Three

-

Voto:

Memories: una donna si sveglia in strada in stato amnesico. Un uomo non si ricorda perché sua moglie l'ha lasciato. Forse qualcosa di terribile è avvenuto e, ora, è perso nella memoria. The wheel: alcuni burattini maledetti causano incendi, possessioni e incubi in una piccola comunità thailandese. Going home: un poliziotto che non trova più suo figlio finisce sequestrato da un uomo che tiene in casa la moglie morta nella convinzione che di lì a poco possa risorgere.

LA RECE

Horror antologico che esplora temi di memoria, karma e ossessione. Esperimento interessante, pur non perfetto, innestato negli anni d'oro del cinema d'orrore orientale.

Tre storie provenienti da tre nazioni diverse: il primo racconto, quello coreano, il più elegante; il secondo, thailandese, il più folkloristico e il più debole; il terzo, il migliore. Memories è stato diretto da Kim Ji-Woon (Two sisters, 2003) che struttura una storia di un certo fascino formale ma che riesce a colpire nel segno solo nei primi cinque minuti composti da lunghi piani sequenza silenziosi e irreali, cinque minuti che mettono a dura prova i nervi dello spettatore. Per il resto, si assiste alla solita ghost story all'orientale con i prevedibili mezzi per sollecitare paura: capelli neri lunghi, rumori e il resto dell’armamentario. Il racconto, che esordisce come un mystery, si va ad arenare nella poca chiarezza dello svolgimento, nei dialoghi limitatissimi e in un formalismo registico alla lunga stucchevole. Bene o male, si capisce cosa sia accaduto alla protagonista allo scoccare del ventesimo minuto, anche se gli aggiuntivi venti non riescono a chiarire cosa abbia portato alla tragedia. Insomma, esteticamente bello e con qualche momento iniziale di vera paura ma, nel complesso, non riuscitissimo. The Wheel di Nonzee Nimibutr, che diresse l’horror romantico Nang nak (1999), è l'episodio più debole dei tre e presenta qualche spunto d’interesse sul piano antropologico, dato che la storia ha molto a che vedere con il folklore thailandese. Si tratta di leàk, la magia di laggiù (Mystics in Bali, 1981) che, questa volta, si lega ai pupazzi di legno che vengono usati negli spettacoli tradizionali e che si prendono una sana vendetta sugli uomini. Note di colore e qualche balletto suggestivo come sanno fare in Thailandia. Going home di Peter Chan è, invece, un film di grande delicatezza anche nello score musicale. Chi avrà avuto la pazienza di non farsi scoraggiare dal segmento thailandese verrà premiato. Più bizzarro che orrorifico, Going home è un racconto romantico inserito in una cornice drammatica fatta di case popolari e gente semplice. L'inizio del film suggerisce la presenza dei soliti fantasmi ma non è così o, meglio, non solo. C'è qualcosa di struggente nel comportamento dell'uomo che non si arrende alla morte della propria amata e la tiene in casa curandola nella convinzione che possa tornare alla vita. C'è qualcosa di struggente, di macabro e forse di vero. La regia di Chan è molto disciplinata, così come la fotografia è desaturata ed elegante. Il regista inizia utilizzando qualche metodo facile per suscitare paura ma, poi, coraggiosamente, torna ad uno stile meno risaputo. Validissimo segmento di cinema bizzarro, insomma, che riesce a fare paura e a commuovere al medesimo tempo. Un episodio riuscito su tre non è quella che si definisce una media convincente ma tutti i mediometraggi dell’insieme rappresentano comunque una buona finestra verso il cinema horror asiatico. Attenti che si fa confusione con i titoli: Three è stato anche distribuito come Three... Extremes 2 per sfruttare il successo della seguente raccolta di mediometraggi uscita nel 2004 col titolo Three... Extremes arrivata in occidente prima di Three.

TRIVIA

Peter Ho-Sun Chan (1962) dixit: “I registi di Hong Kong sono come piccoli marmocchi, perché, per quanto commerciale fosse l'industria di Hong Kong, è sempre stata molto indipendente nello spirito. Abbiamo fatto film commerciali ma erano tutti basati sulle decisioni dei registi, non degli studios. Con gli studios di Hong Kong c'è meno intervento da parte loro e promuovono i film con meno marketing. Quando c’è di mezzo il marketing, l’azione degli studios si fa più pesante e si ha un pubblico target a cui si punta, il che è ottimo per gli affari ma limita la libertà creativa e, in questo caso, i registi sono come un pezzo del puzzle, un bullone dell’ingranaggio” (easternkicks.com).

Nonzee Nimibutr (1962) dixit: “Penso che un giorno […] i film saranno proiettati su internet e che tutti potranno vederli ovunque. Credo accadrà entro due anni.” (bk.asia-city.com - 5/2012).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Saam Gaang

Regista:

Jee-Woon Kim, Nonzee Nimibutr, Peter Ho-Sun Chan

Durata, fotografia

120', colore

Paese:

Hong Kong, Sud Corea, Thailandia

Anno

2002

Scritto da Exxagon nell'anno 2008 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

commercial