il Prato macchiato di rosso
Voto:
Il professor Genovese (Enzo Tarascio) ospita a casa propria vagabondi e hippies. La moglie Nina (Marina Malfatti) non approva questa strana spinta filantropica spiegata da un piano assurdo mirato a salassare gli incauti ospiti e a rivenderne il sangue. Tuttavia, un agente delle Nazioni Unite (Nino Castelnuovo) ha capito che dietro alla produzione vinicola di Genovese si nasconde qualcosa di losco.
LA RECE
Cinema che vorrebbe essere d'impegno ma si riduce a siparietti grotteschi e kitsch o, peggio, noioserrimi. Film di buona quota delirante e pochissimo visto ai tempi così come odiernamente. Non stupisce.
Bizzarria su pellicola che, se non fosse per il caparbio manipolo di appassionati di cinema che ne scrive, ci sarebbe da chiedersi se davvero sia mai stata prodotta. Il Prato macchiato di rosso venne girato dal poco prolifico Ghione con l'intenzione di miscelare horror e critica sociale stile ..Hanno cambiato faccia (1971) ma ottenendo risultati definitivamente trash. Sarà perché Nino Castelnuovo veste i panni di un agente dell'UNESCO? Sarà per la presenza di Tarascio nei panni del mad doctor che indossa pazzeschi paillon? Sarà per la guest star Lucio Dalla che non solo canta il leitmotiv del film ma recita pure nei panni di un senzatetto avvinazzato donandoci un’interpretazione da proto-Beruschi stralunata e incomprensibile? Dominique Boschero ci fa sapere: “Ricordo Lucio Dalla […] lui era sempre in un angolo, seduto a terra, a leggere i fumetti. Non era ancora il famoso Lucio Dalla, mi incuriosiva, quello lì è strano, non viene mai alle feste, sempre seduto all’angolo della strada!” (Iachetti, 2017). La critica sociale di Ghione, di per sé pertinente e valida ancor’oggi, si perde in quadretti kitsch, in sequenze di nudo, fra macchinari usciti da un filmaccio anni '50 e in dialoghi nulli. Le velleità controculturali, già espresse in pellicole sessantottine quali la Rivoluzione sessuale (1968) e a Cuore freddo (1971), non vanno di pari passo ad una sufficiente capacità tecnica. A tratti viene il dubbio che il delirio de il Prato macchiato di rosso sia programmatico ma, poi, no: si ha la conferma che il film è proprio sbilenco e anche parecchio noioso. Oltretutto, la coerenza… Il film critica la società capitalistica e industriale che vampirizza coloro che, non avendo soldi, non valgono nulla. Encomiabile. Peccato che, poi, si abbia una scena nella quale un protagonista sorseggia un noto whisky aggiungendo soddisfatto "Ah Chivas!", secondo i tipici mezzucci della pubblicità occulta. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Marina Malfatti, attrice di mestiere (Tutti i colori del buio, 1972; Sette orchidee macchiate di rosso, 1972; la Dama rossa uccide sette volte, 1972), ci mette espressività e una certa dose di convinzione ma è una goccia nel mare. Detto così, per quelli del club "so bad so good", non può che trattarsi di un qualche capolavoro, tenuto anche conto del ritardo di distribuzione che subì la pellicola e del devastante insuccesso di pubblico che ottenne una volta uscita nel 1975. Invedibile per uno spettatore mainstream, curioso per il cinefilo che ama vedere più che selezionare.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Riccardo Ghione
Durata, fotografia
85', colore
Paese:
Italia
1972
Scritto da Exxagon nell'anno 2011; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
