Tutti i colori del buio

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Voto:

Jane (Edwige Fenech) e Richard (George Hilton) fanno coppia ma con problemi: lei, dopo un incidente stradale, ha abortito e adesso, oppressa da oscuri incubi, ha la libido a zero. Hilton smania ma la soluzione che offre Barbara (Nieves Navarro), sorella di Jane, non piace al marito: andare dallo psicoterapeuta Burton (George Rigaud) in modo che vengano decifrati i sogni di Jane, la quale, nel frattempo, viene perseguitata da un losco figuro (Ivan Rassimov). Jane si stanca della psicanalisi e preferisce seguire la vicina di casa Mary (Marina Malfatti) che pensa ad un bel sabba satanico per risolvere tutti i guai.

LA RECE

Nel suo percorso nel giallo-thriller, Martino abbandona il binario argentiano per ispirarsi ad un gotico moderno sulla falsa riga di Rosemary's baby (1968). Il film ruota attorno alla psicosi della Fenech manipolata da una setta satanica, con sequenze oniriche bizzarre e finale circolare che spiazza pubblico e interpreti. Martino ha una mano solida ma resta inefficace ne creare vera tensione, compensando con la quota sexy.

Secondo appuntamento con la trilogia thriller martiniana inaugurata da lo Strano vizio della signora Wardh (1971) e, da quest’ultimo, recupero del tridente attoriale Hilton-Rassimov-Fenech. Lo sceneggiatore Ernesto Gastaldi s'allontana dal giallo argentiano, in quegli anni riferimento per tutti, per riapprocciare il gotico ma in una forma moderna o, se non altro, polanskiana, dato che l’evidente riferimento filmico per una donna psicologicamente fragile manipolata da una setta della porta accanto non può che rimandare a Rosemary's baby (1968), anche per inquadrature che indugiano sulle architetture del palazzo. Tolto il bucolico intro, abbiamo un inizio magistrale con un sogno della Fenech: sequenza bizzarra in bilico fra le inquietanti riprese argentiane e altre di argomento psicanalitico che riportano vagamente alle scenografie disegnate da Dalì per Io ti salverò (1945) di Hitchcock. Se tutto il film ruota intorno al delirio della protagonista e la regia si sforza di esprimerne la psicosi con psichedelie e grandangoli, non mancano comunque gli ingredienti per un film di buona quota bis: la Fenech più nuda che no, dialoghi pedestri, zoom feroce sui faccioni e qualche bottiglia di J&B. Scena cult con Julian Ugarte nel ruolo del capo della setta satanica - e somatica a richiamare il vero satanista Anton LaVey (Speak of the Devil, 1993) - il quale apre le danze del sabba a base di sangue di volpe, stupro ai danni della Fenech, bacio lesbo e orgiona finale. Più serio e interessante il modo con cui Sergio Martino, in maniera circolare, chiude il film con un sogno, questa volta premonitore, spiazzando interpreti e spettatori. Martino riferì: "Nella versione cinematografica fu tagliata la scena dell'epilogo (riproposta invece nella versione televisiva) in cui la protagonista prima immagina il finale e poi lo vive. Però, il pubblico al cinema non lo capiva; mi ricordo che, alla prima, a Roma, la gente non riusciva a cogliere il senso di quelle sequenze. Così, frettolosamente, nella versione che uscì nel resto d'Italia, fu apportato il taglio della scena dell'immaginazione di Edwige" (Giusti, 2004). Anche fra gli attori c’è chi c’ha capito poco: “Non ricordo molto - racconta Nieves Navarro - ero la sorella di lei (Edwige Fenech), del film non ho capito niente […] Ricordo solo una scena di quel film, girata dentro un taxi, siccome tutte e due avevamo il profilo destro buono, parliamo girate come parlando con qualcuno fuori dalla macchina” (Iachetti, 2017). Georges Rigaud comparirà lo stesso anno al fianco della Fenech in Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? (1972). Film evanescente e incapace di creare quella malsana tensione da paranoia movie, non dico con caratura da Polanski ma neppure stile Barilli (il Profumo della signora in nero, 1974) o da Lado (la Corta notte delle bambole di vetro, 1971), però la mano registica di Martino è solida.

TRIVIA

⟡ Nel film è presente, nei panni di un’anziana vicina di casa, la ex ballerina Clementina Maria Cumani Quasimodo, moglie del famoso poeta Salvatore Quasimodo dal 1948 al 1959. A Maria furono dedicate le poesie “L'alto veliero”, “Elegos per la danzatrice Cumani” e “Delfica”.

Regista:

Sergio Martino

Durata, fotografia

94', colore

Paese:

Italia, Spagna

Anno

1972

Scritto da Exxagon nell'anno 2009 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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