Priest

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Voto:

Umani e vampiri sono sempre esistiti, gli uni contro gli altri in una guerra sanguinosa. La Chiesa, però, scovò l’arma definitiva: i Sacerdoti, la mano armata di Dio che riuscì a dare il dritto e il rovescio ai succhiasangue. La guerra proiettò il mondo in un futuro post-apocalittico in cui gli umani sono chiusi in città-fortino protette dalla Chiesa che governa in modo teocratico, mentre i vampiri sono relegati in distanti riserve. I Sacerdoti non sono più utili in tempo di pace ma uno di essi (Paul Bettany), indomito, trova pane per i suoi denti quando viene a sapere che alcuni vampiri hanno ucciso suo fratello Owen e rapito la giovane figlia Lucy (Lily Collins). La Chiesa non sembra voler supportare il Priest nella sua ricerca; quest’ultimo, quindi, si ribella e attraversa il deserto selvaggio per recuperare Lucy. Il fortissimo vampiro-uomo Black Hat (Karl Urban) è pronto a riaccendere la miccia della guerra.

LA RECE

Fumettone neo-western di serie B con i vampiri e tanta azione. Ok per la seconda serata ma si tratta di materiale di cui non resta traccia.

Vampiri, uomini e vampiri-uomini in un futuro distopico in cui la Chiesa ha elevato fortezze urbane uggiose alla Blade runner (1982). Non che sia proprio roba nuova, però, nei mala tempora di Twilight, potrebbe andare bene anche la minestra riscaldata. Scott Stewart, effettista di the Orphanage (2007) e regista di Legion (2010), riscrive radicalmente il manga coreano “Priest” ribaltandone gli assunti. Nel fumetto non ci sono vampiri né l’azione si svolge nel futuro, ci sono angeli caduti e uno speciale ordine della Chiesa che li combatte in un’ambientazione western; l’eroe c’è ma il prete cerca di salvare l’anima di una donna che ama. Ritroviamo, più che altro, l’ambientazione (neo)western che sembra recuperare l’atmosfera di quel floppone che fu Jonah Hex (2010), togliendo di mezzo gli angeli peccatori, tema di Legion, e iniettando nel plot i vampiri che tirano tanto al botteghino. Che Priest fosse sull’orlo del B-movie si subodorava da quando il progetto del film venne abbandonato dalla Ghost House Pictures di Sam Raimi che voleva Gerard Butler come testa di serie; così non fu e, fra le mani di Scott Steward, Priest si è trasformato in un progetto di seconda fila con l’unico fine di un grasso intrattenimento veicolato, peraltro, dal mal digeribile 3D generato in post produzione, il peggiore. Tuttavia, il film sembra partire bene, schiacciato in una realtà urbana (s)fatta di metallo e vapore nella quale l’unica cosa che conta è “non tradire la Chiesa perché è come tradire Dio”, con l’istituzione religiosa assurta a baluardo di ogni bene dopo aver salvato gli stanchi e spaventati umani dalla secolare minaccia vampiresca. In questo mondo alla Vampire Hunter D (1985) si aggira il pallido Paul Bettany che, alienato come un veterano del Vietnam e ormai capace solo di essere una macchina di morte, ci mette poco a ribellarsi a Madre Chiesa e a lanciarsi alla ricerca dei vampiri la cui presenza è negata dagli oligarchi. E qui finisce il bello del film che sfrutta assai poco l’ambientazione (in)urbana e tratta più che superficialmente l’analisi di una popolazione soggiogata dal dogma e dalla paura. Scappando dalla città con la sua moto a reazione - attente riprese al tachimetro - Priest si assesta velocemente in ambientazioni piatte e desertiche sulle prime interessanti ma non troppo dissimili da tante cose già viste altrove. Il film, inoltre, s’incolla alla trama di Sentieri selvaggi (1956) con i vampiri al posto dei Comanches e il Priest al posto di John Wayne. In questo ambiente alla Ken Shiro, si aggirano i vampiri, in effetti ben realizzati, con l’aspetto a metà fra le creature di Silent Hill (2006) e i succhiasangue di Io sono leggenda (2007), capeggiati da un Karl Urban sornione e camp che fa il bullo col cappellone in testa ma poi viene relegato a un epilogo nemmeno troppo spinto. Visivamente accattivanti gli scontri, esaltati da rallenty e scintille, con croci lanciate come stelle shuriken e sapienti consigli per beccare gli scattanti vampiri: si muovono in pattern concentrici da A a B; buono a sapersi. La mega esplosione finale è coerente col tutto. Pare che il regista abbia voluto fare qualcosa alla Stephen Sommers (Van Helsing, 2004) con sangue, azione e protagonisti iconici ma il risultato non esalta mica tanto. Bello l’incipit in disegno animato, piuttosto.

TRIVIA

Scott Stewart dixit: “Sapevo cosa avevo progettato e sapevo qual era la sceneggiatura, ed eravamo proprio sul bordo fra PG-13 e R, e potevo facilmente spostare il film su un rating o l’altro. Lo studio ha detto: "Normalmente, questo tipo di film è R, quindi spingilo dove vuoi spingerlo, ma non spingerlo in modo da danneggiare il film". In realtà abbiamo dovuto cambiare pochissimo. C'erano solo pochi fotogrammi, qua e là. In qualche modo, quando abbiamo fatto il sangue un po' meno rosso, ci ha permesso di ottenere un PG-13” (collider.com).

⟡ La ragazza cercata dal Priest si chiama Lucy, riferimento alla Lucy di Bram Stoker, anch'ella dai capelli rossi.

⟡ Per ottenere maggiore clemenza rispetto al rating assegnato dalla MPAA, si procedette a eliminare gli effetti audio che sottolineavano gli scontri, ovvero suoni di accoltellamenti e ossa che si frantumavano. Il regista rimase stupito dal fatto che gli accoltellamenti potessero essere cosa accettata dalla MPAA a meno che non "suonassero male".

Titolo originale

Id.

Regista:

Scott Stewart

Durata, fotografia

87', colore

Paese:

USA

Anno

2011

Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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