perfezione cinematografica in senso assoluto ma, nell’ambito dell’horror ad episodi, the Mortuary collection è il capolavoro da non perdere che, mi si consenta, a questo punto scalza dal podio il seppur mitico Creepshow.
TRIVIA
Ryan Spindell (1979) dixit: “Un mio amico ha detto che un lungometraggio è come un matrimonio e un cortometraggio è come l'avventura di una notte. […] Penso che molte persone sbaglino perché non comprendono il mestiere di scrittore di cortometraggi, non lo considerano come una forma d'arte unica. Questi prendono ciò che sanno sui lungometraggi e poi cercano di ridurlo in forma breve, oppure prendono il segmento di un lungometraggio e mostrano solo una parte di una storia. Io sono dell'idea che un cortometraggio dovrebbe avere una bella struttura in tre atti, una premessa, una chiusa che ripaga e uno sviluppo dei personaggi. Tutte cose di cui avresti comunque bisogno in un lungometraggio” (scifinow.co.uk).
⟡ L’edificio set del film è il Flavel House Museum di Astoria, Oregon, uno degli esempi meglio preservati di architettura in stile Regina Anna, ovvero il primo barocco inglese (XVIII sec.). Si tratta della stessa location usata per il film the Goonies (1985).
⟡ Buona parte dei libri visibili nel film sono resti scenografici della serie tv the Librarians (2013-2018).
⟡ Caitlin Custer era incinta di 7 mesi durante le riprese.
⟡ Le bandierine triangolari appese nella sede della confraternita del secondo episodio riportano i cognomi di diversi membri della troupe che ha lavorato al film.
Titolo originale
Id.
Regista:
Ryan Spindell
Durata, fotografia
108', colore
Paese:
USA
2021
Scritto da Exxagon nell'anno 2012; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
