Alla radice del male

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Voto:

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Fantahorror low-budget, variazione sul tema dell'invasione aliena, e sostituzione identitaria, ma in chiave vegetale; quindi, siamo dalle parti de l’Invasione degli ultracorpi (1956) e del suo remake Terrore dallo spazio profondo (1978) ma con l’addizione delle emergenti ansie ambientaliste e “green”, cosa che m’ha fatto venire in mente, anche se un po’ fuori luogo, l’Invasione dei mostri verdi (1963). Tom Baines (Sam Hennings), geologo, torna nella cittadina natale di Comet Valley per visitare il padre. L'apparente tranquillità rurale nasconde però un segreto inquietante: gli abitanti stanno subendo una metamorfosi silenziosa, sostituiti da duplicati vegetali generati da semi extraterrestri piovuti dallo spazio; la cittadina si trasforma progressivamente in un ecosistema ostile dominato dalla seedpeople. Per probabili ragioni di limite produttivo, tutto si gioca nella provincia americana che, come vuole tradizione backwood brutality, è sede di autenticità ma anche di mostruosità nascosta e pericolosa. Lì, troviamo alieni non tecnologicamente messianici ma, anzi, regressivi, nel senso che si insinuano tra la popolazione umana secondo leggi biologiche arcaiche, quelle della replicazione cellulare e dell’organismo vivente vegetale. Questo porta, o potrebbe portare, ad un dialogo possibile con l'estetica del body horror, per la quale la contaminazione produce mutazioni viscerali, cosa che qui accade con molta modestia e con una sola scena che fa un certo senso, soprattutto se patite di tripofobia. Tolte quelle due o tre situazioni, più due che tre, non restano che tutti gli indizi di pochezza produttiva, prima delle quali è la costruzione di mostri alieni che rivaleggiano con le vecchie produzioni di Roger Corman e che, anche per il tema trattato, richiamano alla memoria i Critters - gli extraroditori (1986). Modesto anche il cast, con la figura del geologo, forse un minimo interessante, poiché in rappresentanza della scienza (si pensi alla tradizione statunitense dei fantascientifici anni ’50) ma inefficiente contro una minaccia imponderabile che può essere gestita solo con il polso fermo e lo spirito di gruppo, quest’ultimo sempiterna risorsa delle comunità extraurbane. Tuttavia, pur apprezzando l’artigianalità dell’operazione, tipica produzione da VHS ottantino, il film non trascende i propri limiti strutturali: tutto funziona secondo il modello di business della Full Moon di Charles Band, rispettabilissimo marchio indie con una filosofia produttiva che privilegia quantità e continuità rispetto a singole produzioni un po' più ricche. Seedpeople incarna perfettamente questa logica: efficiente, un po' deficiente, narrativamente facile e dignitoso come poteva esserlo un prodotto B con target di cassetta.Ormai nel dimenticatoio, né ci uscirà.


Fast rating

etichetta di valutazione veloce del sito exxagon per i film giudicati di scarso livello

Titolo originale

Seedpeople

Regista:

Peter Manoogian

Durata, fotografia

81', colore

Paese:

USA

Anno

1992

Scritto da Exxagon nell'ottobre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0