l'Occhio che uccide
Consigliato
Voto:
In una Londra perbenista che, però, traffica in immaginette erotiche, Mark (Carl Boehm) lavora come operatore nell'industria del cinema e arrotonda come fotografo di scatti osé. Di notte, tuttavia, Mark va in giro a uccidere prostitute e filma tutta l'esecuzione. Per chi lo conosce, Mark non è che un bravo ragazzo timido e una sua inquilina, Helen (Anna Massey), finisce per innamorarsene. La madre di Helen (Maxine Audley), benché cieca, sembra vedere più in là della figlia ma non ha le prove di cosa stia accadendo. Mark, combattuto fra il suo voyeurismo e l'affetto verso Helen, le mostra un vecchio filmato in cui il proprio padre lo sottoponeva a sadici esperimenti psicologici dai quali Mark è uscito destabilizzato.
LA RECE
Horror psicologico contemplativo e limitato nella ricerca dell'effetto ma di grande modernità e profondità. La critica distrusse la carriera del regista che aveva semplicemente osato rappresentare in modo acuto e intelligente la scopofilia di registi e cinefili, fra i quali spiccano, appunto, i critici. Capolavoro. Un punto in più con spirito risarcitorio.
Peeping Tom, il guardone. Mark è un voyeur per il quale sesso, orrore, paura e fare cinema si compenetrano e, per estensione del concetto, voyeur sono tutti coloro che si siedono a guardare la vita di altra gente che scorre sugli schermi, che essa parli di sesso, di orrore o quant'altro. Ciò che ha da dirci Powell è qualcosa di scomodo. Al tempo, gli argomenti del regista arrivarono come una stoccata sui benpensanti critici e censori inglesi, i quali, sentitisi toccati nel vivo, cassarono il film definendolo pura immondizia, facendo in modo che fosse tolto dalle sale e, praticamente, distruggendo la carriera del regista che dei critici ebbe a dire: "Quando mi sorpresero isolato, allegramente mi mozzarono gli arti e saltellarono sul mio cadavere". Ci penserà gente come Martin Scorsese a farci capire che Peeping Tom era un’opera di gran valore. Forse, il pubblico non era ancora pronto ad affrontare un discorso metacinematografico e psicologico di questa caratura, oppure, se il film avesse portato la firma prestigiosa di un Hitchcock, le cose sarebbero andate diversamente per l'Occhio che uccide. Mentre il coevo Psyco (1960) puntava sulla reazione epidermica e usava la psicologia per spiegare il serial killing creando una distanza fra l'assassino e lo spettatore, il personaggio di Mark raccontatoci da Powell è uno specchio sulla cui superficie troppi volti potrebbero riflettersi. Martin Scorsese, grande ammiratore del lavoro di Powell, riconobbe nell'operato di Mark quello che, in fondo, è il lavoro del regista: dire agli attori cosa fare, stare nell'ombra e filtrare attraverso i propri occhi la realtà rappresentata. Non è così, in un certo qual modo, anche per lo spettatore? E rispetto allo spettatore di film horror, cosa lo spinge a guardare la paura nel volto delle altre persone? Quanto è l'elemento di morbosità, forse anche sessuale o sensuale, in tale processo? Questo film gioca con la scopofilia dello spettatore e finisce per ribaltargli contro tale tendenza. Entrando nello specifico si può apprezzare la cura con cui Powell svolge il tema. In prima istanza abbiamo il protagonista interpretato dal Carl Boehm, aka Karlheinz Böhm poi pupillo di Fassbinder, che Powell scelse poiché figlio di un noto direttore d'orchestra; molto del film, infatti, è relativo al rapporto del figlio con un padre importante. La performance di Boehm va a dipingere un killer a doppia faccia, timido e letale, sadico ma fragile al punto che è difficile non simpatizzare. Uomo solo, Mark abita in una casa che, come lui, è divisa in due: una parte è modesta ed essenziale; l'altra, dietro il pesante telo che è quello del cinema e della coscienza, nasconde la camera oscura, le telecamere e tanti di quei macchinari da somigliare al laboratorio di un mad doctor. Ma la cine-parafilia di Mark non si ferma qui, è una specie di psicosi che lo porta a identificarsi con la macchina da presa nel momento in cui tocca il proprio corpo specularmente ai gesti di Helen mentre sceglie il posto in cui appuntare la spilla. Il feticcio di Mark è la cinepresa ed è per questo che bacia la lente in risposta al bacio di Helen, ed è agitatissimo mentre un poliziotto tocca la macchina da presa come se fosse geloso o, ancor più, come se quella fosse estensione del suo stesso corpo. In tutto questo gioco di specchi, di chi guarda e di chi è osservato, la persona che per prima si accorge che qualcosa non va nella vita di Mark è la madre di Helen, cieca e senza nome (cfr. il Gatto a nove code, 1971). La donna è, per il suo difetto fisico, ovviamente fuori dai giochi e ciò le permette di accorgersi dell'inghippo, anche se non sembra aver nessun potere sulle dinamiche dei protagonisti. A livello tecnico, il film sorprende fin dalla prima magistrale scena (qualcosa di simile si vedrà in Marnie di Hitchcock) realizzata in una strada volutamente artificiale immersa in un insieme innaturale di colori; la ripresa è la soggettiva di una ripresa di Mark. Poco dopo, avremo la possibilità di rivedere la stessa scena proiettata sul telo nella camera di Mark con lui girato di spalle a guardare le immagini, con noi e come noi. L'Occhio che uccide, film contemplativo e molto limitato nella ricerca dell'effetto, è non solo un horror-thriller di grande modernità e intelligenza, precursore dei film che vedono protagonista uno psicopatico con il quale il pubblico empatizza (cfr. il Silenzio degli innocenti, 1991), ma è uno dei pochi horror che obbliga lo spettatore a pagare un pegno psicologico per la visione. A differenza di tantissime pellicole horror che creano una distanza enorme fra esse e chi le guarda, Peeping Tom le azzera. Quanto, dunque, c'è di Mark in ognuno di noi cinefili?
TRIVIA
Michael Latham Powell (1905-1990) dixit: “Ho avuto il mio primo ingaggio come regista nel 1927. Ero magro, arrogante, intelligente, sciocco, timido, coglione, sognatore e irritante. Oggi non sono più magro” (IMDb.com).
⟡ Nella scena in cui Mark sta per uccidere la modella Milly, la ragazza mostra quasi il seno. Per la versione USA si è dovuta rigirare la scena con la ragazza col seno coperto.
⟡ Una recensione del tempo (Derek Hill sul Tribune) così recitava: “L’unica maniera davvero soddisfacente di disporre de l’Occhio che uccide è prenderlo con la paletta e butarlo subito nel gabinetto più vicino, tirando l’acqua. Anche così se ne continuerebbe a sentire la puzza”.
⟡ Fra le telecamere che si vedono nella stanza di Mark ce n'è una di proprietà di Powell: era la sua prima telecamera, una Eyemo a mano che il regista vinse in una competizione.
⟡ Michael Powell compare nei panni del padre di Mark, visibile nel vecchio filmato di famiglia. Nello stesso filmino, il piccolo Mark è interpretato da Columba Powell, il figlio del regista, mentre la madre di Mark che, sempre nel filmato, si vede sdraiata a letto, fu interpretata da Frankie Reidy, madre di Columba e seconda moglie di Powell.
Titolo originale
Peeping Tom
Regista:
Michael Powell
Durata, fotografia
101', colore
Paese:
UK
1960
Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
