Phone

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Voto:

La giovane giornalista Ji-Won (Ji-won Ha), che sta lavorando a un servizio sugli abusi sessuali su minori, inizia a ricevere minacce sul cellulare da parte di un uomo che sarebbe coinvolto con il giro pedofilo. Spaventata, Ji-Won decide di cambiare numero di telefono ma, fatto questo, le iniziano ad arrivare telefonate ben peggiori e non relative alla sua inchiesta. Tutto inizia a prendere una piega oscura e opprimente. La sua nipotina, poi, pare comportarsi come fosse posseduta, e la sorella della giornalista sembra nascondere un terribile segreto.

LA RECE

Un banale oggetto quotidiano in un condotto per forze soprannaturali vendicative. Un giallo di gusto quasi italiano. Come Ringu ma più occidentalizzato. Buon divertimento.

Horror orientale in piena new wave J-horror quando, nel primo decennio del 2000, il genere new-slasher (Scream, 1996) pareva aver stancato un po’ e il pubblico aveva iniziato ad apprezzare questo nuovo modo di aver paura, forse più affine ai sottili timori millenaristici che percorrevano la società del tempo: fantasmi, scheletri nell’armadio, sensi di colpa da confessare prima del giudizio finale. Tutto iniziò con Ringu (1998) di Nakata, e Pôn, secondo la logica del cavallo vincente che non va cambiato, percorre i canonici binari del j-horror, in parte con spirito di plagio, in parte per appartenenza culturale. La ricorsività di elementi quali la presenza di fantasmi, capelli scuri, tempi lunghi e apparentemente morti sono lì a dimostrare questo, nonché la sensibilità folkloristica di laggiù. La pellicola è ben recitata, soprattutto notevole l'interpretazione della bambina, e sembra volerci anche dire qualcosa a proposito della destabilizzazione delle strutture familiari tradizionali sotto la pressione della modernizzazione accelerata della quale il cellulare diviene incarnazione assoluta. I momenti di tensione sono molteplici, anche se, a volte, non colgono del tutto alla sprovvista; tuttavia, quando lo fanno, riescono molto bene nel loro intento. Il film è supportato da una trama gialla intrigante ma non originale che mescola paranormale a tragedia familiare in direzione di un finale che, senza voler dire troppo, ricorda in qualche modo Sette note in nero (1977) di Fulci. Se, però, si dovesse cercare qualche indiscutibile similitudine, è il caso di citare Housemaid (1960) di Kim Ki-Young, un po' per il conflitto fra classi sociali, un po' per la scena nella quale Yeong-ju cade dalle scale, dichiarato omaggio al film del ‘60. Rispetto all'osannatissimo Ringu, Phone sfrutta meglio l'atmosfera, aggiunge tensione, troppo rarefatta nel lavoro di Nakata, e sviluppa la trama in modo più compiuto e verosimile sui binari di un fatto di cronaca nera filo-occidentale. Per questi motivi, Phone può risultare più potabile per un pubblico mainstream di quanto potesse l’originale Ringu caratterizzato da un imprinting orientale ben più marcato. Interessante, infine, anche se non esattamente cosa mai fatta in precedenza, quella di focalizzarsi su un oggetto di uso quotidiano - e che sarebbe diventato, nella figura dello smartphone, oggetto totalizzante - come condotto per forze soprannaturali vendicative, incarnando, in qualche modo, l'ansia tecnologica contemporanea che quell'oggetto stesso veicola tradotta nel linguaggio di un folklore più classico.

TRIVIA

Byeong-ki Ahn dixit: “Scrivere e filmare un horror è doloroso ma sto proseguendo nel lavoro. Lavorare su una commedia o sulla sceneggiatura di un dramma può essere commovente e divertente ma, per un film horror, scrivere da solo di notte mi spaventa ancora. A volte penso se continuare a farlo. Scrivere la sceneggiatura di un film horror è un vero dolore” (asiae.co.kr).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Pôn

Regista:

Byeong-ki Ahn

Durata, fotografia

100', colore

Paese:

Corea del Sud

Anno

2002

Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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