Mondo cane
Voto:
Film documentaristico.
LA RECE
Carnevale di verità e falsità, shock value e sexploitation, il tutto travestito da documentario etnografico. Esecrabile, forse, ma si trattava di uno quei momenti (non rari in passato) in cui il cinema italiano ha saputo essere simultaneamente innovatore e provocatore, creando un genere che è diventato un fenomeno culturale, uno specchio deformante delle nostre peggiori tendenze voyeuristiche. Come la Settimana Enigmistica, un film che vanta innumerevoli tentativi di imitazione ma nessuno ha mai raggiunto la sua peculiare miscela di cinismo illuminato e poesia nera.
Nonostante il primo mondo movie sia Europa di notte (1959) diretto da Alessandro Blasetti e scritto da Jacopetti, è Mondo cane il prototipo che, con il successo planetario ottenuto, ha imposto uno stile e un genere cinematografico. Fu proprio la pellicola del '59, oltre alla sua esperienza come giornalista di guerra e alla collaborazione con la Settimana Incom, a dare a Jacopetti l'idea di realizzare un lungo e spettacolare cinegiornale. Benché l'incipit del film garantisca allo spettatore che tutto quello che verrà mostrato sia vero materiale documentaristico, è ormai cosa nota che molte scene furono manipolate se non del tutto ricostruite, cosa ancor più facile da fare se la voce fuori campo, quella di Stefano Sibaldi, guida la visione con commenti cinici, ironici, xenofobi o preconcetti; una voce narrante che, con il suo tono pseudo-documentaristico, genera un effetto di verità inverso per il quale l'eccesso di spiegazione finisce per sottolineare la natura costruita delle immagini. Fu il giornalista Carlo Gregoretti del settimanale Espresso a creare il mito negativo di Mondo cane e dei suoi creatori, travisando ed ingigantendo una frase dettagli da Jacopetti e relativa al fatto che i mercenari facevano ciò che voleva il regista. Gregoretti fece uscire un articolo intitolato “La Guerra personale di Gualtiero Jacopetti” nel quale si dava da intendere che il regista coreografasse cinicamente situazioni tragiche come le esecuzioni capitali, ad esempio ritardandole per poter avere una luce migliore adatta alle riprese. Le cose non furono mai così estreme. Vero, invece, che si procedette alla falsificazione di alcune situazioni viste realmente da Jacopetti semplicemente perché non sarebbe stato possibile, per questioni di pubblico decoro e censura, inserirle nel film. La forza di Mondo cane, tuttavia, risiede proprio nella capacità di rendere la realtà cinematografica ancor più vera del reale in un discorso di potere mediatico di cui oggi, fra fake-news e social, patiamo appieno la potenzialità. Prosperi e Jacopetti girarono il globo in cerca di materiale esotico per placare i pruriti del pubblico e reinventano il film etnografico "enfatizzandone l'arbitrarietà e la tendenziosità, e cogliendo la potenzialità della televisione come manipolatrice di verità, appropriandosi dei luoghi comuni più vieti [...] e rivoltandoli cinicamente contro i fruitori" (Curti, La Selva, 2007). Ecco che le immagini, come in uno zapping da circo Barnum, rimbalzano dalle icone del divismo (Rodolfo Valentino, Rossano Brazzi) alle autoctone della Nuova Guinea a seno nudo, dal cimitero USA per gli animali da compagnia, ai cani usati come cibo a Taipei, dagli ubriaconi tedeschi, ai rituali religiosi primitivi e/o nostrani. C'è di tutto un po', accompagnato dalla musica di Ritz Ortolani e condito da commenti allegrotti che, nel caso occorra, si fanno carichi di mestizia. Se pur vero che Mondo cane ridicolizzi con commenti sarcastici le usanze di culture distanti, soprattutto orientali, beccandosi l'accusa abbastanza motivata di razzismo, tuttavia, con la stessa schiettezza, riesce a far sembrare beceri alcuni usi e costumi occidentali, mettendo in crisi l'idea di casa nostra come migliore dei mondi possibili; il trait d'union con Voltaire non si ferma certo a questa citazione per Jacopetti, autodefinitosi "voltairiano patito", e per Prosperi con il quale girerà Mondo candido (1974) riferimento al Candide dello scrittore francese. Nonostante le loro critiche a un presente nevrotico e il sotteso rimando al “si stava meglio quando si stava peggio”, non sembrano giustificate le accuse di fascismo mosse nei confronti dei due registi e paiono, piuttosto, le pretestuosità polemiche di chi fa politica non sapendo fare altro. Sincero o ipocrita, vero o falso, violento o scherzoso, Mondo cane è, comunque, un film o, diciamo pure, un'operazione mediatica da non perdere, anche se le stranezze mostrate non stupiranno l'occhio scafato della gente del 2000 come accadde negli anni Sessanta. Un must, insomma, pietra angolare di un genere e a suo tempo vincitore del Golden Globe della stampa estera in USA e candidato agli Oscar per il brano “More” che Riziero Ortolani inventò lì per lì stimolato da Jacopetti ad inventarsi qualcosa: Ortolani improvvisò il suono di un carillon. Con un seguito ufficiale (Mondo cane n.2, 1963) realizzato con gli scarti di montaggio; altri scarti di Mondo cane andarono a rimpolpare a Donna nel mondo (1963) e il Pelo nel mondo (1964).
TRIVIA
Gualtiero Jacopetti (1919-2011) dixit: “Io non godo a vedere le cose mie perché sono scadute, oggi non hanno più senso. Tutto è cambiato, anche lo stile di raccontare, il montaggio, il commento parlato… scaduto, vecchio! Però c’era il seme di quello che avrei voluto che fosse […] Oggi è tutto più disinvolto, ed è più vivo, più vero, più giusto; grazie anche ai movimenti di macchina lo spettatore entra nel film, questa è la mia sensazione. Prima si stava in poltrona, e là c’era lo schermo” (Nocturno 110, 2011).
⟡ L’acclamata canzone “More” causò una lite fra il giovane Riz Ortolani, compositore effettivo del brano, e Nino Oliviero, musicista che mise in contatto Jacopetti e Ortolani. Non potendo immaginare il successo del film e della canzone, i due musicisti optarono per una paritaria attribuzione dei diritti e, quindi, dei proventi. Si finì in tribunale, e benché la causa determinò che fosse unicamente Ortolani l’autore (Oliviero aveva proposto un altro tema musicale però scartato), Riz dovette cedere all’ex collega il 50% degli incassi.
⟡ Al termine delle riprese della sequenza dei divorzi a Las Vegas realizzata per questo film, ma poi tagliata e inserita ne la Donna nel mondo, Jacopetti e la sua fidanzata Belinda Lee, attrice 25enne, si trovavano in automobile ancora in Nevada in direzione dell’aeroporto che li riportasse in Italia. All’auto, guidata da un autista che andava troppo veloce, scoppiò una ruota e si ribaltò, proiettando all’esterno Belinda che morì sul colpo per frattura cranica e del collo. Jacopetti fu ricoverato per diversi giorni: “Mi avevano reso anche un morfinomane, perché nell’ospedale degli Stati Uniti dove fui ricoverato mi facevano otto iniezioni al giorno, e uscire da quella droga fu difficilissimo” (Nocturno 82, 2009).
⟡ La figura di Jacopetti, in quanto giornalista d’assalto, fu così seminale da ispirare Fellini per la scrittura del giornalista interpretato da Mastroianni in la Dolce vita (1960).
Regista:
Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara, Franco Prosperi
Durata, fotografia
110', colore
Paese:
Italia
1962
Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
