Wolfen - la Belva Immortale
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Voto:
Il detective Dewey Wilson (Albert Finney) investiga sulla morte del ricco Van Der Veer sul cui corpo vengono rinvenuti peli di lupo. A New York City sembra esistere una specie intelligente e aggressiva di lupi che cerca le prede fra i reietti della Grande Mela, e Van Der Veer stava tentando di riqualificare l'area nella quale le belve si nascondono.
LA RECE
Rilettura raffinata del mito licantropico che privilegia l'atmosfera e l'impegno sociale rispetto all'effettistica. Anche per questo, il film non incontrò il favore del pubblico abituato alla spettacolarizzazione del mito del licantropo per come veniva venduto in quel periodo. Rivisto adesso è un nì.
Tratto dall'omonimo romanzo di Whitley Strieber edito nel 1978, Wolfen uscì in un periodo di grande curiosità cinematografica per la licantropia: l'Ululato (1980), un Lupo mannaro americano a Londra (1981), Full moon high (1982), Unico indizio la luna piena (1985). Mentre la maggior parte della nuova corrente licantropica era tutta concentrata a sbandierare effetti protesici, in alcuni casi di grande livello come fu per il film di Landis dell’81, Wolfen si pose come voce alternativa e rilettura raffinata del mito del lupo mutante e, non sorprendentemente, al pubblico educato alla spettacolarizzazione visiva, la revisione non piacque granché. Alla regia il Michael Waldegh che una decade prima aveva diretto l’epocale documentario Woodstock (1970) regalando all'happening una risonanza leggendaria che, di per sé, l'evento non aveva avuto. La scelta di interrompere una pausa durata undici anni per dirigere Wolfen fu particolarmente strana, anche perché, nella limitatissima eredità cinematografica lasciata dal regista, tutti i successivi lavori si sono rifatti, bene o male, alla sua grande opera del ‘70. Walbergh decise di reinterpretare il libro di Streiber, un lineare esempio di romanzo horror, inserendo molti, forse troppi elementi non presenti nel racconto originale, uno su tutti gli Indiani d'America. La controparte cinematografica è, d’altro canto, socialmente più impegnata del romanzo: ci sono i senzatetto, i plutocrati che acquistano spazi per pianificazioni territoriali selvagge, gli indiani con i loro miti e la loro saggezza. Soprattutto, l'inserimento del mito indiano pare interessante e dà anche la possibilità di creare scene ben realizzate, quale il confronto sul ponte. Il film non manca di atmosfera e di personaggi validi: il detective ben interpretato da Finney dà un tocco noir, dato il suo personaggio di stampo antieroico che incontra tutta una serie di altri personaggi eccentrici sui quali svetta il buddy afroamericano interpretato dallo stesso Gregory Hines visto ne la Pazza storia del mondo (1981) di Mel Brooks. Il film, nonostante l’inverosimile tema di fondo, rimane coerente; l'atmosfera regge e, almeno al tempo, le immagini solarizzate utilizzate per simulare la visione dei lupi risultavano abbastanza originali. Oggi la soluzione di solarizzazione è quasi sempre percepita come dozzinale e pacchiana. Il finale, non del tutto imprevedibile, ha qualche guizzo splatter a recuperare quei momenti in cui il film s'era fatto verboso, crepuscolare e poco dinamico. Il sottofondo ecologico e sociale, così come la rilettura indiana della licantropia, potrebbero ancor oggi non incontrare i gusti del più ampio pubblico; nondimeno, Wolfen non è un film privo di qualità, anche se presuppone un tipo di spettatore non solo dedito al mero intrattenimento.
TRIVIA
Michael Wadleigh (1939) dixit: “Credo di aver scritto delle grandi sceneggiature per le quali sono stato pagato un sacco di soldi e ci sono due grandi film là fuori dai quali ho tolto il mio nome perché le mie sceneggiature erano state rovinate. Penso che il problema sia stato che ho frequentato la Columbia Medical School e sono sempre stato un tipo serio e ho iniziato a fare cinema con un progetto politico. Quando mi è stato chiaro, dopo 15 anni, che le cose non stavano prendendo la forma sperata, ho dato la colpa a me stesso perché avevo una finalità e non avevo la capacità personale di ottenere i film che volevo fare. Quindi, a differenza di altri registi come Scorsese, non sono mai stato innamorato del cinema. Ero innamorato di certi messaggi e, se non potevo farli, cazzo, stavo sprecando il mio tempo!” (efilmcritic.com).
⟡ Nella versione cinematografica e in una prima diffusione televisiva si poteva vedere il musicista e attore Tom Waits in un cameo di 15 secondi nel quale suonava al pianoforte "Jitterbug Boy" in un bar. La scena dovette essere rimossa dalle successive versioni per ragioni di copyright.
⟡ Wolfen fu uno dei pochi film distribuiti nel formato audio Megasound, altri furono Superman II (1980), Stati di allucinazione (1980) e Atmosfera zero (1981). Si trattava di un sistema audio creato dalla Warner Bros agli inizi degli anni '80 composto da casse acustiche addizionali sui lati e dietro la platea. Questi diffusori avrebbero mediato solo frequenze particolarmente basse ma emesse ad alto volume, generando un effetto viscerale sul pubblico. Nel tempo, il sistema fu soppiantato da altri, dal THX soprattutto, ma nessuno di essi, neppure il moderno IMAX, può generare le frequenze di bassi che poteva garantire il Megasound.
⟡ Lo scrittore Strieber dichiarò che, il 26 dicembre 1985, era stato rapito dagli alieni. Lo stesso Strieber, che scrisse un libro autobiografico sull'accaduto (Communion, 1987), ammise anche che non aveva tratto nessuna sicura interpretazione degli eventi e che tutta l'esperienza poteva essere frutto della sua mente.
Fast rating
Titolo originale
Wolfen
Regista:
Michael Wadleigh
Durata, fotografia
115', colore
Paese:
USA
1981
Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
