Ultime grida dalla savana

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Voto:

Film documentaristico

LA RECE

Mondo-movie a metà strada fra il vecchio modello della pseudo-documentaristica nata alla fine degli anni '50 e il nuovo approccio exploitation dei turpi shockumentary. Prodotto di un certo interesse ma che, per la sua volontà exploitation, si coagula intorno a due sole sequenze.

Girato da Morra e Climati come la Grande caccia ma rimontato dallo scafato Prosperi che di mondos ne sapeva (Mondo cane, 1962). Prosperi, non accreditato, saprà dare alla pellicola quel tocco in più per far apparire il lavoro meno documentaristico e più exploitation. La pellicola, uscita dal labor limae con il titolo Ultime grida dalla savana, finirà a far parte di un trittico non ufficiale che comprende Savana violenta (1976) e Addio ultimo uomo (1978) e che fa muovere un passo ai mondos verso lo shockumentary. Nella seconda metà degli anni Settanta, il genere mondo era già entrato nella sua fase calante se si pensa ai mondos classici esplosi con la pellicola del ‘62 e implosi con Dimensione violenza (1984). Il vecchio stile da Settimana INCOM, con voce fuori campo che bacchetta in modo ipocrita e commenta ironicamente, lascerà il passo, già nel ’78, allo stile grossolano e morbosamente voyeuristico de le Facce della morte che, al pari di un porno, camminava sul sottilissimo filo di una trama per poter mostrare la mercanzia più grassa. La pellicola di Climati e Morra fu, dunque, opera di transizione che, pur mantenendo per la maggior parte lo stile e i toni dei mondos classici, buttava negli occhi dello spettatore sequenze scioccanti, riuscendo, ciononostante, ad ottenere un grande successo di pubblico, tale da rilanciare il filone per almeno una decina d’anni. Ultime grida dalla savana focalizza la sua attenzione sul fenomeno della caccia e sul rapporto uomo-animale, illustrando varie situazioni venatorie nelle quali l'uomo è protagonista dell'istinto predatorio, sovente ai danni dei consimili. Il film accatasta stranezze all around the world ma passa alla storia per due specifici segmenti: l'attacco dei leoni namibiani ai danni di tale Pit Dernitz, e l'uccisione di un indigeno perpetrato da cacciatori. Il primo fattaccio sarebbe avvenuto il 18 febbraio 1975: da una jeep che trasportava un gruppo di turisti impegnati in un safari fotografico, uscì Dernitz che voleva riprendere più efficacemente la fauna locale; una leonessa lo attaccò e l’uomo divenne pasto per i leoni davanti alla famiglia sconvolta che nulla poteva fare se non attendere i soccorsi armati che faranno sfollare le fiere. Tutto viene filmato, tutto viene mostrato. Si tratta, come prevedibile, di un fake ben realizzato, almeno nelle sue parti più estreme, ma non privo di quegli errori che ne smascherano la falsità; si dice che il cadavere dell'uomo fosse uno dei primi lavori effettistici del grande Carlo Rambaldi. L'effetto shock della scena è, però, garantito. La sequenza pseudo snuff diventerà piatto forte per il morboso voyeurismo di Traces of death (1993), in cui verrà riproposta, e per le Facce della morte che copierà il concetto sostituendo un orso al leone. Le attitudini exploitation di Morra e Climati si ritorceranno contro il loro stesso impegno cinematografico, in quanto il film verrà ridotto alla morbosa curiosità relativa a questa sequenza e anche quella del selvaggio evirato e decapitato; altro fake, altro shock. Il film, comunque, non si limita a due scene: c’è la caccia grossa di antilopi, bufali ed elefanti con sequenze originariamente girate per Africa addio (1966), la caccia alla volpe, poi i soliti hippy e i loro genitali cespugliosi; il tutto accompagnato dalla voce fuori campo dello scrittore Alberto Moravia. Mondo-movie non adatto alle vergini vestali.

TRIVIA

⟡ Un "selvaggio", raggiunto da un proiettile sparato da un mercenario, viene colpito alla schiena ma cade all'indietro contro ogni legge fisica: una delle scene che prova la finzione scenica imperversante in questo mondo-movie come in molti altri.

⟡ La tribù che salta su e giù nuda viene identificata come quella dei Lobi. Tuttavia, nel mondo Dolce e selvaggio (1983) di Morra e Climati viene usato lo stesso filmato e la tribù è indicata come quella dei Mashoni.

⟡ Il proprietario della tenuta in cui fu girata la scena dell'attacco dei leoni venne successivamente davvero attaccato da un grande felino che lo ferì gravemente al collo.

Regista:

Antonio Climati, Mario Morra, Franco Prosperi [non accreditato]

Durata, fotografia

95', colore

Paese:

Italia

Anno

1974

Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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