lo Spettro
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Voto:
Scozia, 1910. Il dottor Hichcock (Elio Jotta) è malato e sperimenta su di sé, con l'aiuto del collaboratore Charles (Peter Baldwin), una cura che prevede l'uso di un veleno e dell'antidoto. Tuttavia, Margaret (Barbara Steele) è stanca di avere un marito malato e convince Charles a eliminare il dottore. Dopo la morte di quest'ultimo, però, nella sinistra magione iniziano ad avvenire strani fenomeni.
LA RECE
Freda, sempre immerso nei suoi goticismi, anticipa il thriller all'italiana anche se il film origina da una scommessa che doveva vedere il regista lavorare in fretta e furia. Tra carillon inquietanti e sangue che macchia l'obiettivo, in scene che Bava e Argento faranno proprie, Freda si conferma il padre nobile del nostro horror.
Seguito de l'Orribile segreto del Dr. Hichcock (1962) solo nominalmente, dato che le due storie sono disgiunte e si limitano a riproporre il personaggio della governante e il cognome del protagonista, là necrofilo, qui malato. Le sordide tematiche del film del '62, costate care in termini di censura, vengono abbandonate per un più canonico gothic horror in stile vittoriano che, però, con suggestioni prese da i Diabolici (1954) di Clouzot, prefigura il thriller all'italiana con la borghesia criminale. Il soggetto, in sé semplice, si arrende alla capacità di Freda di ricreare un'impeccabile atmosfera gotica con tutto il consueto armamentario: tombe, apparizioni, spiritismo, teschi e i consueti momenti di lentezza e melliflue melodrammaticità. Tali rallentamenti, però, preparano a una seconda parte più movimentata che, per contrasto, rompe con la quotidiana sofferenza degli Hichcock,introducendo fenomeni fuori dall'ordinario. In un esercizio di continenza narrativa, Freda e Oreste Biancoli, al soggetto e sceneggiatura, evitano l'eccesso di facili paure e sotto-trame, concentrando lo sforzo nella realizzazione di scene d'impatto ben orchestrate (la sequenza della caduta della carrozzella dalle scale) fino a un crudele finale con doppio colpo di coda. Rimane ai posteri la sequenza di una selvaggia Steele, avida e mortifera, che uccide a rasoiate, il tutto nella soggettiva della vittima e con il sangue di questa che sporca l'inquadratura: una brutalità di rappresentazione della morte poi passata a Mario Bava e, da questi, a Dario Argento. Per vendere di più, abbiamo un profluvio di nomi stranieri compreso il musicista Franco Mannino, qui Frank Wallace, che sottolinea tutto in maniera roboante, come d'altronde si faceva ai tempi, ma azzecca un motivetto al carillon, elemento che diverrà portante in tante future pellicole horror prodotte nello Stivale. Sullo sfondo, il bravo Umberto Raho interpreta un antipatico reverendo. Freda (i Vampiri, 1960) confermava le sue qualità di padre dell'horror italiano.
TRIVIA
Barbara Steele ricorda: "Lo spettro [Riccardo Freda] l'ha fatto per scommessa. Qualcuno gli aveva detto: "È impossibile che tu faccia un film in dieci giorni, scriverlo, montarlo, finirlo... un lavoro di ventitré giorni e mezzo, almeno". Lui, invece, lo ha fatto. E mi ricordo la frenesia sul set per finire in tempo per vincere la scommessa" (Nocturno dossier 80, 2009) .
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Robert Hampton [Riccardo Freda]
Durata, fotografia
97', colore
Paese:
Italia
1963
Scritto da Exxagon nell'anno 2011 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
