la Pelle di Satana
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Voto:
In un paesino dell’Inghilterra del XVII secolo, alcuni giovani trovano strani resti quasi umani in un campo: si tratta di un demone liberato dalla terra che inizia ad insinuarsi fra i giovani del posto capeggiati da Angela Blake (Linda Hayden) e ai quali si opporrà il Giudice (Patrick Wymark).
LA RECE
Fuori dalla scuola Hammer o Amicus, un horror folk su paganesimo, isolamento pastorale e una profonda ansia verso il passato atavico dell'Inghilterra, l'irruzione dell'irrazionale nella razionalità dell'Illuminismo nascente. E poi, storico nudo frontale della Hayden.
Il secondo film più importante, dopo il Grande inquisitore (1968), della Tigon fondata da Tony Tenser nel 1966, casa di produzione e distribuzione britannica non molto prolifica (22 pellicole) estinta negli anni ’80 ma interpostasi con esiti discreti fra la Hammer e la Amicus. Il successo del film del ’68 spinse la produzione a ricreare, per the Blood on Satan's claw, le atmosfere della precedente storia, fondendo tre episodi distinti che, da progetto iniziale, si sarebbero dovuti intersecare e con Satana come trait d'union: Peter e la sua fidanzata matta, la setta di ragazzini, la guerra del Giudice contro il Maligno. La regia un po’ sedata di Haggard, memore di Antonioni del quale era stato assistente/traduttore per Blow Up (1966), ben si sposa alla fotografia di Dick Bush che trasforma i bucolici paesaggi inglesi in spazi minacciosi, anticipando l'approccio visivo che Ben Wheatley utilizzerà decenni dopo I disertori - A Field in England (2013); il bucolicismo tradizionale viene sovvertito da primi piani di vegetazione malsana e da campi lunghi di foreste primordiali che sembrano respirare di vita propria. In questo panorama obliquo, si intesse un dramma che scivola piacevolmente nel genere “folk horror” che verrà innalzato a cult da the Wicker man (1973) con anche alcune concessioni erotiche davvero piacevoli, prima delle quali è il nudo frontale di una satanica, e di poco minorenne, Hayden - la sua fortuna professionale inizierà da qui - che fa cadere la veste davanti al pastore protestante per tentarlo. D’impatto, anche lo stupro con sacrificio umano che cadde sotto le forbici censorie della BBFC e venne poi reintegrato nel 2003. L’inizio in sordina si apre, poi, ad un horror parecchio cattivello i cui giovani protagonisti adoratori di Belzebù ricordano vecchie situazioni fantascientifiche (il Villaggio dei dannati, 1960) e cose settarie a venire (Grano rosso sangue, 1984). In effetti, sembra possibile leggerci una potente allegoria della controcultura giovanile degli anni '60, con i giovani villici che diventano progressivamente posseduti da un'entità demoniaca: la trasformazione fisica - la crescita di pelliccia e artigli - funge da metafora di un'emergente sessualità adolescenziale incontrollata e pericolosa, cosa che riecheggia con parecchie pellicole di creature mutanti, in primis la licantropia. Ma vince sopra ogni cosa, ribadisco, l’ambientazione e l’atmosfera agreste che pare connettere il satanismo veicolato dalla femmina al ritorno ad una spiritualità primitiva svuota-Chiesa. La vera paura che evoca, però, non è tanto il soprannaturale, quanto l'idea che, sotto la patina della civiltà, si nasconda sempre una barbarie primordiale. Come disse una volta il regista stesso in un'intervista: "Non sono i demoni che dobbiamo temere ma la nostra prontezza ad abbracciarli". Flop ai tempi ma, col passare degli anni, il film ha meritatamente guadagnato la sua schiera di estimatori. Peccato per quel finale al rallenty un po’ pacchiano.
TRIVIA
Piers Inigo Haggard (1936) dixit: “Avevo visto a malapena un solo film dell'orrore. […] Ero abbastanza serio e artistico, quindi non mi piaceva molto il genere. Non parlavamo molto di genere a quei tempi, comunque. Adesso tutti parlano di genere. […] Così sono andato a vedere qualche film horror e ho capito cosa sembrava essenziale. Non volevo violare il genere ma non volevo esserne schiavo. […] Inoltre, per me la campagna era molto importante. Sono cresciuto in una fattoria ed è naturale per me usare la campagna come simbolo o come immagine. […] Stavo cercando di fare un film horror folcloristico, suppongo, non un film pacchiano. Non mi piaceva molto lo stile pacchiano della Hammer, non faceva per me" (mjsimpson-films.blogspot.com).
⟡ Haggard stesso, nel commento del DVD, riferisce che Linda Hayen non solo, ai tempi, aveva diciassette anni (nata il 19 gennaio 1953) ma era assolutamente a proprio agio a mostrarsi nuda davanti a tutta la ampia troupe maschile con una professionalità inusuale per l’età; la scena del nudo frontale, peraltro, fu rifatta almeno tre volte.
⟡ Questo film, insieme ai sopracitati il Grande inquisitore (1968) e the Wicker man (1973), va a formare la cosidetta "Trilogia Infernale" del folk horror britannico. Come suggerisce Adam Scovell in "Folk Horror: Hours Dreadful and Things Strange", questi film condividono una profonda ansia culturale circa il rapporto dell'Inghilterra con il proprio passato pagano e la fragilità della civilizzazione moderna.
⟡ Patrick Wymark morì d’infarto, a soli 50 anni, il 20 ottobre 1970, poco dopo aver girato questo film.
⟡ Il titolo italiano recupera l’originale titolo del film, Satan's skin; la pellicola, in effetti, venne inizialmente distribuita con quest’ultimo titolo, poi ritirata, rititolata the Blood on Satan's claw e ridistruibuita.
⟡ La scena nella quale a Margaret viene tagliato via il lembo di pelle pelosa di Satana, recupera un ricordo dello sceneggiatore Robert Wynne-Simmons in cui, da bambino, venne sottoposto ad un’operazione del genere sul tavolo della cucina.
⟡ Il regista Haggard, oltre ad essere stato il fondatore della gilda dei registi della Gran Bretagna, è pronipote dello scrittore H. Rider Haggard (1856–1925), la penna che scrisse “Le Miniere di Re Salomone”.
Titolo originale
The Blood on Satan's Claw
Regista:
Piers Haggard
Durata, fotografia
97', colore
Paese:
UK
1970
Scritto da Exxagon nell'anno 2015 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
