la Bambola di Satana

Voto:

Elizabeth (Erna Schurer) eredita il castello del familiare sir Ball Janon, rifiutando l’offerta d’acquisto del vicino Paul (Ettore Ribotta). Le fondamenta del castello, però, nascondono del prezioso uranio ed Elizabeth viene forzata alla vendita anche con uso di droghe. La governante Carol (Lucia Bomez) ha un complice che non è colui che sembra.

LA RECE

L'arcano regista Casapinta anticipa, senza volerlo e senza sapere come fare, un certo cinema bis italiano. Il suo film, primo e unico, è però al limite dell'impotabilità.

Opera prima ed unica di un misterioso Casapinta il quale, senza saperlo, senza volerlo e, soprattutto, disastrosamente, anticipa un certo gusto horror post-gotico che avrà in Miraglia (la Notte che Evelyn uscì dalla tomba, 1971; la Dama rossa uccide sette volte, 1972) e Polselli (Delirio caldo, 1972; Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento, 1973) i suoi punti di forza. Casapinta, però, classe 1928, tira la pietra e nascondere la mano offrendo scorci di tante cose ma non affonda le mani in nulla, approcciandosi al cinema con un’ingenuità che fa tenerezza. Su un’architettura gotica fatta di castelli, stanze, segrete e scheletri ragnatelati, quattro sceneggiatori intessono una trama da sexy-giallo lenziano con motivi venali alla base e una protagonista la cui lucidità mentale viene compromessa da chi trama alle spalle. Di Lenzi, tuttavia, manca il coraggio erotico, l’incontro saffico, il voyeurismo; tutto si riduce ad una Schurer turbata sul letto che si stropiccia un po’ la sottoveste concedendo in scene parossistiche (capitale quella dell’incubo con fustigazione) spiate di capezzoli partenopei; sì, perché Erna, al secolo, è Emma Costantino, classe 1942, Napoli. È nelle scene degli incubi di Elizabeth che si riconosce l’anticipo di cose che Polselli porterà a compiaciuto compimento e che in la Bambola di Satana (ah, il Diavolo non c’entra un’acca) richiamano certa fumettistica sexy-horror che i più attempati ricorderanno nelle edicole a marchio “Lo Squalo”. Casapinta, con un occhio a Mario Bava, cerca qualche cromatismo in scenografia ma l’establishing shot del castello con le nubi rosa dipinte su un vetro interposto fra cinepresa e panorama dichiara apertamente l’inefficienza della produzione: montaggio sgangherato da film hard (vedere la scena della pittrice che dialoga con Paul), siparietti con ragazzotte che ballano nel ristorante di provincia, ritmo soporifero, recitazione pedestre, inquadrature che indugiano troppo sui volti che subiscono zoomate selvagge. Fra potenziale trash e casuale capacità anticipatoria, la Bambola di Satana gode di qualche estimatore ma, di fatto, è un prodotto bis che si può evitare.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Regista:

Ferruccio Casapinta

Durata, fotografia

86', colore

Paese:

Italia

Anno

1969

Scritto da Exxagon nell'anno 2013; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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