Psycho III

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Voto:

Norman Bates (Anthony Perkins) gestisce di nuovo il suo motel e tiene la madre imbalsamata in camera. Improvvisamente, si presenta sul luogo Maureen Coyle (Diana Scarwid), ragazza con istinti suicidi scappata da un convento; arriva anche il chitarrista squattrinato Duane Duke (Jeff Fahey) che viene assunto da Norman come aiutante. Nel frattempo, la giornalista ficcanaso Tracy Venable (Roberta Maxwell) indaga sugli omicidi degli anni precedenti. La solita mamma inizia a colpire. Questa volta, chi c'è sotto la parrucca?

LA RECE

Perkins stesso alla regia e via con un caso di soggettività narrativa circolare, per la quale l'interprete del trauma diventa simultaneamente il suo cronista visivo, ulteriormente complicato dal fatto che Perkins occupa simultaneamente il posto dell'osservatore e dell'osservato, del regista e del soggetto diretto. E, comunque, buon intrattenimento.

Dopo l'inaspettato ma meritato successo di Psycho II (1983), la Universal decise di sfruttare la vena aurifera e diede mandato ad Anthony Perkins di dirigere. Al suo debutto, l’attore fece un lavoro più che soddisfacente. Per molti versi, questo film è il più audace della serie, a partire dal grido iniziale che si sente ancor prima dei titoli: "Dio non esiste!" detto da una suora in crisi spirituale che decide di suicidarsi gettandosi dal campanile del convento in una scena che omaggia la Donna che visse due volte (1958) di Hitchcock. L'introduzione di nuovi ambivalenti personaggi pare vincente: la fragile Maureen, interpretata dalla bella Diana Scarwid (Mammina cara, 1981) e lo sbandato Duke, interpretato dal Fahey de il Tagliaerbe (1992), fanno da contraltare al solito impeccabile Perkins. I tentativi di Norman d’instaurare una storia d'amore con Maureen sono ben costruiti, fino all'inatteso uso della freccia di Cupido che sta in casa Bates. Le richieste della produzione di aggiungere qualche goccia di sangue in più nel plot vennero gestite molto bene da Perkins che incluse la scena dell'omicidio nella cabina telefonica che ricorda qualcosa di visibile in Tenebre (1983) di Argento. D'altronde, è un po' tutta l'estetica del film a sembrare fortemente influenzata dal neo-noir e dal cinema giallo italiano degli anni '70, sfruttando chiaroscuri e angolazioni distorte. Molto buono il tema musicale e la fotografia dominata dai colori saturi dei neon. La spiegazione offerta alla fine del film, esposta dalla giornalista Maxwell come una volta fece lo psichiatra Simon Oakland, non chiarisce tutto quello che lo spettatore vorrebbe sapere ma, indubbiamente, la sceneggiatura di Charles Edward Pogue intreccia, in modo psicologicamente interessante, riferimenti religiosi e allusioni alla trinità edipica (Es-Io-Super-Io), materializzata nella relazione triangolare tra Norman, "Madre" e Maureen. Comunque, anche a vederlo per intrattenimento, buonissimo horror da seconda serata. Seguirà Psycho IV (1990).

TRIVIA

Anthony Perkins (1932-1992) dixit: “Ho imparato di più sull'amore, sull'altruismo e sulla comprensione umana dalle persone che ho incontrato in questa grande avventura nel mondo dell'AIDS di quanto abbia mai fatto nel mondo spietato e competitivo in cui ho trascorso la mia vita” (IMDb.com).

⟡ La versione televisiva del film è riconoscibile in quanto in essa non si sente la frase all'inizio "There is no God". Nella versione televisiva, inoltre, la prostituta non mostra il seno ma indossa un asciugamano.

⟡ Il film che si vede in tv è un Tranquillo week-end di paura (1972).

⟡ Questo è il primo film diretto da Anthony Perkins. Ne ha diretti solo due, il secondo è una Fortuna da morire (Lucky stiff, 1988).

⟡ Perkins voleva che Jeff Fahey fosse completamente nudo nella scena dei preliminari fra Duke e Red ma l'attore non si sentiva a proprio agio in una scena di nudo integrale, così gli fu concesso di coprirsi con le due lampade, come si vede nel film.

⟡ Il libro che Mary leggeva in Psycho II, ovvero “In The Belly of the Beast” si vede buttato nell'erba intorno alla casa di Norman. Quel libro, noto in Italia come “Il Ventre della Bestia”, fu scritto da Jack Henry Abbott, un omicida che raccontò la sua esperienza carceraria.

⟡ A parte in una scena finale, la Mamma è impersonata dallo stuntman Kurt Paul; ecco perché il volto è sempre oscurato o nascosto.

Titolo originale

Id.

Regista:

Anthony Perkins

Durata, fotografia

93', colore

Paese:

USA

Anno

1986

Scritto da Exxagon nell'anno 2005 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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