Addio zio Tom

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Voto:

Film documentaristico.

LA RECE

È una sorta di colossal all'interno del genere di appartenenza.

Come il primo sigaro: senti una gran puzza e ti viene da vomitare ma già alla terza volta cominci a prenderci un gusto!” Queste le parole di un ricco terriero degli Stati Confederati del Sud a proposito del sesso con una schiava nera. Non stupisce che 136 minuti di negritudine malversata abbiano scatenato critica e pubblico contro questo lavoro di Jacopetti e Prosperi accusati di razzismo; stupisce, invece, che lo stesso pubblico, e soprattutto la critica, non si siano accorti del tono sostanzialmente sarcastico della pellicola. Addio zio Tom, considerata una delle pellicole più razziste mai realizzate, nacque ironicamente per ribaltare le accuse di razzismo nate in seguito alla produzione di Africa addio (1966) e benché si sviluppi in seno alle produzioni di genere mondo se ne distingue essendo più simile a livello narrativo a un pamphlet satirico che alla documentaristica con narrazione fuoricampo tipica dei mondos. Quasi come un romanzo storico, in Addio zio Tom si ricostruiscono le drammatiche vicende di parte del popolo africano, prima strappato dal Continente Nero, quindi schiavizzato dai ricchi terrieri americani e, una volta libero dalle catene di metallo, ancora vincolato da quelle sociali, alle prese con le lotte politiche del '900 per ottenere una vera libertà. Il film di Prosperi e Jacopetti non è un film razzista, è, semmai, un film che propone diversi momenti di cattivo gusto in cui l'exploitation serpeggia sullo sfondo di una supposta volontà documentaristic . Così si assiste allo stupro di donne al suono di roboanti musiche da film romantico o, ancora, impressionanti scene di massa di schiavi nudi vengono illustrate con piglio quasi comico. L'azzardo costa un pesante fio: la confusione fra il cosa e il come. Alla base c'è la difficoltà di maneggiare una questione profondamente drammatica. Addio zio Tom accatasta immagini sconvenienti non per tutti i gusti né per tutte le età, eppure come può essere sfuggita l'ironia della scena finale con l’elicottero che sorvola i campi di cotone mostrando la finzione scenica o quella in cui uno scienziato che paragona i neri alle bestie ammette di essere ebreo? Certo, si tratta di un'ironia a doppio taglio con la lama più affilata sulla gola dei registi; non si tratta di decidere se Addio zio Tom sia un documentario attendibile rispetto alla dramma della schiavitù nera perché non lo è, né fu pensato come prodotto da far circolare nell'aula audiovisivi delle scuole. Si tratta, piuttosto, di capire se questo film sia un buon mondo-movie. Addio zio Tom è probabilmente uno dei migliori mondos in circo-lazione: produttivamente ricco e tecnicamente curato, notevole soprattutto per la musica di Riz Ortolani e la fotografia di Climati a propria volta regista di mondos (Ultime grida dalla savana, 1974; Savana violenta, 1976; Dimensione violenza, 1984). È una sorta di colossal all'interno del genere di appartenenza.  Forse, la cosa che inquieta di più è proprio la massa di comparse messe a disposizione dell’anticomunista Papa Doc Duvalier ad Haiti, location principale, china a qualsiasi ordine del dittatore presentato alla troupe da un ambasciatore italiano sul luogo. Il film, però, non è solo un divertissement pseudo documentaristico: la rabbia dei neri del Novecento che videro il sogno di Martin Luther King annegato nel sangue allarmò i distributori USA che chiesero ai registi tagli per 14 minuti reintegrati solo nella versione uncut, quella che dura 136 minuti e l'unica che valga davvero la pena vedere. Scomodo Addio zio Tom, a tratti volgare e in altre circostanze quasi commovente pensando alla sorte di tanti sfortunati; da una parte voyeuristico e mascalzone nell’unire dramma a scenette di greve erotismo, dall'altra sovversivo per il medesimo motivo. Un film unico, consigliato a coloro che sanno di potersi permettere di vederlo; per tutti gli altri c'è Amistad (1997) certi che sia più facile essere migliori di Addio zio Tom che essere come esso.

TRIVIA

Gualtiero Jacopetti (1919-2011) dixit: “I documentari oggi si fanno partendo da tesi prestabilite. Mi sembra di vedere tanti lavori fatti su commissione e io non credo che sia l'approccio giusto. Per questo mi sento lontano da un autore come Michael Moore che parte con una convinzione e costruisce tutto il lavoro nel tentativo di dimostrarla senza mai mettersi in discussione. Io partivo invece con entusiasmo, gusto per la scoperta e spirito d'avventura, ma senza tesi: andavo a esplorare mondi sconosciuti e non sapevo cosa mi aspettava” (news.cinecitta.com).

Papa Doc, ex medico condotto, concesse totale libertà alla troupe che però, in giro per Haiti, doveva assicurarsi di non trovare resistenza da parte della popolazione o correre rischi ben peggiori. Il permesso dato da Papa Doc a Jacopetti fu un fazzolettone sul quale il dittatore scrisse che al signor Jacopetti, in quanto amico personale del comandante supremo dell’esercito, era permesso di tutto.

Regista:

Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi

Durata, fotografia

136', colore

Paese:

Italia

Anno

1971

Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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