Organ
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Voto:
Due poliziotti, Numata e Tosaka, s’infiltrano in una gang di trafficanti di organi. Qualcosa va male durante un raid al quartier generale della banda, e Tosaka rimane nelle mani dei malviventi. A Numata non resterà che pianificare una vendetta che lo porterà di nuovo a entrare in contatto con una realtà assurda e sanguinaria.
LA RECE
Necropoesia chirurgica dal Giappone alla fine del millenio, disgregazione corporea come metafora del collasso sociale post-bolla economica, miscelando estetica cyberpunk e tradizione del Grand Guignol. Tutto ciò in fase pre-J-horror.
"Ho voluto descrivere l'agonia dell'anima ferita di qualcuno che sta marcendo dall'interno", parole di quella Fujiwara attrice nel cult Tetsu (1988) e, qui, cineasta nonché interprete nei panni di una nasty woman. Al seguito, la compagnia teatrale underground Organ Vital con la quale Kei mette in scena un film onirico, nauseante e molto poco lineare. La pellicola è intrisa di fluidi corporei di ogni sorta e colore, anche se il rosso e il verde la fanno da padroni andando a strutturare una scenografia di tipo teatrale che tradisce l'origine degli attori. Benché molto giapponese nel suo modello recitativo e nell'enfasi con cui viene sottolineata l'alienazione sociale (Tetsuo rimane il modello di riferimento) Organ è debitore di pesanti influenze occidentali che vanno da Lynch a Cronenberg: la Mosca (1986) viene citato apertamente verso la fine della pellicola, mentre le piaghe purulente ispezionate dalla cinepresa e dagli attori con morboso interesse anticipano Crash (1996). Fra le scene più forti, quelle che vedono protagonista il povero Tosaka, reso esperimento vivente e nutrito con sangue di vergini. La finalità del mostrare è metaforica: la piaga infetta e contagiosa rimanda a un male di vivere che si fa visibile: Tetsuo aleggia ancora su Organ ma qui è la biologia e là era la tecnologia. A monte di queste alte giustificazioni c'è il mestiere di una regista che conosce bene il suo pubblico nutrito a suon di manga e desideroso di vedere süpüratta, splatter alla nipponica. Peccato che Organ abbia più di una debolezza: una regia poco creativa a una sceneggiatura insufficiente per reggere centocinque minuti. Il pericolo, per questa pellicola della Fujiwara, una delle poche donne che abbia osato lo splatter a tali livelli, è che molti degli appassionati prendano il suo film come un sanguinaccio di quelli buoni per vedersi un po' di frattaglie snaturando completamente la finalità del messaggio; facile che, fra tutte quelle piaghe, quei miasmi, quel sangue e quel pus, il messaggio colto rischi di suppurare. Comunque, film weird e violento non indicato ad un pubblico mainstream.
TRIVIA
Kei Fujiwara (1957) dixit: “Quando ero giovane, vivevo in campagna. Leggevo sempre e solo di cose di teatro ma non ho mai avuto l'opportunità di vedere teatro d'avanguardia. Quando ero al liceo, leggevo ancora e ho preso un libro di Antonin Artaud che conteneva questo termine francese. Significa i vasi della vita. […] In giapponese si dice gozōroppu e per me significa il corporeo. È il nome della mia compagnia teatrale, ed è sempre stato così per me. Nati in questo mondo tridimensionale con i nostri corpi, noi percepiamo e ci esprimiamo. Questo è ciò che è interessante nella vita” (mubi.com).
⟡ La distribuzione originale di Organ fu notoriamente problematica. Il laboratorio che sviluppò il negativo rifiutò inizialmente di completare il processo a causa dei contenuti estremi. Però, poi, il film raggiunse un culto internazionale grazie alla sua proiezione al Festival di Rotterdam del 1997, dove il critico Tony Rayns lo descrisse come "un'esperienza cinematografica che riconfigura il corpo dello spettatore".
Titolo originale
Id.
Regista:
Kei Fujiwara
Durata, fotografia
105', colore
Paese:
Giappone
1996
Scritto da Exxagon nell'anno 2012; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
