Marebito
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Voto:
Il cameraman Masuoka (Shinya Tsukamoto), freelance ossessionato dalla ricerca del terrore assoluto, si mette a indagare su una leggenda urbana che vorrebbe Tokyo percorsa da tunnel sotterranei abitati da strani esseri. In effetti, esplorando il sottosuolo, l'uomo recupera una ragazza muta che sembra potersi nutrire solo di sangue. Il cameraman è costretto a procacciarle il cibo.
LA RECE
Horror arty fatto tratto da un romanzo di Chiaki Konada. Pur non privo di suggestioni interessanti e di una sua poetica bizzarra, si tratta di una lavoro che non decolla mai davvero e che non sollecita ad una seconda visione.
42.000 dollari e otto giorni di riprese per Shimizu che aveva appena finito di girare Ju-on (2003) e si apprestava a girarne il remake the Grudge (2004). Marèbito è un horror atipico che ha tutte le carte in regola per attirare l'attenzione degli amanti del bizzarro, soprattutto se questi lupi di mare amano i racconti a tinte forti. Shimizu si cimenta con un’opera dai toni onirici e drammatici, lontana dallo stile di Ju-on e vicina a cose viste nell’estremo Guinea pig 4: mermaid in the manhole (1988), in l’Occhio che uccide (1960) e, per qualcuno, anche Blow-up (1966) di Antonioni. Marebito pesca con coerenza come interprete maschile quello Shinya Tsukamoto, regista di Tetsuo (1988), già da un pezzo nell'empireo della cinematografia weird. Il lavoro di Shimizu confonde i piani di realtà e mescola suggestioni ipertecnologiche e riflessioni sul voyeurismo, entrambe cose ben presenti nella nostra società e, ancor più, in quella nipponica; si mescola Lovecraft e Tetsuo pur mantenendo qualche inquietudine tipica del J-horror, costruendo una storia frammentaria nel risultato ma coesa nel senso. Il protagonista Masuoka crede di poter rieducare la ragazza trovata in un aldilà underground ma, invece, è proprio la ragazza ad avere un ruolo “pedagogico”. Masuoka, che anelava di vedere e filmare il terrore puro, genera “F”, questo il nome che dà alla ragazza, un catalizzatore di paure, tanto che la creatura potrebbe essere considerata una proiezione mentale di Masuoka stesso. La verità, però, è molto più semplice e l'identità della ragazza, nonché il processo mentale seguito dall'uomo, verranno poi spiegati dal protagonista stesso. I due piani narrativi del film rimangono abbastanza comprensibili anche se non mancano punti oscuri nello svolgimento. In fin dei conti, importa poco quale dei due piani narrativi sia veritiero, quello dell'uomo che trova un vampiro underground o "l'altro" (evito spoiler), cioè che conta è la paura, la ricerca della paura e come essa possa portare ad un atto estremo. Nonostante non ecceda in scene gore, Marèbito è un film disturbante che non lesina in situazioni che potrebbero essere definite al limite del buon gusto da coloro che non sono avvezzi al cinema horror o weird, ivi compresi i tocchi di black-humor, vedi biberon di sangue. Allo stesso modo, nonostante il film non presenti tipiche scene di paura come ci si può attendere dal regista del terrorizzante Ju-on, anche Marèbito sa regalare momenti di tensione grazie ad atmosfere cupe e inquietanti, soprattutto nei tunnel. La performance di Tsukamoto è molto buona, a volte nervosa, altre allucinata e alienata; notevole il lavoro della bella Miyashita che, per necessità di copione, deve trasmettere tutti i suoi messaggi col corpo. Film intrigante, più vicino alla poetica di Tsukamoto che a quella a cui ci ha abituati lo stesso Shimizu, con alcuni momenti forse stucchevoli per coloro che mal sopportano le voci fuori campo. Un po’ arty, forse, nel voler essere nebuloso ma, comunque, non privo di significato. Horror d’essai.
TRIVIA
Takashi Shimizu (1972) dixit: “Mi piace molto fare film horror perché è un'attività interessante, hai tutti questi trucchi con cui giocare, ma voglio fare qualcosa di diverso. Forse posso fare diversi tipi di horror, comprese cose tipo suspense o thriller, ma il film che voglio davvero girare ora è una commedia” (IMDb.com).
⟡ Nessun dato, per ora.